Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16122 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 16/05/2017, dep.28/06/2017),  n. 16122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13137-2011 proposto da:

LOGISTICARE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA FABIO MASSIMO

107, presso lo studio dell’avvocato IDA PALANGE, rappresentata e

difesa dagli avvocati PIETRO COLUCCI, ANGELO WALTER CIMA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 36/2011 della COMM.TRIB.REG. del Molise,

depositata il 28/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/05/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La società Logisticare SRL (già denominata Pistilli Paolo e Figlio SRL) propone ricorso per cassazione fondato su tre motivi avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Molise, in epigrafe indicata, che in parziale riforma della decisione di primo grado, ha confermato integralmente l’avviso di accertamento per IVA relativo all’anno di imposta 2003, relativo a molteplici rilievi.

2. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.

3. Il ricorso è stato fissato dinanzi all’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Primo motivo – Violazione dell’art. 2724 cod. civ. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il motivo concerne la contestazione per fatturazione di operazioni non imponibili in assenza della prescritta comunicazione di intenti, con riferimento alla quale la contribuente, deducendo di avere subito il furto della documentazione contabile poco prima della verifica fiscale, e di essersi trovata nell’impossibilità di produrre parte della documentazione, aveva chiesto di provare per testimoni la regolarità delle operazioni.

La ricorrente si duole che la CTR abbia ritenuto inammissibile la prova testimoniale nel processo tributario e richiama giurisprudenza circa l’ammissibilità di questo mezzo di prova nel caso in cui il contribuente dimostri di trovarsi nell’impossibilità di produrre la documentazione, in ragione dell’avvenuto furto e di non essere stato in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori.

1.2. Il motivo è inammissibile e va respinto.

1.3. Invero la CTR, con accertamento in fatto non censurato, ha ritenuto che non ricorrevano le condizioni per accedere alla richiesta, rilevando, segnatamente: che la sottrazione documentale, ancorchè dovuta ad un fatto incolpevole, non era preclusiva della ricostruzione della contabilità, giacchè riguardava fatture in custodia anche a soggetti diversi da quello che aveva subito il furto, circostanza che avrebbe consentito alla parte di munirsi di prove documentali; che la richiesta era stata avanzata tardivamente all’udienza di discussione; che era stata dedotta irritualmente senza l’indicazione dei testi e senza essere articolata in capitoli separati.

La doglianza, pertanto, non intercetta la complessiva ratio decidendi espressa dalla Commissione ed è inammissibile.

2.1. Secondo motivo – Violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 19 bis, 52 e art. 55, comma 2 e dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

A parere della ricorrente la CTR ha errato nel ritenere preclusa la possibilità di depositare la copia della documentazione contabile nel corso del giudizio, nonostante la perdita fosse da ascrivere ad un furto, sulla considerazione che, non essendo stata consegnata ai verbalizzanti, aveva ostacolato la verifica.

2.2. Il motivo è inammissibile per la assoluta genericità della prospettazione, che manca di puntuali riferimenti alla documentazione oggetto della doglianza, e perchè sostanzialmente sollecita una rivalutazione dei fatti in termini conformi alle aspettative della parte e non censura quanto accertato in fatto dalla CTR.

2.3. Invero la CTR ha motivato con accertamento in fatto, non censurato sul piano motivazionale, ed ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per escludere l’effetto preclusivo ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, sulla utilizzabilità della documentazione a discarico prodotta dalla parte privata solo con il ricorso introduttivo del giudizio, sulla considerazione che tale documentazione era recuperabile e che la società verificata, avendo procrastinato a dopo la conclusione della verifica l’inizio della ricostruzione della contabilità, anzichè anticiparla nel periodo intercorrente tra il furto e l’ispezione “di fatto e consapevolmente sottraeva al controllo dei verificatori le fatture di acquisto, donde la loro inutilizzabilità ai fini della deducibilità dei costi” (fol. quinto della sent. imp.).

Su questi elementi di fatto, sui quali la Commissione ha fondato la sua decisione, nulla è detto nel motivo che si palesa perciò inammissibile.

3.1. Terzo motivo – Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d) (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). La parte privata sostiene di avere provato la veridicità delle operazioni mediante la successiva produzione documentale delle fatture e dei mezzi di pagamento, chiarendone le ragioni economiche e si duole del ragionamento della CTR fondato sulla mancanza di tracce reali delle aziende indicate sulle fatture e della mancanza di locali idonei per il deposito merci, trascurando di considerare che le stesse avevano cessato l’attività.

3.2. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

3.3. Premesso che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, con principio che si intende riconfermare, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (Cass. n. 428/2015), va rilevato che a tale principio la CTR si è attenuta ravvisando i sufficienti indizi ed ha escluso l’assolvimento dell’onere probatorio contrario da parte della contribuente.

3.4. Quanto alla doglianza motivazionale va rimarcata la evidente carenza di autosufficienza del motivo.

Invero, le prospettazioni di parte circa la cessazione dell’attività delle ditte coinvolte nelle operazioni in contestazione non sono accompagnate da alcuna trascrizione degli atti di causa, necessaria a comprendere la tempestiva introduzione della questione nel giudizio, l’assolvimento del relativo onere probatorio, oltre che a valutarne la decisività.

4.1. In conclusione, il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi; non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva della controparte.

PQM

 

– rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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