Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16121 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16121 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

ORDINANZA
sul ricorso 7058-2011 proposto da:
ARTAL SS 96658060015, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 2, presso lo
studio dell’avvocato CIUTI DANIELE, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CARDONE MICHELE giusta procura
speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
GIANNA 20 SS 84500080019, in persona dell’amministratore e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEGLI SCIPIONI 267, presso lo studio dell’avvocato SAVINI
ZANGRANDI LUCA, che la rappresenta e difende unitamente

Data pubblicazione: 26/06/2013

all’avvocato DURANDO EUGENIO giusta procura speciale in calce
al controricorso;

– controrkorrenti avverso la sentenza n. 1004/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato Ciuti Daniele difensore della ricorrente che si riporta
agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che
nulla osserva.

Ric. 2011 n. 07058 sez. M2 – ud. 14-02-2013
-2-

I

TORINO d2! 28/05/2010, depositata il 23/06/2010;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I. – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha

“1. – La società Gianna 20 s.s., proprietaria di un terreno con entrostante
fabbricato in Moncalieri, agiva innanzi alla locale sezione distaccata del
Tribunale di Torino per l’abbattimento di una tettoia che la Artal s.s.,
proprietaria del fondo vicino, aveva realizzato, in violazione delle NTA del
PRG comunale, a pochi centimetri dal confine e per un’altezza di oltre quattro
metri.
La società convenuta resisteva in giudizio e proponeva, altresì, domanda
riconvenzionale diretta ad accertare l’usucapione del diritto di mantenere la
tettoia, preesistendo ad essa un gazebo metallico.
1.1. – Il Tribunale accoglieva la domanda principale, rigava quella
riconvenzionale e condannava la Artal s.s. a demolire parte della tettoia.
1.2. – L’impugnazione proposta dalla società convenuta era respinta dalla
Corte d’appello di Torino, con sentenza n.1004/10 del 23.6.2010. La Corte
territoriale osservava, per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità,
che le misurazioni effettuate dai tecnici comunali in occasione del rilascio
della concessione in sanatoria, differivano di pochi centimetri da quelle del
c.t.u., confermate invece nella loro esattezza dai rilievi in scala e in quota, che
i rispettivi c.t.p. non avevano contestato. Pertanto, essendo l’altezza in gronda
della tettoia pari a m.4,10 verso il confine con la proprietà Gianna 20 s.s.,
restava escluso che detto manufatto potesse qualificarsi “basso fabbricato” ai
fini dell’esonero dall’osservanza delle NTA, la cui violazione, trattandosi di
disposizioni integrative del codice civile, consentiva ai sensi dell’art.872 c.c.
la tutela ripristinatoria. Sempre sulla base della relazione del c.t.u. e dei rilievi
fotografici, la Corte subalpina riteneva che il gazebo preesistente in luogo
della tettoia ne differisse radicalmente per tipologia e dimensioni, per cui su di
esso non poteva fondarsi la domanda riconvenzionale di usucapione.
2. – Avverse -tale sentenza la Artal s.s. propone ricorso per cassazione,
affidato a tre motivi.
2.1. – Resiste con controricorso la Gianna s.s.
3. – Il primo motivo d’impugnazione denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt.872 e 873 c.c. in riferimento all’art.22 delle NTA del
PRG del comune di Moncalieri, norma, quest’ultima, di cui si nega il carattere
integrativo del c.c., in quanto disciplina la distanza delle costruzioni rispetto
al confine, e non riguardo al fabbricato posto sul fondo finitimo. Di
conseguenza, la violazione di tale disposizione regolamentare comporterebbe
unicamente la tutela risarcitoria, inapplicabile la rimessione in pristino atteso
che la tettoia in oggetto non fronteggia l’edificio di proprietà della Gianna s.s.
3.1. – Il motivo è infondato.
E’ del tutto fermo e consolidato l’indirizzo di questa Corte, in base al quale
le norme degli strumenti urbanistici che prescrivono le distanze nelle
costruzioni, o come spazio tra le medesime, o come distacco dal confine, o in
rapporto con l’altezza delle stesse, ancorché inserite in un contesto normativo
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depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380-bis e 375 c.p.c.:

