Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16136 del 08/07/2010

Cassazione civile sez. III, 08/07/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 08/07/2010), n.16136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10744/2006 proposto da:

R.A. (OMISSIS), R.D.

(OMISSIS), R.M. (OMISSIS), R.

P. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato MARTOSCIA Gaetano giusta procura speciale del

Dott. Notaio ADELE MALATESTA LAURINI in POZZUOLI 1/6/2010, rep. n.

32023;

– ricorrenti –

contro

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PELAGIO PRIMO 10, presso lo studio dell’avvocato

CENTOMIGLIA ANTONIETTA, rappresentato e difeso dall’avvocato BELVINI

Gennaro giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

RO.PA. (OMISSIS);

– intimata –

sul ricorso 14492/2006 proposto da:

RO.PA., elettivamente domiciliata in ROMA presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE Di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARTOSCIA GAETANO giusta delega in calce al ricorso

incidentale;

– ricorrente –

contro

R.D., M.A., R.P., R.

M., R.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 151/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Terza Civile, emessa il 20/1/2006, depositata il 31/01/2006,

R.G.N. 40/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/06/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLO EILADORO;

udito l’Avvocato GAETANO MARTOSCIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 20-31 gennaio 2006 la Corte di Appello di Napoli accoglieva l’appello proposto da M.A. avverso la decisione del locale Tribunale del 28 novembre 2003 e condannava gli appellati R.D., M., A., P. e Pa., in solido, al pagamento della somma di Euro 10.438,11 oltre interessi, a titolo di rimborso delle spese sostenute dall’appellante per i lavori eseguiti all’interno dell’appartamento condotto in locazione.

Rilevava la Corte territoriale che – contrariamente a quanto dedotto dagli appellati – il M. non si era affatto introdotto illegittimamente nell’immobile, avendo ricevuto in restituzione le chiavi dell’appartamento (da lui condotto in locazione) dall’amministratore dello stabile, al termine dei lavori di ristrutturazione che avevano interessato le parti comuni dell’immobile.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte – hanno sottolineato i giudici di appello – che il conduttore, allorchè venga privato del godimento dell’immobile durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire le riparazioni dovute, conserva la detenzione del bene.

In punto di fatto, era rimasto accertato che i proprietari dell’immobile avevano manifestato la volontà di non voler eseguire i lavori urgenti, all’interno dell’appartamento. Sicchè risultava del tutto legittima la pretesa del M. di ottenere il rimborso delle spese sostenute per le, riparazione dell’immobile locato, atteso l’obbligo dei locatori di procedere direttamente ai lavori eccedenti la normale manutenzione.

Osservavano i giudici di appello che il M. aveva effettivamente eseguito i lavori di ristrutturazione, resisi necessari per poter abitare l’appartamento di proprietà degli appellati, dopo le operazioni di restauro dell’intero immobile (durante le quali egli era stato costretto a lasciare l’appartamento).

Il costo di tali lavori, eccedenti la ordinaria manutenzione, era stato confermato dalla documentazione prodotta (fotografie effettuate prima e dopo l’intervento di ristrutturazione e dettagliato computo metrico redatto dall’ing. Mo.).

Avverso tale decisione R.M., A., P. e D. hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

Ro.Pa. ha proposto ricorso incidentale adesivo.

Resiste con controricorso il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei due ricorsi, proposti contro la medesima decisione.

Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono “error in iudicando” errata ovvero falsa applicazione dell’art. 1577 c.c.; in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, erroneità dei presupposti in fatto ed erroneo governo della documentazione in atti in relazione alla motivazione posta a sostegno della pronuncia.

Erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto che il M. fosse nella legittima detenzione dell’immobile.

L’amministratore, infatti, non era legittimato alla riconsegna delle chiavi dell’appartamento che risultava inidoneo al proseguimento del rapporto locativo.

Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono contraddittorietà ovvero insufficienza della motivazione circa la asserita conformità a documentazione delle spese sostenute.

Il computo metrico redatto dall’ing. Mo. non era confortato da alcuna fattura di acquisto e non era di per sè equipollente a prova della spesa sostenuta.

Analoghe censure sono sollevate dalla ricorrente incidentale Ro.Pa., la quale ha espressamente dichiarato di aderire e fare proprie tutte le motivazioni e doglianze espresse dai ricorrenti principali.

Osserva il Collegio:

i motivi del ricorso principale e di quello incidentale adesivo si prestano ad una trattazione congiunta, in quanto sostanzialmente identici.

Gli stessi sono privi di fondamento.

Con motivazione adeguata, i giudici di appello hanno premesso che il M. aveva conseguito la disponibilità dell’immobile nel pieno rispetto delle regole poste a fondamento dei principi dettati in materia di contratto di locazione. Egli, infatti, aveva ricevuto la riconsegna delle chiavi dallo stesso soggetto al quale erano state precedentemente consegnate in occasione dello sgombero dell’appartamento, resosi necessario per poter procedere alla esecuzione dei lavori di ristrutturazione, riguardanti l’intero fabbricato.

