Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16120 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. I, 28/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 28/07/2020), n.16120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 517/2019 proposto da:

C.J., rappresentato e difeso dall’avv. Cattelan del

foro di Torino;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 906/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Torino, confermando la pronuncia di primo grado ha rigettato la domanda del cittadino (OMISSIS) C.J. (che in alcuni atti di causa compare con il nome di C.A.) vola al riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. Il tribunale aveva rilevato che il richiedente aveva fornito difformi generalità in sede di redazione del modello C3 e davanti la Commissione ed aveva reso un racconto incongruente, sia in relazione al luogo di nascita che alla scolarizzazione e ai segni dell’aggressione subita per ragioni di persecuzione politica da parte del re del suo villaggio. Ha infine escluso la rilevanza delle attività svolte in sede d’accoglienza.

La Corte d’Appello ha escluso il riconoscimento della protezione umanitaria perchè le ragioni esposte dal richiedente a sostegno dell’allontanamento dal suo paese dovevano ritenersi di natura economica e privata, comunque non integranti condizioni di vulnerabilità.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero, affidandosi a due motivi. Non ha svolto difese la parte intimata.

Nel primo motivo viene censurata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione alla violazione dei criteri legali di valutazione della credibilità del ricorrente.

La censura è inammissibile perchè nonostante la formulazione della rubrica è volta a fornire una valutazione delle dichiarazioni del ricorrente alternativa a quella insindacabilmente svolta dalla Corte d’Appello che ha colto il difetto di credibilità nella radicale mancanza di coerenza tra le diverse versioni.

Nel secondo motivo viene censurata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 perchè il rigetto della domanda relativa alla protezione umanitaria non si è fondato sulla più recente giurisprudenza di legittimità che impone di tenere conto della grave violazione dei diritti umani nel paese di origine in comparazione con il grado di integrazione realizzato nonchè del quadro di violenze subite in Libia.

La censura è inammissibile perchè gli elementi per procedere alla valutazione comparativa dalla quale verificare l’esistenza e l’attualità di condizioni di vulnerabilità, non sono oggetto di specifica allegazione ma soltanto di rappresentazione generale ed astratta. Anche in relazione al transito in Libia, alla riproduzione delle dichiarazioni non segue la deduzione e l’allegazione relativa ad un disturbo post traumatico da stress o ad una lesione dell’integrità psico-fisica già oggetto del giudizio di merito e trascurata in quella sede. Si riscontra un decisivo difetto di specificità nella formulazione della censura.

Alla dichiarazione d’inammissibilità non segue la statuizione relativa alle spese processuali in mancanza di difese della parte intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore contributo D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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