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volto a tutelare il paesaggio o a regolare l’assetto del territorio, conservano il
carattere integrativo delle norme del codice civile perché tendono a
disciplinare i rapporti di vicinato e ad assicurare in modo equo l’utilizzazione
edilizia dei suoli privati, e pertanto la loro violazione consente al privato di
ottenere la riduzione in pristino (Cass. nn. 7384/01, 6209/96 e 12918/91;
analogamente, nn. 12103/98 e 3820/97; da ultimo, v. nn. 17338/09 e 213/06).
In particolare, qualora la distanza da osservarsi nelle costruzioni, a norma
dei regolamenti locali, consista in un determinato distacco dal confine e lo
scopo perseguito da tali regolamenti non sia quello di evitare la formazione di
intercapedini, è del tutto irrilevante, ai fini della concreta sussistenza
dell’obbligo di osservare tale distanza, accertare se, al di là del confine
medesimo, sussista, o meno, un’altra costruzione e, nel caso positivo, stabilire
– ove le due costruzioni si fronteggino soltanto in minima parte, ovvero
ricorrano altre particolari circostanze – se si verifichi in concreto l’ipotesi
dell’intercapedine dannosa o pericolosa (Cass. mi. 7384/98, 6111/94 e
1517/89).
4. – Col secondo motivo è dedotta l’insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo, costituito dalle misurazioni
effettuate dai tecnici del comune ai Moncalieri e dal c.t.u., nonché la
violazione degli artt
– .352 e 356 c.p.c. in relazione agli artt.183, 184, 196 e 197
c.p.c., per non aver la Corte territoriale disposto il rinnovo degli accertamenti
tecnici sulla natura di “basso fabbricato” dell’opera in questi,,. Sostiene
parte ricorrente che non risponde al vero che l’altezza al colmo e in gronda
della tettoia sia, rispettivamente, di m.4,50 e di m.3,00, essendo, invece, di
m.3,99 e di m.2,82, come accertato dal comune di Moncalieri in occasione del
rilascio della concessione in sanatoria, sicché tale divergenza avrebbe imposto
la rinnovazione degli accertamenti tecnici svolti. Ritiene, inoltre,
contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui
desume la correttezza degli accertamenti del c.t.u. dalla circostanza che la
misura ottenuta dai tecnici comunali al colmo (m.3,99) non differiva in modo
eclatante da quella determinata dall’ausiliario (m.4,09), per cui era lecito
presumere che anche la misura in gronda avesse raggiunto egual
approssimazione. Se così fosse, prosegue parte ricorrente, il risultato che ci si
sarebbe dovuti aspettare dalla misurazione del c.t.u. sarebbe stato in gronda di
m.2,92 (invece di m.4,10), e dunque inferiore ai m.3,00 consentiti.
4.1. – Il motivo è infondato.
Rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione
dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di
sentire a chiaiimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla relazione già
depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo
l’ausiliare del giudice. L’esercizio di tale potere, con ordinanza emanata su
istanza di parte o su iniziativa officiosa e revocabile ex art. 177, comma
secondo, c.p.c., non é sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data
adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici; peraltro, il
provvedimento con cui il giudice dispone la rinnovazione delle indagini non
priva di efficacia l’attività espletata dal consulente sostituito (Cass.
7622/10, 26499/09 e 27247/08).
Nella specie la Corte d’appello, dopo aver escluso sia che il provvedimento
di concessione eliminasse l’illegittimità dell’opera nei rapporti fra privati, sia

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che le misurazioni effettuate dai tecnici comunali fossero preminenti rispetto a
quelle del consulente del giudice, ha adeguatamente e logicamente motivato
come segue la propria adesione all’accertamento compiuto dall’ausiliario: “Si
aggiunga, infine, l’accuratezza dei rilievi in scala e puntualmente quotati
dalle numerose sezioni, che il consuleme d’ufficio ha allegato alla relazione,
e di cui nessuno dei c.t.p. ed in particolare quello dell’appellante ARTAL s.s.
(…) ha contestato l’esattezza benché i relativi files fossero stati loro
tempestivamente comunicati via mair’ .
Da escludere, altresì, la dedotta contraddittorietà motivazionale.
Nell’economia della decisione le considerazioni censurate sono di carattere
sovrabbondante, atteso che l’altezza della tettoia in gronda è stata accertata
non sulla base di una presunzione o di una proporzione o di una media fra
dati, ma attraverso una misurazione diretta effettuata dal c.t.u. (v. pag.3 della
sentenza impugnata). Esse, inoltre, mirano non a fissare rapporti, ma solo a
sottolineare come le misure rilevate dai tecnici comunali si avvicinassero a
quelle del consulente d’ufficio, argomento, questo, che può essere considerato
più o meno corroborante, ma non intrinsecamente contraddittorio.
5. – Con il terzo motivo è censurata l’insufficienza della motivazione
quanto alla domanda riconvenzionale di usucapione del diritto di mantenere la
tettoia a distanza inferiore a quella legale, e la violazione degli artt. 872, 873,
1027, 1031 e 1158 c.c. e degli artt. 183, 184 e 245 c.p.c. Parte ricorrente
lamenta un poco approfondito esame della domanda e il fatto che il c.t.u. nulla
ha potuto riferire sulla struttura che preesisteva alla tettoia e sull’epoca della
sua realizzazione, circostanze in ordine alle quali la prova orale dedotta
sarebbe valsa a Jiinostrare l’assunto della Artal s.s.
5.1. – Il motivo è inammissibile per la sua genericità.
Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o
di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa
abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della
controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in
concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio
di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze
istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di
modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n.
11457/07 e successive conformi).
In tal caso il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci la mancata
ammissione in appello di una prova testimoniale, ha l’onere di indicare
specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di
consentire il controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla
risoluzione della controversia e sulle prove stesse, in quanto, per il principio
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di
compiere tale verifica in base alle sole deduzioni contenute nell’atto, alle cui
lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Cass. nn.
27731/05, 19051/05, 9711/04 e 3004/04).
Nello specifico parte ricorrente non ha né trascritto il capitolato della prova
testimoniale di cui lamenta la mancata ammissione, né specificato e
argomentato in altro modo la decisività di tale mezzo isuuttorio, né
adeguatamente criticato la motivazione di diniego della Corte d’appello.
Quest’ultima, nel condividere la decisione di primo grado che tali prove non

