Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16130 del 08/07/2010

Cassazione civile sez. III, 08/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 08/07/2010), n.16130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11604/2006 proposto da:

BENNET SPA, (OMISSIS), in persona dell’Amministratore Delegato Rag.

E.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AMASTASIO II 80,

presso lo studio dell’avvocato BARBATO Adriano, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato OSTINELLI RENATO giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

B.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 88/2005 del TRIBUNALE, di ACQUI TERME, Sezione

Unica Civile, emessa il 24/03/2005, depositata il 26/03/2005; R.G.N.

723/2003.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito l’Avvocato Adriano BAREATO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’iter processuale va ricostruito nei seguenti termini sulla base della decisione impugnata.

1.1. A seguito di sfratto per morosità, non avendo lo sfrattato, B.M., provveduto a rimuovere un impianto di autolavagqio entro il termine del 15-10-1999 fissato dal Giudice, a DI.TEX.AL. s.p.a. (ora BENNET s.p.a.) chiedeva al G.E. del Tribunale di Acqui Terne l’autorizzazione a “lo smontaggio dell’impianto.

1.2. Con provvedimento in data 12-12-2000 il G.E. autorizzava il custode, direttore della DI.TEX.AL. s.p.a., allo smontaggio dell’impianto e al suo deposito nei magazzini della stessa società, previa comunicazione al B..

1.3. Con ricorso ex art. 617 c.p.c., in data 16-7-2001 il B. si opponeva alle operazioni di smontaggio, nel frattempo intraprese dalla BENNET, assumendo di non avere avuto il preavviso, così come disposto nel cit. provvedimento del 12-12-2000.

1.4. Le operazione d: rimozione, inizialmente sospese, erano proseguite in esito ad una c.t.u. in ordine alle condizioni dell’impianto; infine, dopo il definitivo trasferimento dell’impianto stesso in un locale a disposizione del B. e una nuova verifica delle sue condizioni, con sentenza in data 26-3-2005 il Tribunale accoglieva l’opposizione agli atti esecutivi del B. e condannava la BENNET s.p.a. al risarcimento dei danni subiti dall’opponente per lo smantellamento dell’impianto di. autolavaggio in ragione di Euro 58.800,00; condannava la medesima BENNET s.p.a. alla rifusione delle spese di lite m favore dell’opponente.

1.5. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la BENNET s.p.a., svolgendo due motivi. Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia nullità del procedimento e della sentenza per errata applicazione di norme processuali e sostanziali, anche sotto il profilo dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5). Sotto questa articolata rubrica parte ricorrente formula una pluralità di censure, segnatamente lamentando che sia stata ritenuta ammissibile e fondata l’opposizione ex art. 617 c.p.c., nonostante la procedura esecutiva dovesse ritenersi ormai, “estinta”; si duole, altresì, che sia stata accolta la domanda di risarcimento danni tardivamente formulata dall’opponente, sull’erroneo presupposto che la protesa trovasse fondamento in un’ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..

1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto fondamentale della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e violazione od errata applicazione dei principi fondamentali in tema di risarcimento ex art. 360 c.p.c., n. 3, con specifico riferimento alla quantificazione dei danni.

2. Ciò premesso, li Collegio ritiene pregiudiziale e assorbente, rispetto alle questioni proposte in ordine all’ammissibilità (e fondatezza) dell’opposizione agli atti esecutivi e della domanda accessoria di risarcimento del danno, il rilievo che il ricorso avrebbe dovuto essere proposto nel rispetto dei termini che concernono l’impugnazione delle semenze pronunziate sulle opposizioni esecutive, termini che, secondo la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3, non sono suscettibili di sospensione nel periodo feriale.

2.1. Merita puntualizzare – in conformità a principi acquisiti nella giurisprudenza di questa Corte – che la sospensione dei termini processuali in periodo feriale indicata dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, non si applica ai procedimenti di opposizione all’esecuzione, come stabilito dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92 (richiamato dall’art. 3 cit.), a quelli di opposizione agli atti esecutivi e di opposizione di terzo all’esecuzione, di cui agli artt. 615, 617 e 619 cod. proc. civ., ed a quel li di accertamento dell’obbligo del terzo di cui all’art. 548 del citato codice (ex plurimis, cfr. Cass., 22/06/2007, n. 14591) e anche alle opposizioni relative alla distribuzione della somma ricavata (Cass. 24/01/2006, n. 1331), come di recente confermato dal più alto consenso (SS.UU. 6 maggio 2010, n. 10617). Invero La nozione di opposizione all’esecuzione, cui fa testuale riferimento il R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92, deve intendersi nel senso più ampio, comprendendovi tutti gli incidenti cognitivi relativi al procedimento di esecuzione forzata individuale, in aderenza alla ratio legis intesa alla sollecita definizione delle cause di opposizione e alla pronta realizzazione dei crediti.

2.2. Inoltre l’esclusione della sospensione dei termini è operante, ancorchè contestualmente all’opposizione sìa stata proposta domanda di risarcimento danni da responsabilità processuale aggravata per avere il creditore agito con mala fede o colpa grave o formulata istanza di distrazione delle spese da parte del procuratore, posto che l’esenzione dalla sospensione feriale dei termini, applicabile in ragione della natura della causa (opposizione esecutiva), lo è anche per la domanda accessoria in ossequio al noto brocardo “accessorium seguitar principale”. il principio è stato costantemente affermato da questa Corte con riferimento alla domanda di risarcimento del danno per responsabilità aggravata a norma dell’art. 96 c.p.c. (ex plurimis, cfr. sentenze 28 settembre 2009, n. 20745; 23 febbraio 2000, n. 2055) ed è state ritenuto applicabile anche in relazione alla domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., quando la stessa abbia carattere accessorio e consequenziale rispetto alla causa di accertamento dell’obbligo del terzo, dovendo prevalere il regime previsto per la causa principale, atteso il rapporto di accessorietà necessaria intercorrente tra le due vicende processuali (Cass. 25 marzo 2003, n. 4375).

3.3. Nel caso all’esame il Tribunale ha qualificato la domanda proposta dal R. di opposizione alle operazioni di smontaggio dell’impianto allocato nell’immobile, da cui io stesso era state sfrattato, come; opposizione ex art. 617 c.p.c.; ha, altresì, radicato la pronuncia di risarcimento danni nell’ambito dell’art. 96 c.p.c., ritenendo che la relativa domanda trovasse fondamento nell’incauto esercizio dell’azione esecutiva, segnatamente evidenziando il nesso di consequenzialità e accessorietà di detta domanda con l’opposizione esecutiva (cfr. pag. 10 e 11 della impugnata sentenza).

Ciò posto e considerato che il regime dell’impugnazione della sentenza e i termini in cui la stessa può essere impugnata dipendono da come il giudice abbia qualificato la domanda nel deciderla (Cass. 30 novembre 2005 n. 26096), il presente ricorso avverso la sentenza depositata il 26 marzo 2005 avrebbe dovuto essere proposto entro il 26 marzo 2006; senonchè l’atto di impugnazione non risulta inoltrato per la notifica entro tale data e la notificazione risulta eseguita solo in data 11 aprile 2006.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla deve disporsi in ordine allo spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2010

 

 

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