Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16126 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16126 Anno 2013
Presidente: SETTIMJ GIOVANNI
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 18278/11 proposto da:

Ufficio Territoriale del Governo

già Prefettura

di Trapani ( c.f. 80224030587)

In persona del legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato e domiciliata presso gli uffici della medesima in Roma, via Dei
Portoghesi n.12
– Ricorrente –

contro
Pietro PAVIA (c.f. P VA PTR 42D18 G315G)
rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Randazzo ed elettivamente domiciliato presso la
dr.ssa Luana Policardo ( Studio Legale Taglioretti-Farese-Cicerchia-Capua) in roma, via
Giovanni Nicotera n.24
– Controricorrente-

avverso la sentenza n. 1288/10 della Corte di Appello di Palermo, depositata il 29
settembre 2010 e non notificata.

1

Data pubblicazione: 26/06/2013

Il Consigliere designato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio
redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis cpc:

“1 – Pietro Pavia propose, con ricorso depositato il 27 luglio 2005 presso il Tribunale di
Marsala, opposizione avverso l’ordinanza del 7 luglio 2005 del Prefetto di Trapani che gli

violazione dell’art. 29 della legge n. 164/1992 per aver dichiarato, nella denunzia di
produzione delle uve relativa all’annata 1995, quantitativi superiori a quelli effettivamente
prodotti.

2 – A sostegno dell’opposizione fu dedotta, tra l’altro, la nullità del provvedimento per
esser stata notificata la presunta violazione il 7 agosto 2000, vale a dire oltre i novanta
giorni dall’accertamento — secondo quanto disposto dall’art. 14, II comma, legge
689/1981- che, ad avviso del ricorrente, doveva porsi o al gennaio del 2000 — allorchè la
Guardia di Finanza, che aveva accertato la violazione, aveva terminato le indagini- o
addirittura al 3 dicembre 1998, allorchè esso ricorrente era stato sentito dai militari, con
ciò rimanendo edotto della condotta ascrittagli.

3 – Il Tribunale accolse l’opposizione, condividendone le argomentazioni a sostegno.
4 – La Corte di Appello di Palermo respinse il gTavame della Prefettura — Ufficio
Territoriale del Governo- aderendo alla interpretazione del giudice di primo grado;
sottolineò altresì la insussistenza di una pregiudizialità legale o logica del procedimento
penale rispetto a quello amministrativo al di fuori di un’accertata connessione obiettiva
con un reato ( art. 24 L. 689/1981) e, per altro verso, la non applicabilità alla fattispecie
del disposto dell’art. 14, III comma, della legge 689/1981 , atteso che detta norma aveva
riguardo al caso in cui l’originaria fattispecie penale fosse stata “depenalizzata” o,
comunque, allorch è l’Autorità Amministrativa n, )11 avesse avuto una precedente
conoscenza dell’infrazione ma ne avesse ricevuto notizia da altra Autorità

aveva ingiunto di pagare € 39.777,46, quale sanzione amministrativa derivante dalla

5 – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’Ufficio Territoriale del
Governo, sulla base di un unico ed articolato motivo; il Pavia ha resistito con
controricorso.
6 — La ricorrente Prefettura denunzia la violazione e falsa applicazione del combinato

disciplina sulle denominazioni d’origine”) relativo al regime sanzionatorio discendente
dall’omessa denunzia nei casi previsti dal predetto testo normativo- e dell’art. 14 L. 24
novembre 1981 n. 689 — in merito al momento di decorrenza dell’obbligo di
contestazione dell’infrazione amministrativa- messo in relazione alla funzione ancillare
della Polizia Giudiziaria rispetto al Pubblico Ministero nell’ambito delle indagini
preliminari — art. 327 cpp — ed all’obbligo di serbare il segreto sull’attività di indagine,
pendendo tale fase processuale — art. 329, I comma, cpp — nella prospettiva dei vizi
illustrati dall’art. 360, I comma nn 3 e 5 cpc.
7 — Sostiene al riguardo parte ricorrente la erroneità della interpretazione adottata dalla
Corte di Appello, che non avrebbe considerato che prima del rilascio del c.d. nulla osta da
parte dell’Autorità Giudiziaria, e perdurando lo stato di indagini preliminari, non sarebbe
stata possibile la ostensione degli atti posti a base della contestazione dell’illecito
amministrativo; sottolinea altresì che prima delia concessione dell’autorizzazione
all’utilizzo degli stessi, sarebbe rimasta in predicato la possibilità che l’illecito
amministrativo concretizzasse, ad un tempo, una fattispecie di rilevanza penale, con il
conseguente assorbimento delle competenze sanzionatorie da parte del giudice penale;
assume inoltre che il giudice dell’impugnazione avrebbe dovuto anche tener conto della
particolare articolazione istruttoria della fattispecie, per trarne argomento di valutazione
negativa in merito alla divisata collocazione del dies a quo per la contestazione della
infrazione.
8 — E’ convincimento del relatore che il ricorso non possa dirsi fondato.

