Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16125 del 03/08/2016
Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 03/08/2016), n.16125
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10223-2014 proposto da:
T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTESANTO
68, presso lo studio dell’Avvocato CLAUDIO FERRAZZA, che lo
rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
e contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’Avvocatura
Centrale dell’ Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati SGROI
ANTONINO, MARITATO LELIO, D’ALOISO CARIA, DE ROSE EMANUELE, INCITANO
GIUSEPPE, giusta procura speciale;
– resistente –
avverso la sentenza n. 160/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del
27/02/2014, depositata il 27/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/06/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato MATANO GIUSEPPE, difensore del controricorrente, il
quale si riporta ai motivi.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte di appello di l’Aquila ha accolto il gravame dell’Inps e, in parziale riforma della sentenza di primo grado ha condannato T.A. al pagamento delle spese di primo grado osservando che la circostanza che non fosse stata accolta la domanda di condanna al risarcimento del danno per responsabilità aggravata non fosse di per sè sufficiente a giustificare la compensazione delle spese. Per la cassazione della sentenza ricorre la T. e denuncia la nullità della sentenza per avere pronunciato su una questione – il risarcimento del danno per responsabilità aggravata – che non era oggetto del giudizio.
Con il secondo motivo di ricorso, poi, si duole dell’avvenuta violazione delle tabelle nella liquidazione delle spese di primo grado.
La prima censura è manifestamente infondata atteso che non si ravvisa alcun vizio di ultra petizione nella pronuncia della Corte di appello che si è limitata ad affermare che la compensazione delle spese non poteva essere giustificata dal mancato accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno per lite temeraria.
In tal modo la Corte ha ritenuto che il regolamento delle spese dovesse essere effettuato tenendo conto dell’oggetto della domanda (accertamento della nullità dell’atto di precetto).
Anche il secondo motivo di ricorso non può trovare accoglimento in quanto “in tema di spese processuali, è inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti alla generica denuncia dell’avvenuta violazione del principio di inderogabilità della tariffa professionale per l’importanza del giudizio presupposto e per la complessità delle questioni giuridiche trattate, atteso che, in applicazione del principio di autosufficienza, devono essere specificati gli errori commessi dal giudice e precisate le voci della tabella degli onorari e dei diritti che si ritengono violate.” (cfr recentemente Cass. n.18190 del 2015).
In conclusione il ricorso, manifestamente infondato deve essere rigettato e le spese liquidate in dispositivo poste a carico della parte soccombente.
La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).
PQM
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 2000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016