Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16118 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 16118 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 2835-2008 proposto da:
VALFIN S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (09428390158), nella persona
del suo Liquidatore AUGUSTO BENZO, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 107, presso lo studio
dell’avvocato DEL PRATO ENRICO ELIO, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati DOLMETTA ALDO ANGELO, MONZA
MASSIMO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

FCE BANK PLC (04588511008), in persona del suo procuratore
oban

Jit

generale Dott. FRANCESCO GASPARI, elettivamente domiciliata
in ROMA, LUNG.RE MICHELANGELO 9, presso lo studio
dell’avvocato MANFREDONIA MASSIMO, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati TRAVERSO MAURIZIO, CAVALLONE
BRUNO giusta delega in atti;
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Data pubblicazione: 26/06/2013

FORD ITALIA S.P.A. (00443120589), in persona del Presidente
del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante
Dott. GAETANO THOREL, elettivamente domiciliata in ROMA,
LUNG.RE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato
MANFREDONIA MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati TRAVERSO MAURIZIO, CAVALLONE BRUNO giusta
delega in atti;

nonchè contro
GIUNTOLI

PAOLO

(GNTPLA70E15F205U),

GIUNTOLI

CARLO

(GNTCRL45S21A561G), ELITE RENT S.R.L. (09359860153), NIKO CAR
S.R.L. (00341090694) e LOTHAR S.R.L. IN LIQUIDAZIONE
11129000151;
– intimati sul ricorso 3870-2008 proposto da:
ELITE RENT S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (09359860153), nella
persona del suo Liquidatore Dott. MAURO BROGLIO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE
44, presso lo studio dell’avvocato PERILLI MARIA ANTONIETTA,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DEDOLA
GIOVANNI MARIA, MACCHIAROLA MARIA CARMELA giusta delega in
atti;
– ricorrente contro
FCE BANK PLC (04588511008), in persona del suo procuratore
generale Dott. FRANCESCO, elettivamente domiciliata in ROMA,
LUNG.RE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato
MANFREDONIA MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati CAVALLONE BRUNO, TRAVERSO MAURIZIO giusta
delega in atti;
FORD ITALIA S.P.A. (0044312058), in persona del Presidente
del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante

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– controricorrenti –

Dott. GAETANO THOREL, elettivamente domiciliata in ROMA,
LUNG.RE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato
MANFREDONIA MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati CAVALLONE BRUNO, TRAVERSO MAURIZIO giusta
delega in atti;
– controricorrenti –

NIKO CAR S.R.L. (00341090694), VALFIN S.R.L. IN LIQUIDAZIONE
(09428390158), GIUNTOLI PAOLO (GNTPLA70E15F205U), LOTHAR
S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (11129000151) e GIUNTOLI CARLO
(GNTCRL45S21A561G);
– intimati sul ricorso 4109-2008 proposto da:
NIKO-CAR S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (00341090694), in persona del
Liquidatore pro tempore Dott. ANDREA CARBONE, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 108, presso lo
studio dell’avvocato FLECCHIA MARCO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MASCI FRANCESCO giusta delega
in atti;
– ricorrente contro
FCE BANK PLC (04588511008), in persona del suo procuratore
generale Dott. FRANCESCO GASPARI, elettivamente domiciliata
in ROMA, LUNG.RE MICHELANGELO 9, presso lo studio
dell’avvocato MANFREDONIA MASSIMO, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati CAVALLONE BRUNO, TRAVERSO
MAURIZIO giusta delega in atti;
FORD ITALIA S.P.A. (00443120589), in persona del Presidente
del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante
Dott. GAETANO THOREL, elettivamente domiciliata in ROMA,
LUNG.RE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato
MANFREDONIA MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente
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nonchè contro

agli avvocati CAVALLONE BRUNO, TRAVERSO MAURIZIO giusta
delega in atti;
controricorrenti nonchè contro
VALFIN S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (09428390158), GIUNTO= CARLO
(GNTCRL45S21A561G), GIUNTOLI PAOLO (GNTPLA70E15F205U), LOTHAR

(09359860153);
– intimati avverso la sentenza n. 2911/2007 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 08/11/2007, R.G.N. 1474/1997;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 28/05/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato ENRICO DEL PRATO;
udito l’Avvocato MASSIMO MANFREDONIA;
udito l’Avvocato MARCO FLECCHIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per l’inammissibilità e,
in subordine, per il rigetto del ricorso Valfin s.r.l. e Niko
Car s.r.1., nonché per inammissibilità del ricorso Elite Rent
s.r.l.
RITENUTO IN FATTO
l. – Con sentenza definitiva resa pubblica l’8 novembre
2007, la Corte di appello di Milano, in parziale accoglimento
dell’impugnazione congiuntamente avanzata dalla Ford Italia
S.p.A. e da Ford Credit Europe Bank PLC (di seguito,
entrambe, anche: Ford) avverso la sentenza del Tribunale
della medesima città del 5 novembre 1996 (che aveva
dichiarato la nullità dell’atto di citazione proposto da Ford
per nullità della procura alle liti ed alla quale seguiva,
dapprima, la sentenza non definitiva della stessa Corte di
appello di Milano del 4 settembre 2001, che dichiarava la
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S.R.L. IN LIQUIDAZONE (11129000151) ed ELITE RENT S.R.L.

