Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16128 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 03/08/2016), n.16128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26931-2014 proposto da:

DE LEO DURANTE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,

SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1483/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

05/11/2013, depositata il 08/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI, difensore del controricorrente,

che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di appello di Bologna, per quanto qui ancora interessa, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Parma ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da D.L.D. tesa al riconoscimento dei benefici previsti dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 avendo ritenuto fondata l’eccezione di decadenza D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 formulata dall’Inps per essere decorso alla data di presentazione della domanda giudiziaria (il 25.7.2008) il termine di trecento giorni dalla data di presentazione della domanda amministrativa all’Inps (del 19.3.2002) escluso qualsiasi rilievo alla domanda amministrativa presentata il 16.10.2007 successivamente alla maturazione del termine di decadenza. Inoltre ha escluso che sulla decadenza si fosse formato un giudicato interno trattandosi di eccezione rilevabile di ufficio in qualunque stato e grado del procedimento e restando quindi irrilevante che in primo grado fosse stata eccepita solo la decadenza dai ratei maturati nel periodo antecedente il triennio dalla data della domanda amministrativa.

Per la cassazione della sentenza ricorre il D.L. che articola due motivi con i quali denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 434 e 437 c.p.c., art. 2909 c.c. e art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 457, comma 3 e del D.L. n. 103 del 1991, art. 6 conv. in L. n. 166 del 1991 e degli artt. 100, 112, 434 e 437 c.p.c., art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

L’Inps si è difeso con controricorso.

Tanto premesso il ricorso è manifestamente infondato.

A norma del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nel testo di cui al D.L. n. 384 del 1992, art. 4, comma 1 convertito dalla L. n. 438 del 1992 – la mancata proposizione, entro termini computati in riferimento a determinati svolgimenti del procedimento amministrativo, dell’azione giudiziaria diretta al riconoscimento di determinate prestazioni previdenziali, è dettata a protezione dell’interesse pubblico alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti su bilanci pubblici e, di conseguenza, è sottratta alla disponibilità della parte con la conseguenza che tale decadenza è rilevabile d’ ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e quindi è opponibile anche tardivamente dall’istituto previdenziale. (cfr. per tutte Cass. 9.9.2011 n. 18528 e recentemente 1.7.2015 n. 13431). Tale rilevabilità d’ufficio incontra solo il limite del giudicato.

Nel caso in esame non si è formato alcun giudicato sul punto atteso che, come risulta dalla sentenza impugnata, il giudice di primo grado aveva rigettato l’eccezione di decadenza formulata dall’Istituto, seppur con riguardo alla spettanza di ratei della prestazione antecedenti il triennio dalla data di presentazione della domanda e tale statuizione è stata impugnata dall’Inps (cfr. pag. 4 primo capoverso in fine).

In conclusione alla luce delle esposte considerazioni il ricorso, manifestamente infondato, deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo vanno poste a carico della parte soccombente.

La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 2500,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del ciut. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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