Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16135 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. I, 22/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 22/07/2011), n.16135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.P.F., con domicilio eletto in Roma, viale Bruno

Buozzi n. 82, presso l’Avv. Iannotta Giorgio che lo rappresenta e

difende come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BO.Da., in persona del curatore pro tempore, con domicilio

eletto in Roma, piazza Cardelli n. 4, presso lo studio legale d’Urso-

Munari-Gatti, rappresentato e difeso dagli Avv.ti d’Alessandro

Floriano, Alessandro Munari e Lorenzo Pintus, come da procura

speciale in atti;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso proposto da:

BO.DA., come sopra domiciliato e rappresentato;

– ricorrente incidentale –

contro

B.P.F., come sopra domiciliato e rappresentato;

– controricorrente al ricorso incidentale –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

1975/05 depositata il 5 maggio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 8 giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto

di entrambi i ricorsi;

uditi gli Avv.ti Gregorio Iannotta e Lorenzo Pintus.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Arch. B.P.F. ha agito in giudizio avanti al Tribunale di Roma nei confronti dell’Ing. Bo.Da. al fine di ottenere il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’inadempimento da parte di quest’ultimo delle obbligazioni assunte con gli accordi tra loro conclusi nel luglio del 1988 che prevedevano, in sintesi, l’acquisto da parte del Bo., attraverso una società dallo stesso controllata (poi identificata nella s.r.l. ACP), di alcuni terreni siti nel comune di (OMISSIS) di proprietà dell’attore e di suoi congiunti nonchè di tutte le quote della s.a.s. Alessandro Borghese & C. costituita tra i componenti della famiglia B. proprietaria di altri immobili nella stessa località, con attribuzione ad esso attore di una quota del 20% della società acquirente; l’accordo non aveva trovato compiuto adempimento in quanto all’acquisto delle quote degli altri membri della famiglia B. non aveva fatto seguito anche quello dei terreni e della quota del 10% della predetta s.a.s. di proprietà di B.P.F., essendosi il Bo. rifiutato di provvedere come concordato, procedendo per contro all’incorporazione della Alessandro Borghese & C. s.a.s. nella società acquirente degli immobili con conseguente annacquamento della originaria quota di proprietà dell’attore.

Con sentenza parziale il Tribunale ha dichiarato l’inadempimento del convenuto agli accordi e la statuizione, impugnata in grado di appello e quindi in cassazione, è stata definitivamente confermata dalla Corte con sentenza n. 2720/2009.

Nel giudizio nel frattempo proseguito sul quantum il Tribunale ha condannato il convenuto al pagamento dell’importo di Euro 6.551.451,00; sull’impugnazione del Bo. la Corte d’appello ha parzialmente riformato la statuizione di primo grado quantificando il risarcimento del danno in Euro 333.037,23, oltre interessi nella misura del 2%.

Ricorre per cassazione B.P.F. affidandosi a tre complessi motivi con i quali denuncia violazione di legge e difetto di motivazione censurando sia la violazione dei principi che regolano il rapporto tra sentenza parziale e definitiva sia le norme sulla quantificazione del danno, nonchè la motivazione addotta a sostegno della medesima.

Resiste l’intimato con controricorso e propone ricorso incidentale denunciando con un unico motivo la liquidazione del danno attinente al mancato programmato svolgimento dell’attività professionale da parte del ricorrente principale che replica con controricorso e che ha altresì depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono preliminarmente essere riuniti in quanto proposti nei confronti della stessa sentenza.

Premessa la non agevole lettura delle argomentazioni esposte in un unico contesto con riferimento a tutti i motivi che attengono cumulativamente a doglianze di diritto e di carenza della motivazione, la prima censura che viene proposta avverso l’impugnata decisione è quella di avere la Corte territoriale da un lato ritenuto che una parte del danno consiste nell’aver omesso il Bo. di trasferire al B. il 20% della società destinata alla comune intrapresa della valorizzazione dell’acquisito patrimonio immobiliare e dall’altro, dopo aver rilevato che comunque il secondo aveva mantenuto il 10% della (OMISSIS), omesso di liquidare il residuo 10%.