validità di detta procura), condannava, in favore di Ford: a)
Carlo e Paolo Giuntoli, in solido, al pagamento della somma
di euro 1.605.299,20; b) Lothar s.r.l. (di seguito anche:
Lothar), in solido con Carlo e Paolo Giuntoli, al pagamento
della somma di euro 464.342,74; c) Elite Rent s.r.l. (di
seguito anche: Elite), in solido con Carlo e Paolo Giuntoli
e

con Valfin s.r.1., al pagamento della somma di euro

in solido con Carlo e Paolo Giuntoli e con Valfin s.r.1., al
pagamento della somma di euro 490.876,61; e) Valfin s.r.1.,
in solido con Carlo e Paolo Giuntoli e con Elite Rent s.r.l.
e

con Niko Car ser.1., al pagamento della somma di euro

1.140.956,45, oltre accessori.
1.1. – Tale esito riguardava la domanda risarcitoria
propostaj,Ford (Ford Italia S.p.A. in veste di produttore e
Ford Credit Europe Bank PLC in veste di cessionaria dei
crediti) nei confronti degli anzidetti convenuti, ai quali
era addebitato di aver concorso con la società Blue Point,
poi fallita, in due distinti illeciti di natura
extracontrattuale. Il primo illecito concerneva l’acquisto
dalla Blue Point di 187 autoveicoli ad essa ceduti da Ford
senza i certificati di conformità, e, dunque, in violazione
del patto di riservato dominio, per poi cederli sul mercato
tedesco a terzi di buona fede, dove l’immatricolazione veniva
effettuata, dal 1993, in assenza del predetto certificato. Il
secondo illecito era consistito nell’aver goduto
indebitamente del cd. “sconto fleet”, pari a lire 2.000.000
per ogni automezzo, riservato ai soli “acquirenti di massa”,
tramite la falsificazione di atti e certificazioni pubbliche.
1.2. – La Corte territoriale evidenziava, anzitutto,
che, in base al combinato disposto degli artt. 75 e 76 del
codice della strada, nessun autoveicolo poteva essere posto
in circolazione, né la relativa vendita perfezionata in
assenza del certificato di conformità necessario per
l’immatricolazione. Di qui la prassi commerciale del deposito
5

650.079,84; d) Niko Car s.r.l. (di seguito anche: Niko Car),

di detto certificato da parte del produttore presso una
banca, con mandato di consegnarlo al concessionario
acquirente al momento del pagamento del prezzo
dell’autovettura, il quale concessionario avrebbe poi
provveduto all’immatricolazione del veicolo stesso.
Sicché, soggiungeva il giudice del gravame, le vendite
di auto avvenute tra Blue Point e le altre società convenute

azione di risoluzione

ex art. 1453 cod. civ., giacché gli

autoveicoli erano privi della documentazione necessaria per
l’immatricolazione; ciò rilevava, invero, come elemento
presuntivo sulla “concertazione delittuosa” tra i convenuti
ai danni di Ford, che aveva consegnato alla Blue Point le
autovetture nuove non immatricolate, senza incassare il
prezzo della vendita, né rientrare nella disponibilità delle
stesse una volta alienate a terzi di buona fede su mercato
estero – e, segnatamente, in Germania – nel quale non era
richiesta la certificazione di conformità. Si trattava,
dunque, di un contesto che portava ad escludere in capo alle
società che avevano acquistato da Blue Point la buona fede
(ed anzi a ravvisare l’esistenza di malafede contrattuale),
stante la loro qualità di operatori commerciali del settore,
essendo dunque del tutto consapevoli dell’anomalia
consistente nel versamento di un corrispettivo per dei
veicoli mancanti della necessaria certificazione per il
legittimo uso e la successiva trasferibilità del bene.
Peraltro, non valeva in contrario addurre che proprio il
pagamento del prezzo era circostanza idonea ad escludere la
mala fede, giacché esso (neppure provato rigorosamente) si
inseriva in una complessa operazione come elemento atto a
“documentare la regolarità formale della prestazione”, in
mancanza del quale sarebbe emersa in modo evidente “la prova
della truffa”.
Il convincimento sulla preordinazione dell’intera
operazione in danno di Ford – nella quale si innestava anche
6

rappresentavano delle cessioni di aliud pro allo, soggette ad

lo “sconto fleet” ai cd. “acquirenti di massa” indebitamente
praticato da Blue Point – era poi rafforzato dalla
circostanza che la vendita dei veicoli era avvenuta in
Germania, all’epoca “unico paese” in ambito comunitario “a
consentire
conformità”.

l’immatricolazione senza il corredo della
In definitiva, Blue Point aveva ricevuto da

Ford le autovetture, le aveva, quindi, rivendute a Lothar,

riconoscendo lo sconto f/eet a queste due ultime società,
dalle quali Valfin aveva poi acquistato una parte delle
vetture, che poi aveva esportato in Germania.
1.3. – Il giudice di appello non dubitava, poi, della
riferibilità soggettive della complessiva condotta illecita
alle singole compagini sociali coinvolte, posto, anzitutto,
che Lothar era amministrata da Paolo Giuntoli, procuratore
speciale e socio di Blue Point, a sua volta amministrata dal
di lui padre Carlo Giuntoli, il quale, in sede di
interrogatorio formale, aveva ammesso la falsificazione di
documenti per il riconoscimento dello sconto

