Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1612 del 24/01/2020
Cassazione civile sez. VI, 24/01/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 24/01/2020), n.1612
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35355-2018 proposto da:
N.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– resistente –
e contro
PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimata –
avverso il decreto n. R.G. 4147/2018 del TRIBUNALE di BRESCIA del
13/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 26/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA
NAZZICONE.
Fatto
RILEVATO
– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Brescia n. 4166 del 13.10.2018, reiettivo del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;
– che non svolge difese il Ministero intimato, limitandosi a chiedere la partecipazione alla discussione orale eventuale;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
– che, in via pregiudiziale, il ricorrente pone due questioni di legittimità costituzionale:
a) con la prima, deduce l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per Cassazione sia di trenta giorni a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado;
b) con la seconda, deduce l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3-septies, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, essendo stata eliminata la possibilità di proporre appello avverso le decisioni del tribunale;
– che l’unico effettivo motivo censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto non sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria;
– che le questioni di illegittimità costituzionale sono manifestamente infondate;
– che, infatti, questa Corte ha già chiarito che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, relativa all’eccessiva limitatezza del termine di trenta giorni prescritto per proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale, poichè la previsione di tale temine è espressione della discrezionalità del legislatore e trova fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento” (Cass. n. 17717/2018);
– che, infine, è stato costantemente ribadito da questa Corte, oltre che dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 30 luglio 1997, n. 288, che “l’ordinamento costituzionale non impone il doppio grado di giurisdizionale, lasciando libero il legislatore di fissare deroghe in proposito, ove giustificate da criteri obiettivi e ragionevoli, che riguardino, senza discriminazioni, tutte le situazioni di un determinato tipo” (Cass. n. 7409/1983; in tal senso, e multis, Cass. 13617/2012; Cass. 6225/2010);
– che l’unico motivo di ricorso è manifestamente inammissibile, mirando a censurare l’accertamento del giudice di merito, che ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente (proveniente dal Bangladesh e in lite con i parenti per alcuni terreni, appartenenti al padre) e neppure dedotte circostanze integranti una sua particolare vulnerabilità, nè di compromissione dei suoi diritti umani nel paese di provenienza: ciò, dunque, lascia estranea la questione della applicabilità, nella specie, del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. in L. 1 dicembre 2018, n. 132;
– che non occorre provvedere sulle spese.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020