Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16132 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. II, 09/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 09/06/2021), n.16132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25585/2019 proposto da:

M.M., rappresentato e difeso dall’avv. MARIA CARACCIOLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, PROCURA REPUBBLICA LECCE;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.M. – cittadino del Ghana – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Lecce avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè, componente di una banda di ladri, assieme ai suoi sodali ebbe a partecipare ad una festa presso il suo villaggio durante la quale scoppiò una rissa ed egli colpì alla testa un antagonista, sicchè scappò nel (OMISSIS) all’estero – è giunto in Italia nel 2017 – dopo aver saputo che i suoi sodali erano stati arrestati ed egli condannato, ma non sapeva per quale reato.

Il Collegio salentino ha rigettato il ricorso ritenendo che dal racconto del richiedente asilo non appariva sussistere alcuna persecuzione e comunque detto narrato non appariva credibile; che la situazione socio-politica del Ghana non consentiva di ritenere concorrenti le specifiche situazioni per la protezione internazionale e che l’opponente nemmeno aveva dedotta condizione di vulnerabilità ovvero addotto elementi lumeggianti significativo inserimento sociale in Italia ai fini della protezione umanitaria – percepiva un reddito mensile di 200,00 Euro dalla sua attività lavorativa.

Il M. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale salentino articolato su tre motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dal M. appare inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) b) c), poichè i Giudici di prime cure non ebbero ad esaminare la concorrenza del grave pericolo in caso di suo rimpatrio in presenza di condanna penale, stante la situazione delle carceri ghanesi, siccome illustrata da rapporti redatti da Organizzazioni internazionali.

La censura risulta generica poichè non si confronta con la specifica ragione in base alla quale il Collegio salentino ebbe a ritenere non concorrente il grave danno specifico in caso di rimpatrio, ossia la non credibilità del racconto, reso dal ricorrente, proprio in ragione della circostanza di assoluto rilievo – onere specifico di collaborazione del richiedente asilo – che il M., nonostante sia in contatto con i famigliari rimasti in Patria, nulla ebbe a riferire circa la natura del delitto per il quale sostiene d’aver saputo di esser stato condannato.

La mancata specifica contestazione di detta statuizione comporta l’irrilevanza – senza contraddizione alcuna – della questione afferente la condizione dei carcerati, poichè situazione non ritenuta correlata alla specifica posizione personale del richiedente asilo.

Non va poi omesso di rilevare che i rapporti, richiamati nell’argomentazione critica, operano principale riferimento alla condizione carceraria afferente i soggetti omosessuali e incarcerati per motivi politici e, non già, lumeggiano una condizione afferente la generalità dei detenuti.

Con la seconda ragione di doglianza il M. deduce violazione del disposto del D.P.R. n. 268 del 1998, ex art. 5, in quanto il Collego salentino ha errato nel valutare le condizioni di vulnerabilità oggettiva, operando riferimento alla situazione sociopolitica della Nigeria meridionale ed errato nell’apprezzare la documentazione medica, dimessa in atti, lumeggiante la presenza di patologia cronica, ossia specifica condizione di vulnerabilità soggettiva.

Anche detta doglianza appare inammissibile posto che enfatizza mero errore materiale circa l’indicazione dello Stato di provenienza ovvero enfatizza errore nell’indicazione della fonte di provenienza dell’unica attestazione medica in atti, così elaborando tesi meramente alternativa alla statuizione al riguardo della concorrenza di condizioni di vulnerabilità elaborata dal Tribunale, e quindi sollecitando questa Corte di legittimità ad assumere inammissibile valutazione circa questioni attinenti al merito.

Difatti, se è vero che a pagina 11 del decreto, trattando della situazione sociopolitica del Paese d’origine del richiedente asilo ai fini della protezione umanitaria, il Collegio salentino opera cenno alla Nigeria meridionale, tuttavia a pagina 8 del medesimo decreto, nell’eseguire partito esame di detta situazione socio-politica, il Tribunale opera specifico riferimento alle informazioni desunte dai rapporti redatti da Organizzazioni internazionali afferenti il Ghana e, non già, la Nigeria.

Detta valutazione, poi, risulta posta alla base, unitamente alla non credibilità del narrato reso, della statuizione di non concorrenza di condizione oggettiva di vulnerabilità presente a pagina 11 del decreto – dato ignorato dal ricorrente. Quanto poi alla certificazione medica, attestante esistenza di patologia cronica, se è vero che questa non fu rilasciata dal medico di base bensì da medico ospedaliero, tuttavia risulta che in detto certificato – come sottolineato dal Collegio salentino – risulta prescritta una serie di esami clinici – evidentemente per meglio indagare sull’esistenza e gravità della patologia – circa la cui effettuazione da parte sua, il M. nulla risulta aver documentato in causa, come puntualmente precisato nel decreto impugnato.

Dunque la contestazione mossa, non solo non attinge la precisazione del Tribunale che alcuno degli accertamenti clinici consiglianti è stato effettuato, ma appare tesa a sollecitare questa Corte di legittimità ad un’inammissibile valutazione nel merito delle questioni proponendo opzione valutativa meramente alternativa alla statuizione illustrata dal Collegio salentino.

Con la quarta ed ultima doglianza il M. rileva violazione delle norme sulla protezione umanitaria in dipendenza della mancata valutazione della sua situazione personale in quanto il Tribunale non ha effettuato, in maniera corretta, la comparazione tra le sue condizioni di vita in Ghana ed Italia.

Già la prospettazione dell’argomento critico, siccome fondata sulla maggior o minor correttezza dell’effettuata comparazione, lumeggia l’inammissibilità della censura, posto che viene richiesta a questa Corte di legittimità sostanzialmente una scelta di meritevolezza tra soluzione opposte; ma anche il contenuto dello stesso si compendia in mera affermazioni apodittiche senza il minimo confronto con la motivazione resa al riguardo dal Collegio salentino, specie in relazione al attività lavorativa svolta.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione evocata poichè non costituita.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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