II. – La Corte condivide la relazione, le cui conclusioni non sono
adeguatamente resistite da quanto osservato in senso contrario nella memoria
depositata dalla parte ricorrente.
– Ed invero, quanto al primo motivo, la giurisprudenza citata in detta
memoria non concerne casi rapportabili a quello in oggetto. Non Cass. n.
12458/92, che riguarda una diversa norma regolamentare e un diverso comune
(l’art. 36 lett. c del regolamento edilizio del comune di Copparo), l’una e
l’altro vanamente omessi nella citazione contenuta a pag. 3 della memoria di
parte ricorrente; sicché è quanto meno azzardato postulare la sovrapponibilità
di quel caso a questo. Non Cass. nn. 7285/05 e 3311/83, le quali, riferendosi
all’art. 873 c.c. e alla sua stretta interpretazione avente ad oggetto l’ipotesi di
costruzioni che si fronteggiano, non contraddicono affatto le ulteriori
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aveva ammesso, ha osservato come il primitivo manufatto — così come
accertato sulla base della relazione del c.t.u. e delle fotografie in atti, né l’una,
né le altre oggetto di motivo di gravame — era radicalmente diverso rispetto
alla tettoia per tipologia e dimensioni, e consisteva in una gabbia metallica
senza pareti, di grandezza assai minore e talmente fragile da dover temere il
peso della neve.
5.2. – Infine, il motivo è inammissibile anche riguardo alla denunciata
violazione degli artt. 872, 873, 1027, 1031 e 1158 c.c. e degli artt. 183, 184 e
245 c.p.c., non chiarendo (salvo alcune sostanziali ripetizioni del primo
motivo) in qual modo, cioè mediante quali affermazioni (non in fatto, ma) in
diritto la Corte pnontese sarebbe incorsa nel malgoverno di tali norme.
Ed infatti, secondo il costante indirizzo di questa Corte, nel ricorso per
cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui
all’art. 360, primo comma n. 3, c.p.c., giusta il disposto di cm all’art. 366,
primo comma n. 4, c.p.c. deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto
mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella
sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme
regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla
giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando
altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di
verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 16132/05,
26048/05, 20145/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06 e 14752/07).
6. – Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con
ordinanza, nei sensi di cui sopra, a termini dell’art.375, n.5 c.p.c.”.

affermazioni di principio cui la giurisprudenza di questa Corte, citata nella
relazione, è pervenuta nell’attribuire carattere integrativo di detta norma del
c.c. alle disposizioni regolamentari locali che fissano distanze non tra
fabbricati, ma delle costruzioni dal confine. Non Cass. n.8169/12, che

ha per l’appunto applicato il primo dei due — quello che afferma il carattere
integrativo della disciplina locale — ad una situazione in cui la costruzione era
stata edificata ad una distanza dal confine inferiore a quella prescritta dal
regolamento, sicèhé non è dato di comprendere in qual modo detto precedente
(che pure si riferiva ad altro comune e ad altra norma replamentare)
gioverebbe alla tesi di parte ricorrente.
– In ordine al secondo motivo, non basta enfatizzare “l’importanza”

(recte, la decisività, che è requisito di qualsivoglia controllo motivazionale ex
art. 360, n. 5 c.p.c.) del fatto controverso per dimostrare che la motivazione
della sentenza impugnata sia al riguardo insufficiente o contraddittoria.
Insufficienza e contraddittorietà motivazionale dipendono non dalla qualità
dell’oggetto indagato, ma dal modo in cui il giudice di merito è pervenuto alla
propria decisione.
11.111. – Infine, ciò che rileva fondamentalmente, in ordine al terzo motivo,
non è tanto la mancata trascrizione in sé dei capitoli, ma il fatto che enunciare
non significa dimostrare l’attitudine della prova, se ammessa ed espletata con
esito positivo, a imporrebbe ex se una decisione di merito di segno opposto.
Dimostrazione che è del tutto assente nella censura in oggetto.
III. – S’impone, pertanto, la reiezione del ricorso.

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nell’affermare i due distinti principi richiamati a pag. 4 della ridetta memoria,

IV. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza
della parte ricorrente.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 14.2.2013.

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