Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16123 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16123 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

ORDINANZA
sul ricorso 9559-2011 proposto da:
IMMOBILIARE 2M SRL IN LIQUIDAZIONE 07532390585, in
persona del liquidatore e legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 16, presso lo studio
dell’avvocato FORTUNA FRANCESCO SAVERIO, che la
rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
CONDOMINIO di VIA AuDA 35/37 MONTEROTONDO
80270610589, in persona dell’Amministratore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 114/B,
presso lo studio dell’avvocato PUCCI GIUSEPPE, che lo rappresenta
e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 26/06/2013

- controrkorrente nonchè contro
LANDI ANNA MARIA LNDNMR42M63D843R, SATIRIO
GIOVANNI STRGNN37T26I676M;

avverso la sentenza n. 3314/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 7/07/2009, depositata 1’01/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato Pucci Giuseppe difensore del controricorrente che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che
nulla osserva.

Ric. 2011 n. 09559 sez. M2 – url 14-02-2013
-2-

1,

– intimati –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I. – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha
depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380-bis e 375 c.p.c.:

“1. – Con sentenza n.3314/10 dell ‘1.9.2010 la Corte d’appello di Roma, in

Roma, condannava l’Immobiliare 2M s.r.l., costruttrice di un fabbricato
elevato su più piani, a pagare al vicino condominio di via Adda, 35-37,
Monterotondo, e per la relativa quota anche al condomino Giovanni Sanno,
la somma di e 15.000,00 a titolo di risarcimento del danno per la violazione
delle prescrizioni di cui alla concessione edilizia (tamponamento dell’ultimo
piano, con conseguente aumento di volumetria e aggravamento di servitù di
veduta, con perdita di aria e luce), nonché ad arretrare le terrazze sovrastanti
il pilastro P3 fino a raggiungere la distanza di m.5 dal confine.
1.1. – Riteneva, in particolare, la Corte capitolina che di tali terrazze
dovesse tenersi conto ai fini del computo della distanza legale, poiché in base
al regolamento edilizio del comune di Monterotondo il dislacco della
costruzione dal confine era dato dalla distanza tra la proiezione del
fabbricato, misurato nei punti di massima sporgenza, e la linea di confine.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’Immobiliare 2M s.r.l. in
liquidazione, formulando due mezzi d’annullamento.
2.1. – Resiste con controricorso il condominio di via Adda, 35-37,
Monterotondo.
2.2. – Il ricorso è stato notificato ad Anna Maria Landi, erede di Giovanni
Satirio, la quale non ha svolto attività difensiva.

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parziale riforma della decisione di primo grado emessa dal Tribunale di

3. – Col primo motivo d’impugnazione è denunciata, in relazione
all’art.360, n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione delle NTA del PRG e
del regolamento edilizio del comune di Monterotondo e degli artt. 871, 872 e
873 c. c. Sostiene parte ricorrente che ai sensi delle lett. f) e g) dell ‘art.8 delle

rispettivamente, dalla distanza tra pareti antistanti i fabbricati o i corpi di
fabbrica di essi, misurata nei punti di massima sporgenza della superficie
coperta, e tra 2- punto di massima sporgenza della superficie coperta del
fabbricato e il confine; e che la lett. b) del medesimo articolo definisce la
superficie coperta quella risultante dalla proiezione sul piano orizzontale di
tutte le superfici lorde dell ‘edificio, comprensive dei porticati, dei vani scale e
dei vani ascensore, dei volumi aggettanti e delle tettoie, pensiline, logge,
balconi e scale a giorno con aggetti lineari superiori a m.1,50. Deduce,
quindi, che nella specie, come rilevato dal c.t.u. nominato in primo grado, le
terrazze degli appartamenti prospicienti il fabbricato, solidali con il solaio di
interpiano, hanno un aggetto verso l’edificio del vicino condominio di m.1,18.
Conseguentemente, tenuto conto che la distanza fra dette terrazze e il confine
è di m.3,84, il distacco, non dovendosi calcolare le sporgenze delle terrazze, è
sia pur di poco superiore ai m.5 prescritti dalla normativa regolumentare.
3.1. – Il motivo è, con le considerazioni aggiuntive che seguono, fondato.
3.1.1. – Preliminarmente, deve osservarsi che I ‘eccezione, contenuta nel
controricorso, che lamenta come nuova l ‘allegazione delle norme
regolamentari locali violate, non ha pregio. Infatti, secondo la più recente (e
prevalente) giurisprudenza di questa Corte, cui conviene dare continuità, le
prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti
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nuove NTA la distanza minima tra fabbricati e tra questi e il confine, è data,

