Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16121 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 03/08/2016), n.16121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25931-2014 proposto da:

ENTE AUTONOMO VOLTURNO SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’Avvocato LUIGI FIORILLO,

rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE MARIA MONDA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II N.

4, presso lo studio dell’Avvocato ROBERTA NICCOLI, rappresentato e

difeso dagli Avvocati ANDREA NAPOLITANO, ALFONSO ERRA, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3413/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

22/04/2014, depositata il 29/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Corte d’appello di Napoli, accogliendo parzialmente il gravame svolto dal lavoratore, riconosceva il diritto dell’attuale parte intimata a fruire, dal 2001, di un giorno ulteriore di permesso retribuito annuo, alla stregua degli accordi interconfederali in materia, dichiarando illegittima l’unilaterale riduzione operata dall’azienda (attuale ricorrente) e, per l’effetto condannava la società datrice al pagamento delle differenze retributive.

3. Per la cassazione della sentenza l’Ente Autonomo Volturno (E.A.V) s.r.l. (società incorporante la s.r.l. Circumvesuviana), ha proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un articolato motivo.

4. Il lavoratore ha resistito con controricorso.

5. Come statuito dalla Corte in numerosi precedenti (per tutte, v., tra le più recenti, Cass. 71/2016), nel ricorso all’esame, richiamati, per relationem, passaggi salienti della sentenza impugnata, vengono genericamente devoluti, dalla parte ricorrente, mezzi d’impugnazione affidati, in rubrica, a mera clausola di stile, evocative della generica “non corretta interpretazione delle norme di diritto applicabili alla fattispecie” (così in ricorso) senza che al compendio delle generiche censure facciano seguito le previsioni, negoziali collettive e normative, che si reputano disattese dalla Corte territoriale.

6. In altre parole, nella pur ampia illustrazione della complessa vicenda, non viene enunciato e chiarito il fondamento normativo e negoziale collettivo, nazionale o aziendale, disatteso dalla Corte territoriale nell’accogliere la domanda del lavoratore.

7. Ebbene, pur aderendo all’orientamento giurisprudenziale (Cass. 26091/2005) secondo cui l’indicazione delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità della censura, occorre comunque tener presente che si tratta di un elemento richiesto al fine di identificare i limiti dell’impugnazione, ragion per cui la mancata indicazione delle disposizioni di legge o delle fonti negoziali collettive può comportare l’inammissibilità della doglianza qualora gli argomenti addotti, così come avviene nel caso di specie, operando una irrituale ed equivoca commistione tra fonti giuridiche diverse, non consentano di individuare quali siano, ad avviso della parte ricorrente, le norme, legali o pattizie, che si assumono violate.

8. Inoltre, è appena il caso di osservare che, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, essendo il giudizio di cassazione un giudizio a critica vincolata, la tassatività e la specificità del motivo di censura esigono una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (cfr., Cass. n. 18202/2008).

9. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, peraltro ribadito in precedenti specifici con riferimento a ricorsi proposti dalla medesima società (v., fra le altre, Cass.21051/2014 e, da ultimo, Cass. 71/2016 cit.), il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.

10. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (cfr., ex plurimis, Cass., 359/2005 e successive conformi).

11. Pur volendo superare il predetto rilievo, il ricorso è comunque manifestamente infondato alla luce delle plurime decisioni di questa Corte intervenute in vicende del tutto analoghe (v, ex multis, Cass. 4 settembre 2014, n. 18715; Cass.25 settembre 2014, nn. 20201, 20202, 20203, 20204, 20205, 20206; Cass. 4 settembre 2014, n. 18715).

12. In definitiva il ricorso deve rigettarsi.

13. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore degli avvocati Andrea Napolitano ed Alfonso Erra, dichiaratisi antistatari.

14. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).

15. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfettario del 15 per cento, con distrazione in favore degli avvocati Andrea Napolitano e Alfonso Erra, dichiaratisi antistatari. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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