Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16142 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2020, (ud. 11/06/2019, dep. 28/07/2020), n.16142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10340/2018 R.G. proposto da:

Trentino Riscossioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Giuseppe Mercalli n.

11, presso lo studio dell’avv. Leonardo Perrone, che la rappresenta

e difende unitamente all’avv. Giuseppe Marini giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Aquafil s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via A. Ristori n. 8, presso lo

studio dell’avv. Massimo Fabio, che la rappresenta e e difende

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore pro

tempore, e Agenzia delle dogane e dei monopoli – Ufficio delle

dogane di Trento, in persona del direttore pro tempore;

– intimate –

avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di

Trento n. 113/02/17, depositata il 29 novembre 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’11 giugno 2019

dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Udito l’avv. Leonardo Perrone per la ricorrente nonchè l’avv.

Massimo Fabio per la controricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 113/02/17 del 29/11/2017, la Commissione tributaria di secondo grado di Trento accoglieva parzialmente l’appello proposto da Trentino Riscossioni s.p.a. (hinc TR) avverso la sentenza n. 269/04/15 della Commissione tributaria di primo grado di Trento, che aveva accolto integralmente il ricorso proposto da Aquafil s.p.a. avverso il diniego di rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica utilizzata nello stabilimento della società contribuente negli anni 2010 e 2011.

1.1. Come si evince anche dalla sentenza della Commissione tributaria di secondo grado: a) l’istanza di rimborso era stata presentata ai sensi del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico accise – TUA), art. 14 con riferimento all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui agli artt. 52 e s.s. TUA, introdotta dal D.L. 29 novembre 1988, n. 511, art. 6, conv. con modif. nella L. 27 gennaio 1989; n. 20 e, quindi, soppressa, per le regioni a statuto ordinario, dal D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, art. 18, comma 5, con decorrenza dal 01/01/2012; b) successivamente, il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 4, comma 10, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44, ha abrogato il menzionato del D.L. n. 511 del 1988, art. 6; c) la Commissione tributaria di primo grado accoglieva il ricorso della società contribuente; d) la sentenza della Commissione tributaria di primo grado era appellata da TR.

1.2. Su queste premesse, la Commissione tributaria di secondo grado motivava il parziale accoglimento dell’appello di TR evidenziando che: a) Aquafil s.p.a., consumatore finale di energia elettrica, doveva ritenersi legittimata alla istanza di rimborso ai sensi dell’art. 14 TUA, anche se tale questione non era stata devoluta al giudice di appello; b) l’addizionale provinciale di cui al D.L. n. 511 del 1988, art. 6 era, incompatibile con l’art. 1, p. 2, della direttiva n. 2008/118/CE del 16 dicembre 2008; c) Aquafil s.p.a. era decaduta dalla domanda di rimborso con riferimento alle addizionali versate in data 15/06/2010 e 15/07/2010;

2. TR impugnava la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

3. Aquafil s.p.a. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va pregiudizialmente accolta l’eccezione, formulata dalla controricorrente, di inammissibilità della notificazione del ricorso anche nei confronti dell’Agenzia delle dogane, la quale non può essere parte del presente giudizio, non essendo la domanda proposta nei suoi confronti e non essendo mai stata parte nel giudizio di merito.

1.1. Sempre in via pregiudiziale va evidenziato che la qualità di consumatore finale di Aquafil s.p.a. è stata ritenuta dalla sentenza impugnata (come riconosciuto dalla difesa della stessa società) e non v’è alcuna prova agli atti della proposizione del giudizio di revocazione da parte della società contribuente;

1.2. in ogni caso, la questione, che viene in considerazione con riferimento ai primi due motivi di ricorso, non ha alcun rilievo ai fini del presente giudizio, in ragione della inammissibilità di detti motivi, di cui subito si darà conto.

2. Con il primo motivo di ricorso TR deduce la violazione e falsa applicazione e dell’art. 14 TUA, commi 1, 2 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, evidenziando che: a) la Commissione tributaria è carente di giurisdizione in ordine alla domanda di rimborso proposta da Aquafil s.p.a. e tale difetto è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio; b) la società contribuente non ha interesse attuale alla domanda di rimborso, non essendo il soggetto che ha versato l’addizionale all’Erario.

3. Il motivo è inammissibile sotto entrambi i profili.

3.1. Va, infatti, evidenziato che la Commissione tributaria di primo grado ha deciso nel merito ritenendo implicitamente la giurisdizione del giudice tributario e nessuna delle parti ha appellato sulla specifica questione, con conseguente formazione di un giudicato implicito (tra le tante, Cass. S.U. n. 27531 del 20/11/2008; Cass. S.U. n. 2067 del 28/01/2011; Cass. n. 19792 del 28/09/2011; Cass. n. 6966 del 20/03/2013; Cass. S.U. n. 9693 del 22/04/2013).