comunali edili:- zhe disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con
riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto,
valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché il giudice,
in virtù del principio iura novit curia, deve acquisirne diretta conoscenza

14446/10, 17692/09 e 2563/09; contra, Cass. nn. 13336/06 e 7257/02).
3.1.2. – Ciò chiarito, è ben vero che, in tema di distanze legali tra edifici,
mentre non sono a tal fine computabili le sporgenze estreme del fabbricato
che abbiano una funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria
di limitata entità, come le mensole, i cornicioni, le grondaie e simili,
rientrano nel concetto civilistico di costruzione le parti dell’edificio, quali
scale, terrazze e corpi avanzati che, seppure non corrispondono a volumi
abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del
fabbricato; e che, agli effetti dell’art. 873 c. c., la nozione di costruzione, che è
stabilita dalla legge statale, è unica, e non può essere derogata, sia pure al
limitato fine del computo delle distanze, dalla normativa secondaria, giacché
il rinvio contenuto nella seconda parte dell’art. 873 c.c., è limitato alla sola
facoltà per i regolamenti locali di stabilire una distanza maggiore (tra edifici
o dal confine) rispetto a quella codicistica (v. Cass. n. 1556/05). Ma è
altrettanto vero che il limite imposto 873 c. c. ai regolamenti locali in
tema di distanze tra costruzioni è che in nessun caso questi possono stabilire
distanze inferiori a tre metri. Ne consegue che, ove detto limite non sia stato
violato, i regolamenti locali, nello stabilire distanze maggiori, possono anche
determinare punti di riferimento, per la misurazione delle distanze, diversi da
quelli indicati dal codice civile, escludendo taluni elementi della costruzione
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d’ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte (Cass. n.

dal calcolo delle più ampie distanze previste in sede regolamentare (Cass. nn.
19554/09, 4819/98 e 6351/90).
3.1.1. – Nello specifico, posto che il regolamento del comune di
Monterotondo prescrive una distanza minima di m.5 della costruzione

che non debba tenersi conto, ai fini del computo, dei balconi aventi un
aggetto non superiore a m.1,50, il risultato che la normativa secondaria
assicura in ogni caso — vale a dire anche nell’ipotesi in cui non debba
calcolarsi la sporgenza di balconi, in quanto inferiore al suddetto limite — è
un distacco minimo di m. 3,50, dal confine, superiore a quello fissato in
maniera inderogabile dall’art.873 c. c. tra fabbricati.
Di qui la legittimità della disciplina regolamentare, che la Corte d’appello
ha, invece, sostanzialmente disapplicato
3.1.2. – Nella fattispecie, poiché i balconi in questione hanno un aggetto di
m.1,18, come tale non calcolabile secondo le NTA, e tra questi ultimi e il
confine il distacco è di m.3,84, deve ritenersi rispettata la distanza di m.5
(m.1,18 + m.3,84 = m.5,02) del fabbricato dal confine, così come stabilita a
livello di normativa secondaria.
4. – Con il secondo motivo è dedotta, in relazione all’art.360, nn.4 e 5
c.p.c., la nullità della sentenza e il vizio di omessa pronuncia su di un fatto
controverso principale, costituito dall’avvenuta rimozione della tamponatura
del quarto ed ultimo piano dell’edificio della Immobiliare 2m, in
ottemperanza all’ordine di demolizione delle opere eseguite in difformità
delle concessione edilizia. La Corte d’appello, sostiene parte ricorrente, non
ha preso in considerazione tale eccezione, adeguatamente supportata dalle
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rispetto al confine, e che le NTA di cui è denunciata la violazion , «abiliscono