Aott.«1«,<4 3 disposto dell'art. 29, II comma della legge 10 febbraio 1992 n. 164 ( titolata "Nuova 8.a — Mina invero alla radice la tenuta logica del ragionamento trasfuso nel motivo in esame la constatazione dell'assoluta genericità della descrizione del fatto, di tal chè non è dato di effettuare un qualunque scrutinio in merito allo stato dell'accertamento al momento della trasmissione degli atti alla Procura e, quindi, delibare la valutazione che la accompagnarsi ad altro profilo di rilevanza penale o fosse solo ad esso connessa- ; neppure è esposto il contenuto del c.d. nulla osta da parte del Pubblico Ministero — se dunque esso avesse escluso la divisata rilevanza anche penale dell'illecito amministrativo già perfetto nella sua descrizione fattuale o se ne avesse del tutto prescisso per mancanza della ritenuta connessione con altra fattispecie penalmente rilevante8.b — Tale difettosa allegazione non consente quindi né di calibrare lo scrutinio che si chiede alla Corte in merito alla complessità dell'indagine -mettendo in rapporto gli esiti dei già svolti accertamenti amministrativi con quelli successivamente suggeriti con la trasmissione degli atti alla competente Procura- al fine di far emergere la congruità e la ragionevolezza del ritardo nella contestazione ( v. sul punto Cass. Sez L. 1249/2011; Cass. Sez I n 13862/2002), né di applicare quel filone interpretativo di legittimità che, valorizzando ipotesi non esplicitamente disciplinate di accessorietà tra giudizio amministrativo e procedimento penale ( al di fuori dunque di quanto stabilito dall'art. 24 L. 689/1981) statuisce che, "qualora elementi di prova di un illecito amministrativo emergano dagli atti relativi alle indagini penali, il termine stabilito dall'art. 14 della citata legge per la notificazione della contestazione, decorre dalla ricezione degli atti trasmessi dall'autorità giudiziaria all'autorità amministrativa, posto che, qualora fosse consentito agli agenti accertatoti di contestare immediatamente all'indagato la violazione amministrativa, l'autorità giudiziaria non sarebbe messa in condizione di valutare se ricorra o meno la vis altractiva della fattispecie penale e, nel contempo, sarebbe frustrato il segreto istruttorio Guardia di Finanza operò della fattispecie — se, in altri termini, ritenesse che essa potesse imposto dall'art. 329 cpp" ( così Cass. Sez. II n. 23477/2009 cui adde Cass. Sez II n. 7754/2010). 8.c — La scelta interpretativa dunque operata dal giudice del merito appare non di questa Corte che riserva l'applicabilità dell'art. 14, II comma L. 689/1981 ai casi in cui non vi sia stato un previo accertamento amministrativo prima della trasmissione -e conseguente "restituzione"- degli atti da parte dell'Autorità penale ( arg da Cass. Sez.II n. 10535/2007; Cass. Sez. II n. 8650/2006; Cass. Sez. L n. 5921/2005)" 8 - La surriferita relazione è stata comunicata al Procuratore Generale ed è stata notificata alle parti. 9 — Ritiene il Collegio di aderire alle conclusioni esposte nella relazione, che sono in linea con la giurisprudenza della Corte colà citata; non sono state depositate memorie né l'Avvocatura ricorrente ha partecipato all'adunanza del 12 aprile 2013 al fine di apportare eventuali argomenti critici al contenuto della relazione medesima 10- Il ricorso pertanto va respinto e parte ricorrente condannata al pagamento delle spese, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte di Cassazione Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in curo 2.700,00 di cui curo 200,00 per esborsi. Così deciso in Roma il 12/04/2013, nella camera di consiglio della VI sezione della Suprema Corte di Cassazione. sindacabile in questa sede e. in ogni caso, corrispondente ad un consolidato orientamento

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