fleet, “mediante

fittizia intestazione dei documenti a Niko Car ed Elite
Rent”, ed, inoltre, aveva ottenuto l’applicazione della pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. civ. per il reato di cui
all’art. 646 cod. pen., “in quanto nella sua qualità di
amministratore unico di Blue Point Car spa allo scopo di
procurarsi un ingiusto profitto si è appropriato in parte
vendendole e consegnandole a Lothar srl in parte vendendole a
Elite Rent srl ed a Niko Car srl e consegnandole a Valfin
srl, prive dei documenti necessari alla loro
immatricolazione, delle autovetture di proprietà Ford
Italiana spa di cui aveva il possesso in forza del
contratto di concessione”.
Né, soggiungeva la Corte territoriale, era conferente la
difesa dei Giuntoli e della Lothar sul fatto che il mancato
pagamento dei veicoli era addebitabile interamente a Blue
Point e che tra la curatela di quest’ultima società fallita e
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Elite e Niko, senza consegnare i certificati di conformità e

la Ford era poi intervenuta una transazione, cosicché Ford
era del tutto consapevole che “le auto consegnate a Lothar
erano state da Blue Point vendute prima di averne regolato il
prezzo (e ciò al fine di procurarsi la relativa provvista) e
soprattutto che il prezzo praticato da Blue Point alle
società acquirenti non era inferiore a quella da essa pagato
a Ford, così come accertato dal consulente d’ufficio”.

extracontrattuale dell’azione promossa da Ford, con la
conseguenza che la predetta transazione non copriva tale tipo
di danno, e, in ogni caso, non teneva conto che “il prezzo
non fu mai versato a Ford mentre i veicoli furono consegnati
(e venduti) a terzi senza il certificato”.
Inoltre, quanto alla remuneratività del prezzo delle
autovetture pagato dalla società acquirenti a Blue Point,
sebbene in base alle fatture esso fosse indicato in misura
sostanzialmente equivalente a quello dovuto da Blue Point a
Ford (con un modesto margine di guadagno da parte di Blue
Point), esso andava invece considerato “senza tener conto
dello sconto fleet e della percentuale di imposta” e cioè
dell’IVA, “in quanto lo sconto

fleet è stato ottenuto con

modalità certamente illecite … in regime di esenzione per la
esportazione dei veicoli destinati all’estero”. Sicché, la
consapevolezza “di una vendita a prezzo inferiore rispetto a
quello pagato per l’acquisizione del bene” era un elemento
probatorio di rilievo in ordine alla “responsabilità
partecipativa dei due Giuntoli e di Lothar nella attività
fraudolente posta in essere da Blue Point ai danni di Ford”.
Ulteriore circostanza di “forte valenza indiziaria”
circa la partecipazione di tutte le parti convenute
all’illecito veniva desunta dalla Corte territoriale dal
particolare contesto – riferito dai testi Mauri e Pastori,
dipendente Blue Point e socio di minoranza di Lothar – di
svolgimento, nel settembre 1994, presso lo studio di uno dei
legali del collegio difensivo, di una riunione tra le varie
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Siffatta ricostruzione cozzava, infatti, contro la natura

società coinvolte, nella quale si percepiva “una connessione
esistente a livello commerciale tra le società Niko Car,
Valfin ed Elite Rent perché le stesse persone trattavano gli
affari ora per l’una ora per l’altra”, là dove la stessa
persona – Benzo o Zilio – aveva dichiarato di rappresentare
la Elite Rent, la Niko e la Valfin.
Il giudice di appello, infine, attribuiva rilievo al

applicando il diritto privato italiano, aveva condannato la
Autofriesen, società di importazione parallela, a rifondere a
Ford il controvalore di 66 veicoli ad essa venduti da Lothar
e ciò per aver gestito in mala fede l’operazione commerciale,
giacché aveva acquistato dei veicoli privi del certificato di
conformità.
1.4. – Quanto argomentato consentiva, pertanto,
l’accoglimento della domanda risarcitoria relativa al mancato
versamento del prezzo di vendita da parte di tutte le società
appellate.
La Corte milanese rigettava però il capo di domanda
relativo al risarcimento del danno per l’indebito sconto
fleet praticato da Blue Point, considerando, per un verso,
che il relativo accreditamento non poteva prescindere dal
buon esito delle singole vendite e cioè allorquando fosse
stato corrisposto il prezzo dei singoli veicoli e, per altro
verso, non era stata raggiunta prova della partecipazione “di
Elite Rent, Niko Car e Valfin agli atti di falsificazione
documentale che debbono essere pacificamente riferiti ai due
Giuntoli ed alla società da essi gestita”.
1.5. – In ordine al

quantum debeatur,

il

giudice di

appello riferiva il risarcimento a 121 autovetture (giacché
per 66 autovetture il danno era stato ristorato all’esito del
giudizio svoltosi in Germania) e, dunque, provvedeva a
condannare: Carlo e Paolo Giuntoli, in solido, al pagamento
di 121 veicoli venduti da Ford a Blue Point; Lothar, in
solido con i Giuntoli, al pagamento del prezzo di 101 veicoli
9

fatto che la Corte di appello di Zweibrucken, in Germania,

ad essa venduti da Ford; Elite Rent, in solido con i Giuntoli
e la Valfin, al pagamento di 49 veicoli venduti da Blue Point
a Valfin e da questa ad essa Elite Rent; Niko Car, in solido
con i Giuntoli e con Valfin, al pagamento del prezzo di 37
veicoli venduti da Blue Point a Valfin e da questa ad essa
Niko Car; Valfin, in solido con i Giuntoli e con Niko Car e
con Elite Rent, al pagamento del prezzo di 86 veicoli venduti

