Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16141 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/07/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 28/07/2020), n.16141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23073-2018 proposto da:

B.R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati IPPOLITA RIVA e VINCENZO

COPPOLA;

– ricorrente –

contro

FAAC S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANFRANCO FOCHERINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 246/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/06/2018, R.G.N. 43/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSIA CIPROTTI per delega verbale avvocato

VINCENZO COPPOLA;

udito l’Avvocato SABRINA D’ALLEVA per delega verbale avvocato FRANCO

BOCCIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 19 giugno 2018, la Corte d’Appello di Brescia, chiamata a pronunziarsi sul reclamo proposto ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Bergamo con riguardo alla domanda avanzata da B.R.G. nei confronti di FAAC S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli, dichiarava inammissibile il reclamo, motivando in relazione alla tardività del deposito del relativo atto, che, soggetto al termine di 30 giorni dalla comunicazione della sentenza, nella specie effettuata il 28.9.2017 con conseguente scadenza del termine il 28.10.2017, risultava essere avvenuto il successivo 7.2.2018. Per la cassazione di tale decisione ricorre il B., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.

Entrambe le parti hanno poi presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente, deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per aver la Corte territoriale omesso di motivare sul rigetto dell’eccezione di costituzionalità della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, già sollevata in sede di gravame.

Con il secondo motivo, il ricorrente reitera la censura di nullità della sentenza impugnata sotto il diverso profilo della lesione del proprio diritto alla difesa ed al contraddittorio ex art. 101 c.p.c. per non aver la Corte territoriale disapplicato la L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, di cui il ricorrente aveva eccepito l’illegittimità costituzionale.

Infine il ricorrente ripropone in questa sede la questione di costituzionalità della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, con riferimento agli artt. 3,24,111 Cost. e art. 7 CEDU per il tramite della norma interposta di cui all’art. 117 Cost..

Va innanzitutto rilevata l’inammissibilità del primo motivo per risolversi la censura in una petizione di principio stante la mancata indicazioni di quelle che sarebbero state considerate le carenze argomentative con riguardo alle ragioni di incostituzionalità della norma esposte dal ricorrente nel giudizio in questione rispetto all’ampia motivazione desunta aliunde ma puntualmente ritrascritta su cui la Corte territoriale ha fondato il rigetto della proposta eccezione di costituzionalità.

Va, quindi, ribadito il rigetto dell’eccezione qui rinnovata stante la manifesta infondatezza dell’argomento cui fa ricorso il ricorrente per cui l’onere dell’osservanza del termine breve di impugnazione, il cui operare è sottratto all’iniziativa di parte, in cui si traduce la notifica della sentenza ed è invece correlato al dato oggettivo dell’intervenuta comunicazione della sentenza, onere la cui fissazione si riconosce rientrare nell’ampia sfera di discrezionalità del legislatore, comporterebbe il superamento dell’unico limite a questi opponibile dato dalla manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, risultando eccessivamente gravoso a motivo del suo non essere giustificato dalla ratio della norma che si riconosce essere quella di assicurare alle controversie aventi ad oggetto il licenziamento un procedimento funzionale ad una più celere decisione e dunque alla piena soddisfazione delle esigenze di giustizia garantita dall’ordinamento interno ed internazionale.

Di contro, inammissibile risulta il secondo motivo, non essendo il giudice investito di alcun potere di disapplicazione di norme di legge in vigore, con riferimento alle quali gli è consentita esclusivamente la prospettazione della questione di costituzionalità ove ritenuta rilevante e non manifestamente infondata.

Il ricorso va, dunque, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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