Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16139 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/07/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 28/07/2020), n.16139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7049-2014 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

19, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO DI MATTIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ELINDO BUONACCORSI;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione

dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE e GIUSEPPE MATANO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 1001/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/09/2013, R.G.N. 213/2012.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’INPS notificava a P.F. atto di precetto per l’importo complessivo Euro 42.210,05. Tale somma traeva origine da due diversi decreti ingiuntivi emessi dal Pretore del Lavoro di Lucca nei confronti della s.n.c. C. & P. Nuova Lak e nei confronti del C. e del P., questi ultimi quali solidalmente responsabili in via sussidiaria delle obbligazioni assunte dalla società;

2. P.F. proponeva opposizione all’esecuzione mobiliare promossa dall’INPS, quale creditore procedente contro di lui e contro il terzo pignorato, Cantiere Nautico 83 s.r.l., suo datore di lavoro;

3. il giudice di primo grado, in accoglimento dell’opposizione, dichiarava la inesistenza del diritto dell’INPS a procedere all’esecuzione forzata e condannava l’INPS alla restituzione delle somme percepite nel corso della procedura esecutiva;

4. la Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso del P., osservando che: a) in difetto di opposizione dei decreti ingiuntivi alla base della pretesa esecutiva, decreti richiesti ed ottenuti anche nei confronti del P. quale socio solidalmente responsabile della s.n.c. C. & P. Nuova Lak era divenuta definitivo che il P. fosse debitore delle somme oggetto di ingiunzione; b) le deduzioni del ricorrente in punto di insussistenza della sua qualità di socio illimitatamente responsabile, dell’essere venuta meno la originaria società per effetto della trasformazione in s.a.s., di riferibilità della contribuzione omessa a periodi successivi alla trasformazione della s.n.c. C. & P. Nuova Lak attenevano al merito della pretesa ed alla titolarità passiva del credito e avrebbero dovuto essere fatti valere nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo; c) il giudicato si era formato anche sulla quantificazione del credito e degli accessori; d) il termine di prescrizione, nel caso di specie, era decennale, posto che si era in presenza di azione fondata su giudicato conseguente alla formazione di un titolo giudiziale;

5. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P.F. sulla base di un unico articolato motivo; l’INPS ha depositato procura.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo, articolato in più profili, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 125 c.p.c., dell’art. 163c.p.c., comma 3, dell’art. 164c.p.c., dell’art. 101c.p.c., dell’art. 638 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo relativo al giudicato. Assume la omessa considerazione da parte della Corte di merito della circostanza dell’avvenuta trasformazione, all’epoca della notifica dei decreti ingiuntivi, della società in nome collettivo in società in accomandita della quale esso P. era socio accomandante, circostanze queste non contestate dall’INPS; il giudicato era pertanto nullo ed inefficace perchè formatosi nei confronti di un soggetto giuridico inesistente; da tanto scaturiva la nullità, ai sensi degli artt. 163 e 164 c.p.c., della citazione in giudizio, nullità rilevabile d’ufficio, e non sanabile o comunque sanabile solo dalla costituzione in giudizio del soggetto evocato; tale nullità si riverberava sul giudicato privandolo di qualsiasi effetto vincolante perchè formatosi nei confronti di un soggetto e di rapporti societari non più esistenti;

2. il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità. In primo luogo, esso non si confronta con la specifica ratio decidendi alla base della sentenza impugnata la quale ha osservato che le deduzioni del P. in punto di insussistenza della qualità di socio illimitatamente responsabile, di insussistenza della originaria società in nome collettivo in quanto trasformata in società in accomandita semplice, di riferibilità della contribuzione a periodi successivi alla trasformazione, investivano il merito della pretesa azionata in via monitoria di talchè dovevano essere fatte valere con l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, opposizione pacificamente non proposta; parte ricorrente nulla argomenta in fatto o in diritto per contrastare l’assunto del giudice di appello sulla preclusione scaturente dalla mancata opposizione ai decreti ingiuntivi; non costituisce, infatti, critica pertinente il richiamo al principio della inefficacia del giudicato in quanto formato nei confronti di soggetto inesistente, per la dirimente considerazione che nello storico di lite della sentenza impugnata, non validamente contrastato dall’odierno ricorrente, emerge che i decreti ingiuntivi alla base della pretesa esecutiva dell’INPS, per quel che qui rileva, erano stati chiesti ed ottenuti non solo nei confronti della società ma anche del P., rispetto al quale non era neppure astrattamente prospettabile la questione della inefficacia del giudicato in quanto formato nei confronti di soggetto inesistente;

2.1. in secondo luogo, gli atti ed i documenti sui quali si fonda il motivo, destinati, in tesi, a dimostrare il verificarsi di determinate vicende societarie – e cioè i la trasformazione della originaria società in nome collettivo in società in accomandita semplice, nella quale il P. rivestiva il ruolo di socio accomandante, in epoca antecedente al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo nonchè la riferibilità dei periodi di contribuzione alla Nuova Lak di C. e B. & C. s.a.s. e non alla precedente società in nome collettivo – presupposti fattuali questi alla base della deduzione di non vincolatività del giudicato, non sono evocati nel rispetto delle prescrizioni poste dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6;

2.2. la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. n. 29093 del 2018, Cass. n. 195 del 2016, Cass. n. 16900 del 2015, Cass. n. 26174 del 2014, Cass. n. 22607 del 2014, Cass. Sez. Un. 7161 del 2010). In altri termini, occorre non solo che la parte precisi dove e quando il documento asseritamente ignorato dai primi giudici o da essi erroneamente interpretato sia stato prodotto nella sequenza procedimentale che porta la vicenda al vaglio di legittimità; ma al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. 761 del 2014, Cass. n. 24448 del 2013, Cass. n. 22517 del 2013), occorre altresì che detto documento ovvero quella parte di esso su cui si fonda il gravame sia puntualmente riportata nel ricorso nei suoi esatti termini (Cass. n. 3748 del 2014, Cass. n. 5634 del 2013). L’inosservanza anche di uno soltanto di questi oneri viola il precetto di specificità di cui al citato art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e rende il ricorso conseguentemente inammissibile (14216/13).

2.3. parte ricorrente si è sottratta a tali oneri posto che, pur avendo indicato la sede di produzione nell’ambito del giudizio di merito dei documenti alla base della censura (v. ricorso, in particolare, pag. 3) ha omesso la trascrizione del relativo contenuto o la esposizione per riassunto dello stesso; nè le circostanze dedotte, ove rilevanti, possono essere ritenute pacifiche, come sostenuto dal ricorrente (v. ricorso, pag. 7, penultimo capoverso), posto che tale assunto non è sorretto dalla esposizione dei fatti di causa in termini idonei a consentire la verifica della allegata non contestazione da parte dell’INPS, costituendo onere del ricorrente indicare in quale atto tali circostanze erano state allegate ed in quale sede ed in che modo le stesse potevano ritenersi pacifiche (Cass. n. 24062 del 2017, Cass. 15961 del 2007);

3. alle considerazioni che precedono consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

4. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite essendosi l’INPS limitato al deposito della procura;

5. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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