Elite Rent.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, con
distinti atti di impugnazione, la Valfin s.r.l. in
liquidazione, la Elite Rent s.r.l. in liquidazione e la Niko
Car s.r.l. in liquidazione; la prima affidandosi a quattro
motivi, la seconda a due motivi e la terza a quattro motivi.
Resistono a tutti i ricorsi la Ford Italia S.p.A. e la
Ford Credit Europe Bank PLC con distinti controricorsi.
Hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ. la
Valfin s.r.l. in liquidazione e, in tutti i giudizi, le
società controricorrenti.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati Carlo
Giuntoli, Paolo Giuntoli e Lothar s.r.l. in liquidazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – I ricorsi vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335
cod. proc. civ., in quanto tutti proposti avverso la medesima
sentenza.
Le impugnazioni della Elite Rent s.r.l. e della Niko Car
s.r.l. sono da intendersi come impugnazioni incidentali, in
quanto successive a quella proposta dalla Valfin s.r.l.
2.

– Il ricorso principale della Valfin s.r.l. in

liquidazione.
2.1. – Con il primo mezzo è denunciato vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc.
civ., nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1218
e ss., 1479 e 2043 cod. civ.
lo

da Blue Point ad essa Valfin e poi da questa a Niko Car ed

e

La ricorrente assume – formulando anche quesito ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ. –

insufficienza della

motivazione della sentenza impugnata, in quanto in essa non
sarebbe chiaramente indicato a quale titolo di responsabilità
la domanda della Ford nei confronti di essa Valfin e cioè se
riguardi la vendita a terzi degli autoveicoli acquistati
dalla Blue Point ovvero anche per aver concorso

allorché mise in commercio “veicoli ancor

gravati

dalla

riserva di proprietà a favore della Casa costruttrice’.
Peraltro, ove la Corte territoriale avesse inteso addebitare
alla Valfin anche detto secondo “titolo

di responsabilità’,

essa avrebbe comunque errato nel riconoscere ad un terzo,
estraneo al rapporto obbligatorio inadempiuto, una
responsabilità di tipo contrattuale, così come si evince là
dove la motivazione fa riferimento alla buona fede del
compratore di cui all’art. 1479 cod. civ. ed alla malafede
contrattuale scaturente dalla qualità di operatori
commerciali.
L’erroneo principio giuridico che avrebbe seguito il
giudice di appello è fatto oggetto del quesito ex
bis

cod. proc. civ. nel senso che:

art. 366-

“se tale principio

di

diritto sia da accogliere o mano”.
2.2. – Con il secondo mezzo è dedotto vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc.
civ., nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697
cod. civ.
La ricorrente evidenzia che Ford non avrebbe provato di
non aver percepito il prezzo delle 187 autovetture oggetto
dell’illecito, quale circostanza decisiva ai fini della
giustificazione della pretesa risarcitoria, che, in ogni
caso, dovrebbe circoscriversi nei confronti di essa Valfin al
valore di 82 veicoli e non già di 86 come ritenuto dalla
Corte di appello. Sull’eccezione di mancata percezione del
11

nell’inadempimento posto in essere dalla stessa Blue Point

prezzo, sollevata già in primo grado e poi ribadita in sede
di gravame, la Corte territoriale non avrebbe fornito
risposta alcuna; ovvero, semmai vi fosse una motivazione di
rigetto al riguardo, essa sarebbe in violazione dell’art.
2697 cod. civ., giacché in contrasto con l’assenza di prova
del fatto, che avrebbe dovuto condurre all’accoglimento di
detta eccezione. Ciò non senza tener conto che a seguito

della transazione intervenuta tra Ford e la curatela del
fallimento Blue Point, la prima avrebbe ragionevolmente
“opposto in compensazione il proprio credito nascente dalla
compravendita dei veicoli stessi, e che dunque la transazione
sia avvenuta proprio defalcando tale credito dagli importi
richiesti dalla curatela in sede revocatoria”.
Ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ. si
fatto controverso,

indica a

rispetto al quale la motivazione sarebbe

omessa, la percezione, o meno, da parte di Ford del
corrispettivo delle 187 autovetture vendute alla Blue Point
e, segnatamente, del corrispettivo delle 82 autovetture – e
non già delle 86 indicate nella sentenza – poi acquistate
dalla Valfin; sicché, avendo la Corte di appello “tralasciato
di prendere in esame l’eccezione, sollevata dalla Valfin,
riguardante l’omessa prova della mancata percezione del
suddetto corrispettivo da parte della Ford, la motivazione
della sentenza risulta inadeguata a giustificare la condanna
irrogata la Valfin medesima’
Il quesito di diritto è formulato come segue:

