Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1613 del 23/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1613 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 22078-2015 proposto da:
PROVINCIA di PESCAR& in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI 3,
presso lo studio dell’avvocato DANIELE VAGNOZZI, rappresentata
e difesa dall’avvocato GIULIO CERCEO;

– ricorrente contro
PROSDOCIMI STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TACITO 64, presso lo studio dell’avvocato CARMINE CIOFANI,
rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELE SILVETTI;

– controricorrente avverso la sentenza n. 215/2015 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA, emessa il 12/03/2015;

Data pubblicazione: 23/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
MARINIS.
RILEVATO

che, con sentenza del 25 marzo 2015 la Corte d’Appello di

Tribunale di Pescara, fermo restando l’accoglimento della
domanda proposta da Stefano Prosdocimi nei confronti
della provincia di Pescara avente ad oggetto l’illegittimità
dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa in
virtù dei quali aveva prestato servizio presso la predetta
Amministrazione, esclusa la possibilità di conversione a
tempo indeterminato del rapporto, condannava la
Provincia al risarcimento del danno in favore della
ricorrente nella misura di 20 mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto, oltre accessori;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver
questa ritenuto riscontrabile in relazione alle assunzioni
del Prosdocimi l’utilizzo abusivo del lavoro flessibile
considerato che vi era stata una reiterazione di contratti
non per far fronte ad esigenze temporanee bensì per
sopperire a carenze strutturali di organico e che lo stesso
era stato pienamente inserito nell’organizzazione della
Provincia, aveva svolto attività amministrative eterogenee
non riconducibili ad alcun progetto ed in assenza di
specificazione di obiettivi e risultati nonchè la spettanza di
un risarcimento del danno conseguente alla cessazione del
rapporto insuscettibile di conversione parametrato sul
regime sanzionatorio di cui all’art. 18, commi quarto e
quinto, della legge n. 300/1970 (cinque mensilità valore

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L’Aquila, in parziale riforma della decisione resa dal

minimo – comma quarto – più quindici mensilità quale
misura sostitutiva della reintegra – comma quinto -);

che per la cassazione di tate decisione ricorre la Provincia
di Pescara, affidando l’impugnazione a quattro motivi, poi
illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso il

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod.
proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio
non partecipata;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata.
CONSIDERATO

che, con il primo e secondo motivo, l’Amministrazione
ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2094, 2222 e 1362 c. c. , 7, c. 6,
d.lgs. n. 165/2001, 110, c. 6, d.lgs. n. 267/2000, 116
c.p.c., 2697 c.c., 2126 c.c. e 36 Cost. in una con il vizio
di omessa, carente e/o contraddittoria motivazione,
deduce l’incongruità logica e giuridica del giudizio
formulato dalla Corte territoriale in ordine alla ricorrenza
nella specie della subordinazione per aver la Corte stessa
omesso la considerazione delle difese svolte da essa
Provincia

e

non

adeguatamente

valutato

la

documentazione allegata e le risultanze istruttorie;

che, con il terzo motivo, denunciando la violazione e
falsa applicazione dell’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 165/2001 e
degli artt. 1226, 2697 e 2126 c.c. in una con il vizio di
motivazione, l’Amministrazione ricorrente deduce la non
conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte
territoriale in ordine alla ravvisabilità in re ipsa del danno

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Prosdocimi;

conseguente all’illegittima instaurazione di rapporti
flessibili;

che, con il quarto motivo, proposto in via subordinata,
l’Amministrazione ricorrente, nel denunciare la violazione
e falsa applicazione dell’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 165/2001

n. 604/1966 nonché il vizio di omessa e/o carente
motivazione, deduce l’erroneità dal parametro di
liquidazione del danno adottato dalla Corte, sostenendo,
in alternativa, il riferimento all’art. 6 I. n. 604/1966;

che il primo e secondo motivo, che, in quanto
strettamente connessi possono essere qui trattati
congiuntamente, risultano, prima ancora che infondati,
inammissibili, risolvendosi le prospettate censure di
violazione di legge in meri vizi dell’iter logico-valutativo
seguito dalla Corte territoriale nella formulazione del
giudizio in ordine alla ricorrenza nella specie della
subordinazione (iter che si assume carente nella
considerazione di allegazioni e prove addotte dall’odierna
ricorrente, senza tener conto degli ampi margini di
discrezionalità

implicati

dal

principio

del

libero

apprezzamento del giudice) vizi non più deducibili sulla
base del testo novellato dell’art. 360, c. 1, n. 5,
applicabile “ratione temporis” (la sentenza impugnata è
stata pubblicata il 25.3.2015), che ammette la sola
denuncia di omesso esame di una questione di fatto,
inteso come fatto storico, principale o secondario, che,
se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia (Cass., SS.UU., 8053/2014);

che il terzo ed il quarto motivo, parimenti connessi e da
trattarsi qui congiuntamente, meritano, di contro

Ric. 2015 n. 22078 sez. ML – ud. 05-12-2017
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e degli artt. 1226 c.c., 18, c. 4 e 5, I. n. 300/1970, 8 I.

accoglimento, ritenendo il Collegio di dare continuità
all’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass.,
SS.UU.,15 marzo 2016, n. 5072) secondo cui, ai fini
della determinazione del risarcimento dovuto per
l’illegittima instaurazione di rapporti flessibili nell’ambito

incongruo, il riferimento ai criteri risarcitori previsti
dall’art. 18, I. n. 300/1970, viceversa accolti dalla Corte
territoriale, il parametro è dato dall’art. 32, comma 5, I.
n. 183/2010, recante una fattispecie omogenea di danno
presunto con valenza sanzionatoria e qualificabile come
“danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un
massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto
(come perdita di “chance” di un’occupazione alternativa
migliore, con onere della prova a carico del lavoratore, ai
sensi dell’art. 1223 c.c), senza che ne derivi una
posizione di favore del lavoratore privato rispetto al
dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità
forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo,
invece, agevola l’onere probatorio del danno subito.
– che, pertanto, condividendosi la proposta del relatore,
rigettati i primi due motivi, vanno accolti il terzo ed il
quarto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla
Corte d’Appello di Ancona che provvederà in conformità,
disponendo, altresì, per l’attribuzione delle spese del
presente giudizio di legittimità
P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso,
rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla Corte di Appello di Ancona.

Ric. 2015 n. 22078 sez. ML – ud. 05-12-2017
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del pubblico impiego privatizzato, escluso, siccome

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5
dicembre 2017
Il Presidente

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