La censura, prescindendo dalle generiche doglianze circa una presunta violazione del giudicato in realtà insussistente in quanto la sentenza parziale è limitata al riconoscimento dell’inadempimento ma non contiene alcuna statuizione circa le voci di danno, è infondata in quanto la Corte di merito (con procedimento logico la cui correttezza è oggetto di ulteriore censura di cui infra) ha quantificato il valore della quota alla quale il ricorrente avrebbe avuto diritto se l’accordo fosse stato adempiuto (il 20% della società) nella misura convenuta dalle stesse parti (L. 680.000.000) nel caso di esercizio del diritto del diritto, parimenti convenuto, di pretenderne l’acquisto da parte dell’altro contraente, ha dedotto dalla stessa il valore del 10% rimasto di proprietà del ricorrente (L. 370.000.000), anche questo oggetto di concorde valutazione in sede di accordi, ed ha individuato il danno nella differenza rivalutata condannando al rimborso il Bo., liquidandolo dunque nello scarto tra l’aspettativa e quanto in concreto ottenuto dal B. mantenendo la quota che avrebbe dovuto essere invece oggetto di cessione.

Ulteriore censura attiene all’omesso riconoscimento del compenso spettante al ricorrente per prestazioni professionali. Anche tale censura è infondata in quanto la Corte d’appello ha esplicitamente confermato la sentenza del Tribunale che ha riconosciuto al B. la voce di danno corrispondente alla mancata percezione dell’importo forfettario di L. 50.000.000 annui per l’attività professionale relativa al triennio 1993-1995; a nulla rileva che il giudice d’appello non abbia condiviso la qualificazione di tale credito come risarcimento del danno da inadempimento, e quindi da rivalutarsi, anzichè come credito da inadempimento di obbligazione di pagamento dal momento che ha per l’appunto confermato la decisione impugnata dal solo Bo. ritenendo inammissibile l’appello sul punto.

Se poi la censura dovesse essere intesa come attinente al mancato riconoscimento di un ulteriore credito per attività effettivamente prestata la stessa sarebbe inammissibile, non essendo stata impugnata dal B. la decisione di primo grado che ha riconosciuto solo la voce di cui si è trattato.

La terza censura attiene all’omesso riconoscimento della voce di danno consistente nella mancata rivalutazione del patrimonio immobiliare conseguente alla non intervenuta stipulazione di una convenzione urbanistica con la Regione Toscana addebitabile alla responsabilità del Bo. che l’avrebbe resa inattuabile in seguito alla cessione di terreni che nella stessa avrebbero dovuto essere ricompresi.

La censura, prescindendo anche in questo caso da generici richiami al vincolo del giudicato della sentenza parziale, e per un verso infondata e per altro verso inammissibile. E’ infondata laddove tende a fare emergere una carenza di motivazione in quanto la Corte di merito ha sottoposto a critica gli elementi valorizzati dal tribunale giungendo alla conclusione che i contatti che vi erano stati con la pubblica amministrazione locale in ordine alla stipulazione della convenzione si erano arrestati alla fase di mera presa di contatto non seguita da alcun concreto interessamento da parte della medesima, con conseguente insostenibilità anche della tesi della perdita di chances, stante l’assenza di ogni concreta prospettiva, ed è inammissibile laddove pretende dalla Corte una diversa valutazione di tali elementi in difformità da quella operata dal giudice del merito.

Infondata e in parte inammissibile è poi la censura mossa alla sentenza impugnata di aver erroneamente e immotivatamente escluso il danno conseguente al trasferimento “a prezzo vile” di alcuni immobili a società riferibili allo stesso Bo.. Posto infatti che della pretesa sottostima del valore degli immobili non è traccia nella sentenza impugnata, la Corte di merito ha da un lato escluso che il B., che avrebbe dovuto avere una partecipazione comunque minoritaria e che non aveva titolo particolare per ingerirsi nella gestione, avesse avanzata in primo grado una qualche pretesa in proposito e l’argomento non è stato contestato, e dall’altro ha chiarito, come già rilavato esaminando la precedente censura, che la convenzione con la Regione Toscana non era stata neppure concretamente avviata per il disinteresse dell’Amministrazione e non già per l’impossibilità di coinvolgere anche i terreni di cui si assume l’illecita cessione.