3.2. Un discorso del tutto analogo può farsi con riferimento al rilievo di carenza di interesse al ricorso, peraltro impropriamente sollevato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, attinente specificamente alla giurisdizione.

4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 53 TUA e del D.L. n. 511 del 1988, art. 6, applicabile ratione temporis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi il difetto di legittimazione attiva di Aquafil s.p.a., consumatore finale dell’energia elettrica, a chiedere il rimborso delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica.

5. Il motivo è inammissibile.

5.1. La questione della legittimazione attiva di Aquafil s.p.a. è stata pacificamente decisa in senso positivo dalla Commissione tributaria di primo grado e il punto non ha formato oggetto di impugnazione.

5.2. Del resto, è la stessa Commissione tributaria di secondo grado ad affermare espressamente che tale questione non fa parte del giudizio di appello, con conseguente inammissibilità della censura, che tende a rimettere in discussione una questione coperta da giudicato interno, a fronte della quale le affermazioni della sentenza impugnata si rivelano meramente adesive e aventi sostanziale valore di obiter dictum.

6. Con il terzo motivo di ricorso TR deduce la violazione del Testo unico accise e dell’art. 1 della direttiva n. 2008/118/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando sia che le addizionali provinciali previste dal D.L. n. 511 del 1988, art. 6 siano in contrasto con il diritto unionale, così che le stesse debbano essere disapplicate retroattivamente, come ritenuto dalla CTR, sia l’efficacia self executing della direttiva.

7. Il motivo – pur ammissibile diversamente da quanto sostenuto da parte controricorrente, essendo sufficientemente chiara e specifica la questione di diritto allo stesso sottesa – è infondato.

7.1. Rilevanti, ai fini della decisione della questione, sono alcune disposizioni di due direttive della UE in materia di accise. L’art. 3, p. 2, della direttiva n. 92/12/CEE afferma che: “I prodotti di cui al paragrafo 1”, tra i quali rientra anche l’energia elettrica in ragione dell’estensione di cui all’art. 3 della direttiva n. 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, “possono formare oggetto di altre imposizioni indirette aventi finalità specifiche, nella misura in cui esse rispettino le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione delle base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta”.

7.1.1. Tale disposizione è pressochè sovrapponibile alla formulazione dell’art. 1, p. 2, della direttiva n. 2008/118/CE, applicabile ratione temporis, per la quale: “Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purchè tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni”.

7.1.2. Perchè gli Stati membri possano prevedere sul consumo di energia elettrica imposte addizionali alle accise, quali quelle provinciali oggetto del presente giudizio, devono, pertanto, essere rispettate due condizioni, applicabili cumulativamente (si vedano, con ulteriori richiami giurisprudenziali: CGUE 5 marzo 2015, in causa C553/13, Statoil Fuel & Retail, punti 35 ss., con riferimento alla direttiva n. 2008/118/CE; CGUE 25 luglio 2018, in causa C-103/17, La Messer France SAS, punti 35 ss., con riferimento alla direttiva n. 92/12/CEE): 1) le imposte addizionali devono rispettare le regole di imposizione dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta; 2) le imposte addizionali devono avere una finalità specifica, intendendosi come tale una finalità che non sia puramente di bilancio (CGUE 24 febbraio 2000, in causa C-434/97, Commissione/Francia, punto 19; CGUE 9 marzo 2000, in causa C437/97, EKW e Wein & Co., punto 31; CGUE 27 febbraio 2014, in causa C-82/12, Transportes Jordi Besora, punto 23).

7.1.3. La già citata sentenza della Corte di giustizia del 25 luglio 2018, punti 38 e 39, chiarisce, poi, che affinchè un’imposta possa garantire la finalità specifica invocata, occorre che il gettito di tale imposta sia obbligatoriamente utilizzato “al fine di ridurre i costi ambientali specificamente connessi al consumo di energia elettrica su cui grava l’imposta in parola nonchè di promuovere la coesione territoriale e sociale, di modo che sussiste un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la finalità dell’imposizione in questione” (la sentenza cita, altresì, CGUE 27 febbraio 2014, cit., punto 30; CGUE 5 marzo 2015, cit., punto 41).

7.1.4. Peraltro, “un’assegnazione predeterminata del gettito di una tassa rientrante in una semplice modalità di organizzazione interna del bilancio di uno Stato membro, non può, in quanto tale, costituire una condizione sufficiente a siffatto riguardo, poichè ogni Stato membro può decidere di imporre, a prescindere dalla finalità perseguita, l’assegnazione del gettito di un’imposta al finanziamento di determinate spese” (viene richiamata ancora una volta CGUE 27 febbraio 2014, cit., punto 29).