Il contratto di locazione, in assenza di contrari elementi di fatto e di diritto – ha concluso la Corte territoriale – doveva considerarsi valido a tutti gli effetti tra le parti.

La decisione impugnata è in tutto conforme al consolidato orientamento di questa Corte per il quale: “Il conduttore che perda il godimento dell’immobile durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire delle riparazioni, non perde anche la detenzione dell’immobile stesso sino a quando non sia stata pronunciata la risoluzione del contratto di locazione e può pertanto proporre azione di spoglio contro il proprietario che, a lavori eseguiti, rifiuti la restituzione dell’immobile” (Cass. 6 settembre 1995 n. 9381, 1 settembre 1994 n. 7621, 8 maggio 1980 n. 3041, 9 marzo 1978 n. 1200, 30 aprile 1956 n. 1349).

Tali principi sono conseguenti al carattere autonomo della detenzione del conduttore, all’interesse proprio dello stesso alla detenzione, diverso da quello del proprietario locatore e tutelabile con l’azione di spoglio anche contro questi.

Proprio a questi principi si è attenuta la Corte di appello, riformando sul punto la decisione di primo grado, la quale aveva ritenuto che il conduttore fosse rientrato in possesso dell’appartamento condotto in locazione arbitrariamente, senza il consenso dei locatori R..

Per quanto riguarda il diritto del conduttore di eseguire i lavori, necessari per rendere abitabile l’appartamento, i giudici di appello hanno richiamato la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il conduttore ha diritto al risarcimento del danno in caso di mancata. riparazione della cosa locata, stante l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni eccedenti la normale manutenzione.

Quando dette riparazioni hanno il carattere dell’urgenza – come nel caso di specie – lo stesso conduttore, una volta avvisato il locatore, e nell’inerzia di questi, ha piena facoltà di provvedere direttamente a dette riparazioni, non essendo richiesta per tale tipo di intervento la preventiva autorizzazione, e non risultando neppure di ostacolo l’eventuale divieto del locatore (Cass. 18 luglio 2008 n. 19943, 22 febbraio 2008 n. 4583, 23 luglio 2002 n. 10742).

Quanto alle spese sostenute dal conduttore, con motivazione adeguata la Corte territoriale ha sottolineato che le stesse dovevano ritenersi del tutto giustificate, in relazione alla quantità e qualità dei lavori da eseguire per rendere l’appartamento abitabile.

Tra l’altro, la Corte territoriale ha premesso che gli appellati non avevano minimamente contestato la natura e l’entità dei lavori effettuati, ed ha sottolineato che i lavori eseguiti risultavano giustificati sulla base del computo metrico eseguito da un tecnico, corredato da fotografie di comparazione, eseguite prima e dopo l’intervento di ristrutturazione.

Per tali ragioni, i giudici di appello hanno ritenuto inutile disporre una consulenza tecnica di ufficio, ritenendo del tutto congrue – con una valutazione di tipo equitativo – l’importo delle spese esposte dall’attuale resistente, che risultavano ampiamente documentate dalle fotografie prodotte.

Entrambi i ricorrenti hanno rilevato, in proposito, che il computo prodotto non costituirebbe valido documento fiscale (in quanto semplice documentazione di parte) e che, infine, non vi sarebbe prova dell’effettivo esborso delle somme indicate.

Le censure, come sopra formulate, non colgono nel segno.

Si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale:

“Qualora sia provata, o non contestata – come nel caso di specie – l’esistenza del danno, il giudice può far ricorso alla valutazione equitativa non solo quando è impossibile stimare con precisione l’entità dello stesso, ma anche quando, in relazione alla peculiarità del caso concreto, la precisa determinazione di esso sia difficoltosa.

Nell’operare la valutazione equitativa egli non è, poi, tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata della corrispondenza tra ciascuno degli elementi esaminati e l’ammontare del danno liquidato, essendo, invece, sufficiente che il suo accertamento sia scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata (Cass. 18 aprile 2005 n. 2005).

La Corte territoriale ha tenuto conto della mancata contestazione dei locatori, in ordine alla natura dei lavori effettuati ed agli importi delle spese sostenute (v. comparsa di costituzione di R. D. del 10 maggio 2002, p. 4) giungendo per tale via a confermare integralmente i conteggi predisposti dal M..

Non sussiste, pertanto, il vizio di motivazione o la violazione dell’art. 2697 c.c., denunciati.

Conclusivamente entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con la condanna dei ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Condanna i ricorrenti (principali e incidentale) in solido al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) di cui Euro 2.300,00 (duemilatrecento/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2010

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