Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16123 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 16/05/2017, dep.28/06/2017),  n. 16123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26811-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BELLATRIX SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE GIULIO CESARE

71, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CANFORA, rappresentata e

difesa dall’avvocato LETTERIO ARENA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 125/2011 della COMM.TRIB.REG. della Sicilia

SEZ. DIST. di MESSINA, depositata il 10/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/05/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione su un motivo avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Messina, indicata in epigrafe, con la quale veniva annullata la ripresa per costi ritenuti non di competenza dell’anno di esercizio per l’importo di Euro 110.309,20, trasfusa nell’avviso di accertamento per IRPEG ed IRAP 2003 emesso nei confronti della società Bellatrix SRL, in riforma della prima decisione.

2. Il secondo giudice, dopo aver osservato che l’Ufficio aveva contestato la imputazione temporale delle quote di costo che, in base al principio di competenza, erano state ritenute indeducibili, ha affermato che il comportamento della contribuente non aveva attuato una evasione fiscale, ma una “traslazione dell’imposizione” nel tentativo di avvicinare ed unificare i distinti momenti della “competenza” e della “cassa”.

Quindi, pur avendo ribadito che la parte privata, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74 non poteva scegliere arbitrariamente di contabilizzare i costi nel periodo più favorevole, ha sostenuto che l’Ufficio avrebbe dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, comma 6, considerare anche le annualità precedenti o successive, tenendo conto di quanto del complessivo importo era stato fatturato o contabilizzato sul presupposto che i costi in oggetto sarebbero stati deducibili in altri esercizi e, avendo rilevato che l’Ufficio non aveva proceduto ad una precisa quantificazione, ha annullato la ripresa, ritenendo che non si era verificato un risparmio di imposta patologico e che la contribuente aveva posto in essere una pianificazione fiscale non vietata.

3. La società si è costituita con controricorso.

4. Il ricorso è stato fissato dinanzi all’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 in relazione al principio di autonomia dei singoli periodi di imposta, nonchè la contestuale falsa applicazione dell’art. 76, D.P.R. cit. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

A parere della ricorrente la decisione impugnata è errata perchè non rispetta il principio secondo il quale il contribuente non può derogare al criterio tassativo di competenza, secondo il quale i costi d’esercizio sono correlati ai ricavi d’esercizio a cui sono connessi ed il richiamo all’art. 76, comma 6, del T.U.I.R., non era pertinente poichè tale disposizione concerneva solo la valutazione del costo e non l’imputazione e, comunque, la parte avrebbe potuto chiedere a rimborso l’eccedenza di imposta eventualmente versata.

2. Il motivo è inammissibile e va respinto.

La ricorrente invoca nel caso in esame l’applicazione dell’art. 75 del T.U.I.R.: va rilevato tuttavia, come si evince dalla sentenza, dal ricorso stesso e dal controricorso, che le riprese confluite nel rilievo oggetto del presente giudizio, riguardavano spese relative a più esercizi.

Tale circostanza, in particolare, è espressamente considerata dalla CTR che in più passaggi fa riferimento alla ripartizione delle spese per quote su più esercizi, richiamando proprio la corrispondente disposizione normativa, e cioè l’art. 74 del T.U.I.R..

3. Al contrario la censura invoca l’applicazione dell’art. 75 del T.U.I.R., il quale espressamente prevede al comma 1 (nel testo vigente ratione temporis) che “1. I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme del presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”, ma trascura di illustrare le ragioni per cui proprio questa norma avrebbe dovuto essere applicata alla fattispecie in esame, riguardante spese relative a più esercizi, e non la precedente norma (art. 74 del T.U.I.R.), di guisa che risulta non pertinente con la ratio decidendi espressa, oltre che priva di autosufficienza in merito alle ragioni della riconduzione della fattispecie concreta alla fattispecie astratta proposta.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso;

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di Euro 4.500,00=, oltre spese generali determinate forfettarie al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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