“se, nel

caso in cui sia fatta valere in giudizio una pretesa
risarcitoria, chi agisce abbia o no l’onere, ai sensi
dell’art. 2697 c.c. di provare

tutti i fatti

che

costituiscono il fondamento della pretesa stessa: ivi
compreso il fatto storico della mancata percezione di un dato
corrispettivo, nel caso in cui /a dedotta responsabilità del
convenuto – terzo rispetto a un rapporto contrattuale
intrattenuto

dall’attore

con un diverso soggetto – derivi

dalla commissione da parte sua di atti di mala fede, tali(<. 12 7 . (secondo la prospettazione attorea) da aver privato dei l'attore mezzi atti all'ottenimento del pagamento di tale corrispettivo dalla propria controparte contrattuale". 2.3. - Con il terzo mezzo è dedotto vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, cod. proc. civ., nonché, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1147 La Corte territoriale non avrebbe motivato in ordine alla mala fede e, dunque, alla corresponsabilità di essa Valfin nell'illecito, con ciò violando il principio, desumibile dall'art. 1147 cod. civ., ma di portata generale, per cui la buona fede è presunta e tale presunzione deve essere vinta, ai sensi dell'art. 2728 cod. civ., da chi intenda addebitare una condotta in mala fede. Ciò in quanto, là dove il giudice di secondo grado ricostruisce il comportamento integrante l'evento in danno di Ford (pagg. 27 e 28 della sentenza), non si riferisce alla Valfin, ma soltanto alle società convenute che hanno acquistato da Blue Point le 187 autovetture, avendo, infatti, la Valfin poi acquistato da quest'ultime. In definitiva, la Corte territoriale avrebbe irragionevolmente accomunato la posizione di Valfin a quella delle altre società (Elite Rent e Niko Car), in quanto non poteva presumere la consapevolezza di Valfin sulla mancanza del certificato di conformità dei veicoli per averli essa acquistati "dopo che la concessionaria li ha immessi sul mercato". Inoltre, la ritenuta connessione commerciale tra tutte le società, e dunque anche della Valfin, sarebbe risultanza che lo stesso giudice del gravame ha ritenuto priva di idoneità probatoria in sé, ove non raccordata agli altri elementi indiziari, ai quali - come detto - era estranea la Valfin. Ai sensi dell'art. 366-bis cod. proc. civ. si indica a fatto controverso l'esistenza, o meno, di "circostanze atte a vincere la generale presunzione di buona fede, e quindi a 13 e 2728 e segg. cod. civ. provare la buona fede di Valfin nel procedere all'acquisto degli autoveicoli per i quali è giudizio, ancorché la Vàlfin abbia acquistato tali veicoli non già dalla Blue Point bensì da altri soggetti, i quali li avevano a loro volta acquistati dalla Blue Point'. Il quesito di diritto è formulato come segue: "se il principio di presunzione della buona fede, enunciato possesso, sia un principio di portata generale e debba quindi essere applicato ai casi in cui un soggetto venga accusato di aver tenuto un comportamento di mala fede, fonte di responsabilità extracontrattuale al sensi degli artt. 2043 e seguenti c. c., così che chi agisce abbia l'onere di fornire di tale comportamento una prova atta a vincere la presunzione stessa, come richiesto dagli artt. 2728 e seguenti c.c.". 2.4. - Con il quarto mezzo è denunciato un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nonché, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 96, secondo comma, cod. proc. civ. Il motivo è proposto solo per evitare il passaggio in giudicato della sentenza impugnata in punto di reiezione della domanda risarcitoria per responsabilità aggravata avanzata da essa Valfin. 3. - Il ricorso incidentale della Elite Rent s.r.l. in liquidazione. dall'art. 1147 c.c. con riferimento all'istituto del 3.1. - Con il primo mezzo è dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonché violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 e ss., 1147 e ss., 2727 e ss., cod. civ. La sentenza impugnata, mentre imputerebbe la mancanza di buona fede nelle società convenute da Ford, in quanto operatori commerciali del settore auto, non darebbe conto, invece, della circolare inviata dalla stessa Ford a tutte le 14 (2)-'-'------.----- concessionarie e delle "tutele poste a garanzia dei propri beni indicati nel contratto di concessione". Peraltro, si potrebbe anche ipotizzare una pronuncia di ultrapetizione, posto che Ford ha basato la propria domanda risarcitoria sull'alterazione, da parte delle società convenute, dei documenti necessari per gli sconti "fieet", mentre la Corte territoriale, inammissibilmente fondando il proprio responsabilità di Elite Rent, unitamente alle altre società, per il fatto che essa "non poteva non sapere come ed in quale modo deve avvenire l'acquisto di un'automobile e perciò è giusto presumere che tale azienda ... fosse in mala fede". Invero, soggiunge la ricorrente, soltanto 26 autovetture risultano "effettivamente manipolate", là dove le altre 110 autovetture "sono state regolarmente vendute dalla Blue Point alla Valfin con l'indicazione delle fatture", pagate e quietanzate per l'estero, senza, per l'appunto, l'addebito dell'IVA. Inoltre, i numeri dei telai delle auto (a differenza delle targhe) erano rimasti immutati, ragione per cui Ford "non poteva non accorgersi del trucco" da parte di Blue Point; né Ford ha mai richiesto alla Blue Point le fatture relative alla 26 autovetture anzidette; le falsificazioni dei fogli di via erano sempre state effettuate dalla Blue Point tramite agenzie. Sicché, la sentenza impugnata non spiegherebbe "perché Elite dovrebbe sapere", là dove Ford, in ogni caso, eraxconoscenza del fatto che Blue Point "vendeva le auto prima di averle pagate e quindi prima di aver ritirato i certificati di conformità presso le banche". 3.2. - Con il secondo mezzo è prospettata omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonché violazione o falsa applicazione dell'art. 96 cod. proc. civ. La Corte territoriale avrebbe del tutto ignorato la pretesa svolta da essa attuale ricorrente ai sensi dell'art. 15 convincimento su una mera presunzione, ha ritenuto la 96 cod. proc. civ., la quale dovrà essere delibata dal giudice del rinvio. 