Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16141 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 23/05/2017, dep.28/06/2017),  n. 16141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15073/2010 R.G. proposto da:

D.V.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Brandi

Bisogni, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Napoli, Piazza

F. Muzii n. 11, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

Equitalia Polis Spa, in persona del legale rappresentante;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 150/39/09, depositata il 25 novembre 2009.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 maggio

2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO

CHE:

D.V.C. impugna per cassazione la decisione della CTR della Campania che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto legittimamente emessa la cartella esattoriale per la riscossione dei maggiori importi dichiarati con l’Unico 2004 ma non versati, assumendo, con quattro motivi, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 in riferimento “all’art. 331 c.p.c. o art. 332” c.p.c., non avendo la CTR disposto l’integrazione del contraddittorio con la concessionaria Equitalia, presente nel giudizio di primo grado ma non destinataria dell’atto di gravame da parte dell’Agenzia (primo motivo), la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 (rectius: art. 58) per aver la CTR ammesso il documento Mod. Unico 2004, prodotto solo in appello (secondo motivo), la violazione dell’art. 53 Cost. per l’eccessività della pretesa impositiva rispetto al volume d’affari del contribuente (terzo motivo), nonchè la “carenza di motivazione e nullità della cartella impugnata” (quarto motivo);

– va dichiarata, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero delle Finanze, neppure parte nei precedenti gradi di giudizio e, comunque, difettante di legittimazione, spettando essa, in forza del D.Lgs. n. 300 del 1999, istitutivo delle Agenzie fiscali, all’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1 gennaio 2001, data di operatività della disciplina;

– il primo motivo è infondato: il contribuente ha impugnato la cartella contestando la pretesa tributaria ma non anche difetti propri della cartella stessa, sicchè, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, resta esclusa la configurabilità di una situazione di litisconsorzio necessario, sostanziale o processuale, tra l’ente impositore ed il concessionario stesso, atteso che quest’ultimo (a parte l’esercizio dei poteri propri, volti alla riscossione delle imposte iscritte nel ruolo), nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente il ruolo, dispiega una mera funzione di notifica, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo così come (salva l’ipotesi di errore materiale) formato dall’ente e, pertanto, non è passivamente legittimato a rispondere di vizi propri del ruolo, come trasfuso nella cartella (v. Cass. n. 933 del 2009; Cass. n. 21220 del 2012; Cass. n. 8370 del 2015; Cass. n. 22729 del 2016);

– va rilevato, del resto, che il concetto di causa “inscindibile” (di cui all’art. 331 c.p.c.) va riferito, oltre che alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, anche a quelle di litisconsorzio necessario processuale, che “si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio” (Cass. n. 1462 del 2009), situazione questa che non ricorre nella vicenda in esame;

– ne deriva altresì, conseguentemente, l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di Equitalia Polis, che non è stata parte nel precedente grado;

– il secondo motivo è infondato avendo la Corte affermato, con dictum da cui non vi è alcuna ragione di discostarsi rispondendo al dettato normativo, che “in materia di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58 consente la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza” (Cass. n. 22776 del 2015);

– il terzo motivo è inammissibile traducendosi in una mera astratta doglianza, del tutto carente di autosufficienza;

– il quarto motivo è pure inammissibile, risolvendosi in una contestazione della cartella esattoriale e non in una censura della decisione della CTR;

– il ricorso va pertanto respinto e le spese, liquidate come in dispositivo, regolate per soccombenza.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero delle Finanze ed Equitalia Polis; rigetta il ricorso avverso l’Agenzia delle entrate; condanna il ricorrente al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro 2000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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