Con l’ulteriore censura si denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte nel determinare il danno conseguente all’inadempimento prendendo in considerazione la differenza tra il valore convenzionale della quota della società che avrebbe dovuto essere attribuita al B. con quello, altrettanto convenzionale, del valore dei beni che lo stesso avrebbe dovuto conferire nella società.

La censura è inammissibile in quanto mancano elementi per ritenere che alla stessa il ricorrente abbia un qualche interesse.

In base agli accordi intervenuti il B. avrebbe dovuto far confluire nella società destinata alla comune gestione dell’affare alcuni suoi terreni e la sua quota del 10% nella s.a.s. Alessandro Borghese & C. e tale suo apporto era stato concordemente stimato in L. 370.000.000.

Il mancato adempimento da parte del Bo. ha comportato, tuttavia, il legittimo inadempimento da parte del B. al quale è rimasta la titolarità dei terreni non confluiti nella società nonchè della quota della citata s.a.s. e quindi, in seguito ad incorporazione della stessa, di una quota della s.r.l. ACP. Ne consegue che è bensì vero che il danno avrebbe dovuto essere calcolato sulla base del valore effettivo della quota del 20% di quest’ultima e non già di quello fissato per l’esercizio del diritto del B. di pretendere l’acquisto dalla controparte, che ben avrebbe potuto non essere esercitato in presenza di un maggior valore della quota, ma è anche vero che manca del tutto la benchè minima prova che, detraendo da tale valore quello dei terreni e della minor quota rimasti di proprietà del ricorrente ti risultato sarebbe stato migliore per quest’ultimo rispetto alla liquidazione operata dal giudice del merito.

L’ultima censura concerne che l’insufficiente misura del tasso di interessi sulle somme riconosciute e titolo di danno determinato dalla Corte d’appello nel 2% annuo.

Premesso che il giudice a quo ha provveduto alla rivalutazione alla data della pronuncia degli importi liquidati e ha fissato la decorrenza degli interessi sulla somme rivalutate dal 1992, quanto a Euro 227.424,38, e dal 1993, quanto a Euro 105.612,85, nella misura indicata, il motivo pecca di autosufficienza in quanto, al fine di verificare l’interesse alla censura, sarebbe stato necessario indicare a quale diverso e più utile risultato si perverrebbe applicando i noti criteri indicati dalla giurisprudenza (Cassazione civile, sez. un., 17/02/1995, n. 1712) e quindi il tasso legale sugli importi rivalutati anno per anno oppure l’indice medio.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nei riconoscere in favore dell’Arch. B. un risarcimento del danno per l’intervenuta impossibilità di svolgere la sua attività professionale in vista del progettato intervento edilizio.

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha ritenuto inammissibile la censura del Bo.

in quanto basata sull’erroneo presupposto che l’importo liquidato si riferisse all’attività professionale effettivamente svolta dall’Arch. B. nel triennio 1993-1995 mentre secondo il giudice dell’impugnazione la sentenza di primo grado aveva riconosciuto unicamente un importo a titolo di danno per l’intervenuta impossibilità di prestare l’opera professionale per il divisato intervento edilizio quantificando tale danno nella misura contrattualmente già fissata dalle parti per attività professionale prestabilita e quindi escludendo implicitamente la perdita di più ampie possibilità di lavoro. Tale interpretazione appare corretta alla luce dei rilievi esposti dalla Corte territoriale che, dopo aver precisato che il B. aveva proposto due domande (una attinente al mancato percepimento dell’importo forfettizzato di L. 150.000.000 per attività già concordata per il triennio 1993-1995 e l’altra relativa alla perdita di ulteriori possibilità lavorative connesse allo sfruttamento edilizio delle aree interessate al prospettato intervento edilizio), per escludere che il Tribunale avesse voluto riconoscere un compenso per attività effettivamente svolta ha posto in evidenza l’intervenuta rivalutazione monetaria dell’importo riconosciuto e la decorrenza per il calcolo della medesima, fissata all’anno 1993 e quindi alla data dell’interruzione dei rapporti tra il B. e il Bo. con conseguente definitiva perdita della possibilità di operare da parte del professionista.

Entrambi i ricorsi debbono dunque essere rigettati e ciò giustifica l’integrale compensazione delle spese.

P.Q.M.

la Corte, riunti i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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