3.3. - All'esito del motivo è formulata la complessiva "domanda" che segue: "L'acquisizione delle prove e documenti atti a confermare fatti impeditivi del e costitutivi delle situazioni giuridiche inoltrate dalle parti possono essere ignorate nella sentenza? L'accertamento dell'art. 2043 fatti induttivi provenienti da deduzioni inerenti il patrimonio culturale del giudicante? La raccolta delle prove presuppone l'identificazione di fatti importi e tali da essere superati da presunzioni?" 4. - Il ricorso incidentale della Niko Car s.r.l. in liquidazione. 4.1. - Con il primo mezzo è denunciata, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1470, 1477 e 2043 cod. civ.; nonché, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione. La Corte territoriale, nel ritenere essa Niko Car responsabile dell'illecito di compravendita "irregolare" di autovetture mancanti del certificato di conformità, giacché consapevole di ciò in ragione della sua qualità di operatore commerciale di settore, avrebbe violato gli artt. 1470 e 1477 cod. civ., dai quali si evince il principio della trasmissione della proprietà in base al solo consenso legittimamente manifestato, per cui gli acquisiti a tal fine effettuati da essa società "erano leciti e il conseguente trasferimento di proprietà compiutamente perfezionato", contrariamente a quanto opinato dal giudice del merito. Inoltre, la Corte di appello non avrebbe motivato sul fatto controverso e decisivo concernente l'acquisto di auto prive di certificato di conformità, il quale costituisce documento che "esaurisce la sua funzione quando si forma la 16 può essere considerato compiuto da • carta di circolazione" e che non entrerà mai in possesso dell'acquirente successivo al concessionario. Invero, sarebbe fatto notorio che dal momento della richiesta di immatricolazione a quello del rilascio della carta di circolazione trascorra un certo lasso di tempo, nelle cui more essa ricorrente - come da prassi commerciale consolidata e, dunque, legittimamente ed in piena fede - ha la relativa carta di circolazione. Viene formulato il seguente quesito: "dica la Suprema Corte se la vendita di autoveicoli si perfezioni con l'incontro del consenso del contraenti, e se la conclusione di validi e leciti contratti possa determinare a carico di uno del contraenti una responsabilità ex art. 2043 c.c. in danno di un terzo soggetto estraneo al rapporto contrattuale". 4.2. - Con il secondo mezzo è dedotta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2697 e 2729 cod. civ.; nonché, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione. La Corte territoriale non avrebbe offerto alcun elemento di prova in ordine alla responsabilità extracontrattuale di essa Niko Car, limitandosi a presumere, violando l'art. 2697 cod. civ., la sua compartecipazione all'illecito in ragione del fatto che, in quanto operatore commerciale del settore, "non poteva non sapere che Blue Point, vendendo auto in assenza della dichiarazione di conformità, avrebbe procurato un danno economico a Ford e quindi, avendo acquistato le autovetture, si era automaticamente resa corresponsabile del danno". Peraltro, il giudice del merito, in violazione dell'art. 2729 cod. civ., avrebbe mal interpretato i fatti in forza dei quali ha tratto la presunzione di corresponsabilità: invero, si trattava di contratti di acquisto legittimi e validi; sui 17 acquistato le autovetture da Blue Point ed atteso di ottenere prezzi di vendita è stata contraddittoriamente valutata la c.t.u., dandosi atto, inoltre, del versamento dell'IVA da Blue Point a Ford, là dove per altro verso si assumeva che il prezzo non era stato pagato; quanto all'esistenza di un unico centro di interessi tra le società convenute "dovuto a connessione-collegamento tra le stesse da cui presumere l'accordo fraudolento", non si sarebbe evidenziata, però, la valutati i fatti da cui evincere la buona fede di Niko Car (solo 37 autovetture, su 276 acquistate nel biennio 1993 e 1994, non sarebbero state pagate a Ford; Blue Point era la concessionaria Ford più importante sul mercato italiano e dunque agiva "con prestigio", per cui Niko Car non poteva presumere che non onorasse gli impegni assunti). Il motivo si chiude con la formulazione del seguente quesito: "dica la Suprema Corte se possa ritenersi esaurientemente motivata la sentenza che ascrive ad una parte una responsabilità per fatto illecito basata su presunzioni semplici derivanti dall'esame solo di alcuni fatti noti in causa e in spregio dell'esame di altri fatti noti e rilevanti di cui non si è fatto alcun cenno essendo stati completamente trascurati al fini della formazione dell'iter logicogiuridico del Giudice". 4.3. - Con il terzo mezzo è prospettata, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1147 e 1149 cod. civ.; nonché, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione. La ricorrente sostiene che non avrebbe potuto conoscere le condizioni contrattuali che legavano Blue Point a Ford, sicché non si potrebbe affermare che essa era consapevole di aver acquistato dalla prima per danneggiare la seconda. Di talché, la Corte territoriale avrebbe violato il principio, desumibile dall'art. 1147 cod. civ., della presunzione di buona fede del possessore al momento dell'acquisto, là dove 18 effettiva partecipazione di Niko Car; né sarebbero stati essa Niko Car era entrata nel possesso di buona fede delle autovetture al momento del loro acquisto da Blue Point. Nella sentenza impugnata, infatti, non sarebbero stati esplicitati argomenti idonei a vincere detta presunzione. Viene, quindi, formulato il seguente quesito: "dica la Suprema Corte se il possessore di un bene mobile, protetto dalla presunzione di buona fede, possa considerarsi ignorasse le singole condizioni contrattuali esistenti fra il suo dante causa, con il quale ha stipulato numerosi e proficui contratti, e l'originario venditore nel caso in cui non avesse mai intrattenuto rapporti contrattuali con quest'ultimo". 