7.2. La direttiva n. 2003/96/CE, che ha sottoposto anche l’energia elettrica ad accisa armonizzata secondo le previsioni della direttiva n. 92/12/CEE, è stata recepita in Italia dal D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, il cui art. 5 ha sostituito il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, istituendo in favore dello Stato e delle provincie delle imposte addizionali alle accise, stabilendo che le stesse “sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica” (comma 3).

7.2.1. La direttiva n. 2008/118/CE è stata, invece, recepita dallo Stato italiano con D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, che ha modificato numerose disposizioni del TUA a far data dal 01/04/2010, con effetti peraltro trascurabili ai limitati fini del presente giudizio. Successivamente,’ con decorrenza 01/01/2012, il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 2, comma 6, ha abrogato l’addizionale provinciale per le regioni a statuto ordinario e, a far data dal 01/04/2012, il D.L. n. 511 del 1988, art. 6 è stato definitivamente abrogato dal D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44.

7.3. Dalla ricostruzione normativa più sopra effettuata si evince, con riferimento alle addizionali provinciali oggetto di rimborso (periodo giugno 2010 – dicembre 2011), che: a) le stesse sono previste come dovute dal D.L. n. 511 del 1988, art. 6, in attuazione della disciplina unionale, trovando legittimità nell’art. 3, p. 2, della direttiva n. 92/12/CEE e, quindi, nell’art. 1, p. 2, della direttiva n. 2008/118/CE; b) è la stessa direttiva a chiarire che tali imposte sono qualcosa di diverso dalle accise (talchè non può ragionevolmente sostenersi che si tratti della stessa imposta, come affermato da TR), che possono essere aggiunte alle stesse nel rispetto di condizioni predeterminate.

7.3.1. Come specificato più sopra, al p. 7.1.2., perchè le addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica siano legittime occorre il cumulativo riscontro di due requisiti e, cioè: 1) il rispetto delle regole di imposizione dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta; 2) la sussistenza di una finalità specifica.

7.3.2. Sotto il primo profilo, il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 3, ultimo periodo, chiarisce che “Le addizionali sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica”, sicchè la condizione sub 1) è sicuramente rispettata.

7.3.3. Non è, invece, rispettata la seconda condizione, in quanto nè la disposizione di cui all’art. 6, nè il D. 11 giugno 2007 del capo dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia e delle finanze previsto dal comma 2 del medesimo articolo chiariscono in alcun modo le specifiche finalità che le addizionali dovrebbero andare a soddisfare, non essendo in armonia con il diritto unionale la destinazione di tali addizionali a semplici finalità di bilancio.

7.3.4. In particolare, tenuto conto delle sentenze della Corte di giustizia sopra richiamate, non può essere ritenuta finalità specifica la destinazione (evincibile dalla premessa del D.L. n. 511 del 1988) delle imposte addizionali ad “assicurare le necessarie risorse agli enti della finanza regionale e locale, al fine di garantire l’assolvimento dei compiti istituzionali”, non essendo tale finalità in grado di essere distinta dalla generica finalità di bilancio.

7.3.5. Nè è possibile trarre argomenti dal D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 2 bis, conv. con modif. nella L. 26 febbraio 2011, n. 10 (norma, peraltro, introdotta solo in sede di conversione e con decorrenza 27/02/2011) e ritenere che le addizionali provinciali sull’energia elettrica vadano a copertura dei “costi diretti e indiretti dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti”: la disposizione richiamata si esprime in termini potenziali (la gestione dei rifiuti “può essere assicurata”…) e TR non ha affatto dedotto nè provato che detta addizionale sia stata, nel caso di specie, effettivamente destinata alla copertura di quei costi.

7.4. Ne consegue che il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 2, indipendentemente da qualsiasi questione sul carattere self executing o meno dell’art. 1, p. 2, della direttiva n. 2008/112/CE, peraltro integralmente recepita dalla normativa interna, va disapplicato in ossequio al principio per cui l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia della UE è immediatamente applicabile nell’ordinamento interno ed impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all’esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa (cfr., ex multis, Cass. n. 21248 del 08/11/2004; Cass. n. 22067 del 22/10/2007; Cass. n. 25701 del 09/12/2009; Cass. S.U. n. 3674 del 17/02/2010; Cass. n. 11641 del 15/05/2013; Cass. n. 25278 del 16/12/2015; Cass. n. 16923 del 10/08/2016; Cass. n. 27822 del 31/10/2018).

7.5. Le imposte addizionali per cui è controversia non sono, dunque, dovute, con conseguente infondatezza del motivo di impugnazione proposto.

7.6. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: “l’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica di cui al D.L. n. 511 del 1988, art. 6, nella sua versione, applicabile ratione temporis, successiva alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 5, comma 1, va disapplicata per contrasto con l’art. 1, p. 2, della direttiva n. 2008/118/CE, per come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia della UE”.

8. In conclusione, il ricorso va rigettato.

8.1. La sostanziale novità della questione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del presente giudizio.

8.2. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 28 luglio 2020

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