Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16150 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 03/08/2016, (ud. 19/02/2016, dep. 03/08/2016), n.16150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GUIDO Federico – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enzia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27227-2009 proposto da:

FALLIMENTO IMPRESA DI COSTRUZIONI DOTT. ING. R.N. SRL,

elettivamente domiciliato in ROMA CORSO D’ITALIA 19, presso lo

studio dell’avvocato FRANCO FAPARELLA, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 118/2008 della COMM.TRIB.REG. del Lazio,

depositata il 14/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/02/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato PAPARELLA che ha chiesto

raccoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RITA SANLORENZO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il curatore del fallimento Impresa di costruzioni ing. R.N. srl ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 118/29/01 dep. 14.11.2008 che, in parziale accoglimento dell’appello della società, ha ridotto il coefficiente di redditività sul volume d’affari della società (dal 10% al 7%), confermando nel resto l’accertamento impugnato, relativo a IVA, Irpeg e lrap per l’anno 1998.

In particolare la CTR ha ritenuto legittimo l’accertamento induttivo (ex cit. D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d) bis), non avendo la società dato seguito agli inviti dell’Ufficio nè prodotto documentazione a seguito di notifica di questionario, oltre a non avere fornito idonea prova sulla mancata fatturazione di quattro assegni bancari e sulla notevole sproporzione fra il costo delle materie prime e dei servizi rispetto ai ricavi e all’utile dichiarato.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso, articolato in 5 sub motivi, conclusi da cinque quesiti di diritto (ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 366 bis, obbligatori in relazione alla suindicata data di deposito della sentenza), si deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, ex art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione al metodo di accertamento induttivo utilizzato, del quale si contesta la mancanza, sotto vari profili, dei presupposti. In particolare: a) In relazione alla presunta mancata fatturazione dell’incasso di 4 assegni bancari, trattandosi di omessa fatturazione di somme modesta entità; b) In relazione al divario tra il costo delle materie prime e dei servizi rispetto ai ricavi e all’utile dichiarato; c) In relazione alle conseguenze giuridiche della mancata risposta a questionario; d) in ragione della mancata risposta al questionario nel termine di 15gg.; e) il relazione al fatto che la documentazione richiesta al contribuente con questionario riguardava documentazione già in possesso dell’amministrazione.

2. Il motivo va respinto.

2.1.A parte la genericità dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c., formulati in modo astratto, e quindi inidoneo a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (cfr. ex multis S.U. n. 28054 del 2008; n. 26020 del 2008), il motivo è infondato, ricorrendo nel caso di specie i presupposti per l’accertamento induttivo. Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d) bis, ha infatti previsto che “In deroga alle disposizioni del comma precedente l’ufficio delle 27227/2009 Fallimento Impresa di costruzioni ing. R.N. srl (curatore) c/ Agenzia delle entrate imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lett. d) del precedente comma:… d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, comma 1, nn. 3) e 4), del presente decreto o del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, nn. 3) e 4) (cfr. Cass. n. 3794 del 2013).

2.2.Questa Corte ha chiarito come nell’accertamento delle imposte sui redditi, il comportamento del contribuente che – come nella specie – ometta di rispondere ai questionari previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 4, e non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti e libri contabili relativi all’impresa esercitata, impedendo in tal modo, o comunque ostacolando, la verifica dei redditi prodotti da parte dell’Ufficio, vale di per sè solo ad ingenerare un sospetto sull’attendibilità di dette scritture, rendendo “grave” la presunzione di attività non dichiarate desumibile dal raffronto tra le percentuali di ricarico applicate e quelle medie del settore, e, conseguentemente, legittimo l’accertamento induttivo emesso su quella base dall’Ufficio del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d): cfr. Cass. n. 19014 del 2005, n. 12262 del 2007, n. n. 17968 del 24/07/2013.

2.3.E’ quindi corretta in diritto l’affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza impugnata secondo cui: “Legittimo deve ritenersi l’accertamento induttivo cui è ricorso l’Ufficio… qualora il contribuente non abbia dato seguito agli inviti rivoltigli, ai sensi dell’art. 32, n. 3, di esibire atti, documenti e scritture”.

3. Col secondo motivo si deduce omessa motivazione (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione all’intervenuto assolvimento dell’onere della prova da parte della società nel corso del giudizio. Chiede che la Corte dichiari l’illegittimità della sentenza di appello per omessa motivazione su fatti decisivi e controversi individuati: a) nell’insufficienza del rilievo della mancata risposta al questionario, stante la procedura fallimentare in itinere; b) nella illegittimità della richiesta di documentazione già in possesso dell’Ufficio; c) nell’erronea riduzione del reddito rispetto a quello dichiarato ai fini IIDD; 4) nell’erronea quantificazione dei costi; 5) nel legittimo pagamento di somme a nome di persona di famiglia (moglie avv. G.) nei cui confronti sono state emesse fatture allegate in atti.

4. Non sussiste il vizio denunciato, avendo la CTR fornito congrua motivazione in ordine alle ragioni che giustificano la decisione.

L’argomento secondo cui l’amministrazione 27227/2009 Fallimento Impresa di costruzioni ing. R.N. srl (curatore) c/ Agenzia delle entrate fosse già in possesso della documentazione, è molto vago, sicchè era preciso onere del contribuente fornire prove idonee a confutare la ricostruzione del reddito, la quantificazione dei costi e la regolarità dei pagamenti.

4.1.E’ stato più volte affermato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità il potere non di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) – cfr. Cass. n. 9368 del 21/04/2006.

4.2.Va infine ricordato che, per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base (cfr. Cass. n. 21249 del 29/09/2006).

4.3.Orbene, nel caso di specie il giudice di appello, con motivazione che consente l’identificazione del procedimento logico seguito ai fini della decisione, ha giustificato il ricorso al metodo induttivo operato dall’Ufficio in relazione all’omessa risposta al questionario inviato al contribuente. Così facendo, il giudice del gravame ha sussunto la vicenda nel suo corretto ambito normativo (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, nella versione ratione temporis applicabile in forza della L. n. 28 del 1999 che all’art. 25, comma 3, che ha aggiunto la lett. d) bis al comma 2 dell’art.).

Tanto è sufficiente per escludere la fondatezza del vizio prospettato (nullità della sentenza per omessa motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), solo ricordando che il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le risultanze 27227/2009 Fallimento Impresa di costruzioni ing. R.N. srl (curatore) c/ Agenzia delle entrate prospettate dalle parti, avendo il solo obbligo di fornire congrua motivazione in ordine alle ragioni che giustificano la decisione (cfr. Cass. n. 21249 del 29/09/2006).

Principio ai quale la CTR si è pienamente conformata.

5. Col terzo motivo si deduce illegittimità della sentenza (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), per insufficiente motivazione in relazione al criterio di elaborazione e di calcolo individuato per la rideterminazione della base imponibile.

6. Anche questo motivo è infondato.

7. Trattandosi di giudizio che rientra nei generali poteri conferiti al giudice (dagli artt. 115 e 116 c.p.c.), la pronuncia, rimessa al suo prudente apprezzamento, è suscettibile di controllo, in sede di legittimità, sotto il profilo della carenza od inadeguatezza della corrispondente motivazione. Nel caso di specie la CTR ha ritenuto, con congrua motivazione, ingiustificata la percentuale di redditività del 10% accertata dall’ufficio, che ha ridotto al 7% in considerazione degli “alti oneri finanziari sostenuti dalla società, dichiarati e non contestati, nonchè della circostanza che, sia pure dopo qualche anno, la società è stata dichiarata fallita”.

8. In conclusione il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 6.00,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 19 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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