4.4. - Con il quarto mezzo è denunciata, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., nonché, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione. La Corte territoriale sarebbe incorsone nel vizio di ultrapetizione, giacché Ford avrebbe ridotto la propria domanda risarcitoria alla somma di euro 1.605.299,20, "mentre la sentenza le riconosce, in forza di ben cinque distinti capi di condanna, una somma ben superiore", posto che detti capi non possono che leggersi come da sommare tra loro. Inoltre, la Corte di appello non avrebbe offerto ed illustrato "alcun criterio idoneo per l'accertamento del quantum", riportando "cifre senza alcun supporto che possa certificare la congruità degli importi risarcitori", in particolar modo non indicando il valore delle 121 autovetture "da risarcire", là dove invece nella c.t.u. veniva delle stesse riportato lo "specifico valore", nonché i prezzi di vendita praticati da Ford a Blue Point. Il motivo si chiude con la formulazione del seguente quesito: "dica la Suprema Corte se sia soggetta a vizio di ultrapetizione la sentenza che riconosca un risarcimento del 19 responsabile per colpa grave, o addirittura per dolo, qualora danno a carico di più corresponsabili, anche per quote di competenza, la cui somma sia superiore a quella complessivamente chiesta dal danneggiato a titolo di ristoro per il compimento di un unico fatto illecito a cui tutti i corresponsabili hanno partecipato". 5. - I ricorsi sono tutti inammissibili e ciò in quanto - in linea pregiudiziale ed assorbente di ogni altro profilo confezionati in modo conforme alle prescrizioni di cui all'art. 366-bis cod. proc. civ., che è pienamente operante ratione temporis nella fattispecie, posto che la sentenza impugnata è stata pubblicata 1'8 novembre 2007 e, dunque, nella vigenza della disciplina dettata dalla predetta disposizione processuale. Infatti, il citato art. 366-bis ha iniziato ad esplicare i propri effetti in relazione alle sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che l'ha introdotto, e ha cessato di essere applicabile soltanto a decorrere dal 4 luglio 2009 e cioè dalla sua abrogazione ad opera dell'art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69. 5.1. - Giova premettere che, in riferimento alle censure di errores in ludicando, veicolate ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il "diritto vivente" (tra le tante: Cass., sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., 17 luglio 2008, n. 19769; Cass., 30 settembre 2008, n. 24339; Cass., 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., 8 novembre 2010, n. 22704) ha evidenziato che il quesito di diritto imposto dall'art. 366-bis cod. proc. civ. va formulato in modo tale da esplicitare una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. In altri termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome da questi ritenuti per veri, 20 di inammissibilità - i motivi con essi proposti non sono altrimenti mancando la critica di pertinenza alla decidendl ratio della sentenza impugnata); b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le tante: Cass., sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., 17 luglio 2008, n. 19769; Cass., 30 settembre 2008, n. n. 22704). Sicché, il quesito non deve risolversi in un'enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresì desumere il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420). Ciò in quanto il quesito di diritto, congegnato in una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità, risponde, al tempo stesso, all'esigenza dello ius litlgatoris - e cioè di soddisfare l'interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata - e della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione, così da rappresentare, quindi, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile, l'investitura stessa del giudice di legittimità (così Cass., 9 maggio 2008, n. 11535). Inoltre, secondo l'orientamento prevalente di questa Corte - cui fa capo, tra le altre, Cass., 21 febbraio 2011, n. 4146 - e che, di recente, è stato ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 17838 del 18 ottobre 2012, la necessaria formulazione del quesito di diritto bis ex art. 366- cod. proc. civ., nel rispetto dei criteri anzidetti, 21 24339; Cass., 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., 8 novembre 2010, 4 riguarda anche la denuncia di errores in procedendo, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. Quanto poi ai motivi che veicolano un vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., essi - sulla scorta di un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale (tra le altre, Cass., 16 luglio 2007, n. 16002; Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603; n. 24255) - devono essere assistiti, in base al capoverso dell'art. 366-bis cod. proc. civ., da un cd. "quesito di fatto" (o altrimenti detto di "sintesi"), volto ad indicare chiaramente, in modo sintetico, evidente ed autonomo, il fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, così come le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, a tal fine necessitando, segnatamente, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto ciò risalti in modo in equivoco. Con l'ulteriore precisazione che tale requisito non può dirsi rispettato allorquando solo la completa lettura dell'illustrazione del motivo - all'esito di un'interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione della parte ricorrente - consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure, posto che la ratio che sottende la disposizione di cui al citato art. 366bis è associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla Suprema Corte, la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito di fatto, quale sia l'errore commesso dal giudice di merito. Va, infine, precisato che, ove i motivi si articolino in plurime ed autonome censure di vizi diversi, si richiede l'enucleazione di distinti quesiti, ciascuno congruente rispetto alla dedotta doglianza, così da soddisfare l'esigenza di chiarezza e specificità, e dunque di pertinenza al decisum, che deve guidare la formulazione dei quesiti 22 ex Cass., 30 dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, art. 366-bis cod. proc. civ. (in tale prospettiva, Cass., sez. un., 9 marzo 2009, n. 5624; Cass., sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass., 12 settembre 2012, n. 15242). Con la conseguenza che, "ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, limitata all'oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l'illustrazione" (così la citata Cass., sez. un., n. 5624 del 2009). 