fotografie prodotte dallo stesso condominio appellato, né ha rimesso la causa
sul ruolo “per acquisire in istruttoria la documentazione attestante la
circostanza della rimozione della tamponatura, quale la sentenza del
Consiglio di Stato n.18.11.2004 n. 7547 e l’ordine di demolizione del Comune

rimozione è avvenuta successivam all’udienza di precisazione delle
conclusioni del 13.7.2005, motivo per cui l’appellante Immobiliare 2M non
avrebbe potuto in ogni caso attestare la circostanza. E ad ogni modo la Corte
d’appello avrebbe dovuto decidere e motivare in ordine all’ammissibilità
della produzione relativa alla sopravvenuta demolizione della tamponatura.
4.1. – Il motivo è manifestamente infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la comparsa
conclusionale e, a maggior ragione, la memoria di replica, hanno la sola
funzione di illustrare le domande ed eccezioni già ritualmente proposte e non
possono contenerne di nuove che costituiscano un ampliamento del thema
decidendum, sirehé il giudice non incorre nel vizio di omessa pronunzia ove
non esamini una questione proposta per la prima volta in tale comparsa o
memoria (Cass. nn. 13165/04, 3234/87 e 3702/80; analogamente, Cass. nn.
6748/05, 22970/04, 6858/04, 11175/02, 1074/00, 11/98 e 45/86).
5. – Per quanto considerato, si propone la decisione del ricorso con
ordinanza, nei sensi di cui sopra, a termini dell ‘art. 375, n.5 c.p.c.”.
II. – Vista la memoria depositata da parte controricorrente, la Corte non
condivide la relazione in ordine al primo motivo di ricorso.
In tema di distanze tra costruzioni su fondi finitimi, ai sensi dell’articolo
873 cod. civ., con riferimento alla determinazione del relativo calcolo, poiché
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di Monterotondo del 31.1.2005″. Peraltro, prosegue parte ricorrente, la

il balcone, estendendo in superficie il volume edificatorio, costituisce corpo di
fabbrica, e poiché l’articolo 9 del d.m. 2 aprile 1968 – applicabile alla
fattispecie, disciplinata dalla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, come
modificata dalla legge 6 agosto 1967 n. 765 – stabilisce la distanza minima di

stabilisca un criterio di misurazione della distanza tra edifici che non tenga
conto dell’estensione del balcone, è contra legem in quanto, sottraendo dal
calcolo della distanza l’estensione del balcone, viene a determinare una
distanza tra fabbricati inferiore a mt. :3, violando il distacco voluto dalla cd.
legge ponte (legge 6 agosto 1967 n. 765, che, con l’articolo 17, ha aggiunto
alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 l’articolo 41 quinquies, il cui
comma non fa rinvio al d.m. 2 aprile 1968, che all’articolo 9, numero 2, ha
prescritto il predetto limite di mt. 10). (Cass. n. 17089/06).
In applicazione del suddetto principio, deve disapplicarsi la contraria
norma del regolamento comunale, che rispetta l’art. 873 c.c. ma contrasta con
la previsione inderogabile dell’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968.
III. – Va invece condivisa la relazione quanto al secondo motivo, rispetto al
quale né la parte ricorrente, né il Procuratore generale hanno osservato
alcunché.
IV. – Conclusivamente il ricorso va respinto.
V. – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo, a carico del
ricorrente.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in
2.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.
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mt. 10 tra pareti finestrate e pareti antistanti, un regolamento edilizio che

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile –

2 della Corte Si.irrema di Cassazione, il 14.2.2013.

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