Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16127 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16127 Anno 2013
Presidente: SETTIMJ GIOVANNI
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g.28244/11 proposto da:

– Prefettura di Teramo
parte rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la quale è
domiciliata in Roma, via Dei Portoghesi 12.
– Ricorrente Contro

– Guido COSMI ( c.f. CSM GDU 55C28 L3140J
rappresentato e difeso dall’avv. Adriano Cassini, giusta procura a margine del
controricorso, e domiciliato ex lege presso la Cancelleria della Suprema Corte di
Cassazione
-Controricorrente-

avverso la sentenza n. 650/2011 del Tribunale di Teramo- in grado di appello della
decisione del Giudice di Pace- depositata il 9 giugno 2011.
Il Consigliere designato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio
redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis cpc:

A

RA4.(4-44

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Data pubblicazione: 26/06/2013

”1 — Guido Cosmi propose appello innanzi al Tribunale di Teramo avverso la sentenza
n. 447/2009 del Giudice di Pace di quella città, con la quale era stata respinta
l’opposizione all’ingiunzione di pagare euro 260,69 — giusta verbale del 25 settembre
2008- in quanto, essendo proprietario di un veicolo che aveva superato i limiti di velocità,

2008, di fornire le generalità del conducente al momento dell’infrazione

2 — A sostegno dell’appello il Cosmi aveva fatto valere, come già in primo grado, la
pendenza di autonoma opposizione avverso il primo verbale, nel quale appunto era
contenuto l’invito a comunicare i dati del conducente, ed aveva contestato la decisione
del primo giudice che aveva ritenuto l’opposizione alla contestazione della violazione
dell’obbligo di comunicazione, indipendente rispetto all’impugnazione della contestazione
dell’infrazione principale.

3 — Il Tribunale adito ha accolto invece la tesi difensiva del Cosmi, annullando il verbale
di contestazione dell’omessa comunicazione dei dati del conducente, dando atto del
precedente annullamento della contestazione principale ad opera del Giudice di Pace di
Francavilla a Mare.

4 — Il Prefetto, che non si era costituito nel giudizio di secondo grado, ha proposto
ricorso per la cassazione di tale decisione , sulla base di un motivo; ha resistito con
controricorso il Cosmi.

OSSERVA IN DIRITTO

aveva omesso di ottemperare all’invito, contenuto in un precedente verbale del 26 maggio

5 – Il Cosmi ha eccepito la tardività del proposto ricorso in quanto la sentenza resa dal
Tribunale di Teramo è stata notificata al Prefetto, contumace in grado di appello, in data
1° agosto 2011, mentre il ricorso è stato notificato il 15 novembre 2011: trae la
conclusione della tardività del ricorso dalla costante interpretazione di legittimità che,
nell’ipotesi in cui la sentenza sia stata notificata nel periodo feriale, il giorno 16 settembre
debba essere compreso periodo dei sessanta giorni utili per proporre ricorso per
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cassazione ma non ne costituisca il dies a quo che, a mente del disposto dell’art. 155 , I
comma cpc, non computatur in terminQ

6 — L’eccezione è fondata.
6.a – Sin dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4813/1983 , poi

Sezioni Unite n. 3668/1995 — determinando il consolidarsi di un orientamento in seguito
non più sottoposto a revisione critica: vedi Cass. Sez. I n. 13973/2011; Cass. Sez. III n.
7757/2007; Cass. Sez. II n. 688/2006; Cass. Sez. II n. 6635/2000; Cass. Sez. I n.
5739/1999; Cass. Sez. II n. 3579/1999; Cass. Sez III n. 1909/1997) — è stato evidenziato
che la tesi delle pronunce che facevano decorrere il termine utile dal giorno 17 settembre,
si sarebbe fondata sulla distinzione concettuale tra “decorso” del termine e “computo” del
termine: secondo detta interpretazione la legge n. 742/69 si sarebbe occupata solo del
decorso del termine , decorso che ha inizio in ogni caso il 16 settembre. Per il computo
del termine, a norma dell’art. 155 c.p.c., si sarebbe dovuto comunque applicare il
principio dies a quo non computatur, con la conseguenza che sarebbe stato escluso dal
computo il 16, costituente giorno di inizio del decor , o, non del computo, con l’ulteriore
conseguenza di attribuire alla legge n. 742/69 il significato di fare scorrere il dies a quo per
il computo del termine, dalla data in cui sarebbe storicamente avvenuto il fatto cui il
termine fa capo, al primo giorno successivo alla fine del periodo feriale (16 settembre),
come se ciascuno dei giorni compresi dal 1 agosto al 15 settembre non fosse idoneo per il
verificarsi di quel fatto e non potesse contare come dies a quo., così determinandosi
l’effetto, a differenza di tutte le altre ipotesi di sospensione, di aggiungere un giorno al
periodo di sospensione per ferie.

6.b — Per contro, le sopra indicate sentenze delle Sezioni Unite — con speciale riguardo
alla seconda- hanno messo in rilievo l’inaccettabilità di detta tesi, sottolineando che la
funzione del principio dies a quo non computatur in termine, attiene all’esigenza di dare rilievo
(quando il termine è a giorni), a giorni interi, trascurando le frazioni di giorno relative al

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confermata in sede di risoluzione di rinnovato contrasto da analogo arresto delle stesse

momento in cui si sia verificato l’atto che costituisce il punto di riferimento del termine,
nonché l’effetto giuridico di quell’atto. Sarebbe, pertanto, contrario alla ratio dell’art. 155
c.p.c. lasciare fuori dal computo un giorno intero (il 16 settembre) in cui l’atto di
riferimento non si è verificato, giorno che si aggiungerebbe illogicamente a quelli interi

viene computato nel termine, secondo il principio dell’art. 155 c.p.c., è il giorno (con
riferimento specifico alle impugnazioni) in cui si è verificato un atto avente un
determinato effetto giuridico. Nel caso in cui quell’atto si realizzi nel periodo feriale, esso
rimane pienamente valido ed efficace nella sua interezza, atteso che il differimento
coinvolge soltanto il decorso del termine che in quell’atto abbia il punto temporale di
riferimento. Non vi è preclusione, in definitiva, a che il dies a quo, da non computare nel
termine, sia individuabile nello stesso giorno in cui l’atto abbia manifestato i suoi effetti, e
rimanga detta individuazione ancorché l’atto stesso sia caduto in periodo feriale ( così
Cass. S.U. n. 3668/1995 citata)

7

Si formula pertanto la proposta di dichiarare l’inammissibilità del ricorso, in quanto

notificato il sessantunesimo giorno dalla notifica della sentenza”

8 La surriferita relazione è stata comunicata al Procuratore Generale ed è stata notificata

alle parti.

9 Ritiene il Collegio di poter aderire alle conclusioni esposte nella relazione, non avendo

la Prefettura ricorrente svolto attività difensiva, successiva al deposito della predetta
relazione, diretta a contrastarne le argomentazioni, del resto in linea della surriferita
giurisprudenza di legittimità
10 — Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e la parte ricorrente condannata al
pagamento delle spese, come indicato nel dispositivo

P.Q.M.

La Corte di Cassazione

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del termine, allungandolo senza alcuna logica giustificazione. Inoltre, il giorno che non

Dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese
che liquida in euro 2.600,00 di cui euro 100,00 per esborsi
Così deciso in Roma il 12/04/2013, nella camera di consiglio della VI sezione della

Suprema Corte di Cassazione.

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