Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16143 del 08/07/2010

Cassazione civile sez. III, 08/07/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 08/07/2010), n.16143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13422/2006 proposto da:

SAVIM SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona del liquidatore

Sig. R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EDOARDO

D’ONOFRIO 43, presso lo studio dell’avvocato CASSANO Umberto, che la

rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA in persona del Sindaco pro tempore On. V.

W., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEMPIO DI GIOVE 21,

presso gli uffici dell’Avvocatura Comunale, rappresentato e difeso

dagli avvocati AVENATI Fabrizio, PATRIARCA PIER LUDOVICO giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1911/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Quarta Civile, emessa il 3/5/2005, depositata il 28/06/2005,

R.G.N. 820/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/06/2010 dai Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato PIER LUDOVICO PATRIARCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il Pretore di Roma dichiarò cessato il contratto di locazione intercorrente tra il Comune di Roma (locatore) e la Savim in liquidazione s.r.l. (conduttrice) relativamente ad un immobile di proprietà dell’ente, condannò la società al rilascio del bene e dispose per il prosieguo per quanto dovuto dalla conduttrice ex art. 1591 c.c.;

che il Tribunale, in prosieguo, condannò la società a pagare alla controparte una somma di danaro per i canoni non pagati, escludendo, però, che al Comune spettasse alcunchè a titolo di maggior danno ex art. 1591 c.c., in quanto quest’ultimo non aveva provato di poter conseguire un canone più elevato nei periodo di protrazione della detenzione successivo alla scadenza del rapporto;

che la Corte d’appello di Roma, parzialmente riformando la prima sentenza, ha condannato la Savim s.r.l. in liquidazione a pagare al Comune di Roma una somma di danaro a titolo di maggior danno ex art. 1591 c.c., ritenendo che il principio giurisprudenziale in ragione del quale la prova di siffatto danno deve essere data dal locatore attraverso la dimostrazione di concrete proposte di aspiranti conduttori (tra le varie, Cass. 28 gennaio 2002, n. 993; 1 luglio 2002, n. 9545) non vale per l’ente pubblico, il quale, per locare un bene di sua proprietà, deve sottostare a disposizioni di diritto pubblico che presuppongono la libertà dell’immobile da locare;

che la società propone ricorso per cassazione a mezzo di un solo motivo, attraverso il quale denunzia la violazione di legge ed il vizio della motivazione, in quanto il giudice non avrebbe considerato che il sopra indicato principio deve essere applicato anche rispetto all’ente pubblico locatore;

che risponde con controricorso il Comune di Roma.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Il ricorso è infondato: la questione è stata risolta dalla sentenza impugnata sotto il profilo del fatto, posto che il giudice dimostra di conoscere il consolidato principio giurisprudenziale (in ragione del quale il privato locatore, per conseguire il maggior danno, è tenuto a provare l’esistenza di concrete proposte da parte di aspiranti conduttori) ma nella specifica circostanza argomenta (in modo logico e congruo), non solo che a siffatto onere non può essere sottoposta la locatrice P.A. (visto che l’esperimento della procedura pubblica per la locazione di un suo immobile presuppone la libertà dello stesso), ma anche che il prezzo di una eventuale locazione era stato stabilito da una commissione pubblica proprio in vista di un rinnovo contrattuale con la stessa società ricorrente ed era stato poi condiviso dal CTU incaricato per la stima;

che dunque può essere affermato che il principio secondo cui il locatore, per conseguire il risarcimento del maggior danno da ritardata restituzione dell’immobile (art. 1591 c.c.), ha l’onere di provare l’esistenza di ben determinate proposte di aspiranti locatari durante il periodo di ritardata restituzione deve essere opportunamente adeguato alle circostanze del caso ed alla natura del soggetto locatore; sicchè, nel caso che quest’ultimo sia una P.A., è inesigibile la dimostrazione da parte sua dell’esistenza di concrete proposte provenienti da aspiranti locatori (posto che l’esperimento della procedura pubblica per la locazione presuppone la libertà dell’immobile), mentre è sufficiente e necessaria la prova altrimenti data dell’ammontare del canone concretamente conseguibile sul mercato per immobili delle medesime caratteristiche;

che, in conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta, il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2010

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