6. - Sul ricorso principale della Valfin s.r.l. in liquidazione, intendendosi qui richiamati i quesiti in precedenza trascritti (ed evidenziati in corsivo), si osserva quanto segue. 6.1. - In ordine al primo motivo, sia il quesito "di fatto", che (del tutto palesemente) quello di diritto si astraggOno dalla ratio decidendi della sentenza impugnata, nella quale si presenta del tutto evidente che il fulcro della decisione viene a fondarsi sulla ritenuta responsabilità extracontrattuale delle società originariamente convenute e ciò in riferimento all'illecito correlato all'acquisto dalla Blue Point di un numero rilevante di autoveicoli ad essa ceduti da Ford, senza i certificati di conformità, per poi venderli sul mercato tedesco a terzi di buona fede, dove l'immatricolazione veniva effettuata, dal 1993, in assenza del predetto certificato. Ed è in siffatto contesto che il giudice di appello inserisce le proprie argomentazioni sul rilievo della buona/mala fede contrattuale in tema di vendita, segnatamente di autoveicoli, ma solo al fine di trarre elementi probatori in ordine alla piena consapevolezza delle società anzidette, operatori commerciali del settore, sulle condotte poste in essere, in quanto suscettibile di recare danno alla Ford. 23 dovendo la decisione della Corte di cassazione essere Da tale apparato motivazionale i formulati quesiti si estraniano, per consegnare invece alla delibazione di questa Corte un "fatto" ed un "principio di diritto" del tutto monchi e fuorvianti, tali da renderli inidonei allo scopo in forza dei criteri sopra ricordati. 6.2. - Quanto al secondo motivo, il quesito di diritto è astratto giacché sganciato dalla fattispecie, della quale non decidendi della sentenza impugnata, nella quale si afferma chiaramente che il prezzo della autovetture non venne mai versato alla Ford, con la conseguenza che non si pone questione di ripartizione dell'onere probatorio a fronte dell'accertamento pieno e diretto del fatto rilevante. Tale complessivo rilievo - pur a prescindere dalla circostanza che è stato erroneamente evocato un vizio motivazionale a fronte di una deduzione sostanziale volta a far valer un'omessa pronuncia su eccezione di parte evidenzia, altresì, l'inidoneità allo scopo del quesito "di fatto", posto che in esso si disconosce il suddetto impianto argomentativo, che, invece, è per l'appunto esplicito sulla circostanza del mancato pagamento del corrispettivo delle autovetture. 6.3. - Anche sul terzo motivo i quesiti si palesano come slegati dalla fattispecie concreta oggetto di cognizione e dal contesto della decisione assunta dalla Corte territoriale, dei quali non è dato cogliere la portata propria ed effettiva, senza accedere alla delibazione dell'intero motivo , là dove ciò - quanto al quesito di diritto - è particolarmente messo in risalto dalla palese tautologia del principio che si intende accreditare, quale regula iuris che si astrae dal decisum, e - quanto al quesito "di fatto" - dal suo essere riflesso di una lettura delle risultanze probatorie non già secondo il percorso seguito dal giudice del merito, bensì operata dalla parte in senso a sé favorevole. 24 si dà conto in modo intelligibile, nonché dalla stessa ratio 6.4. - Il quarto motivo - volto ad impedire il formarsi del giudicato sulla domanda risarcitoria ex art. 96 cod. proc. civ. proposta dalla ricorrente Vàlfin e rigettata nel giudizio di merito - è assorbito dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso. 7. - Sul ricorso incidentale della Elite Rent s.r.l. in liquidazione, intendendosi qui richiamati i quesiti in quanto segue. 7.1. - Quanto al primo motivo, i relativi quesiti altrimenti non rinvenibili - appaiono quelli formulati in chiusura del ricorso. Essi dovrebbero compendiare entrambe le censure (di violazione di legge e di vizio di motivazione), ma si risolvono, in modo del tutto evidente, in formulazioni assolutamente prive di un minimo aggancio alla fattispecie controversia ed alla decisione, proponendo scarni interrogativi giuridici che, nella loro astrattezza e tautologia, potrebbero accedere a qualsiasi altro giudizio che ponga, in generale, le medesime problematiche. 7.2. risarcitoria Il secondo motivo - vertente sulla domanda ex art. 96 cod. proc. civ. proposta dalla ricorrente Elite e che si assume ignorata nel giudizio di merito - è assorbito dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso. 8. - Sul ricorso incidentale della Niko Car s.r.l. in precedenza trascritti (ed evidenziati in corsivo), si osserva liquidazione, intendendosi qui richiamati i quesiti in precedenza trascritti (ed evidenziati in corsivo), si osserva quanto segue. 8.1. - Quanto al primo motivo, il quesito di diritto si astrae dalla fattispecie e dalla ratio decidendi, mancando di dare contezza dell'una e dell'altra, proponendo una iuris quaestio che si fonda sulla postulazione di un principio di diritto tautologico e privo di corrispondenza con quanto statuito dal giudice del merito, non vertendo la decisione 25 a(- sulla problematica giuridica dell'incontro dei consensi in tema di vendita o sull'astratta configurabilità di un danno aquiliano a seguito della conclusione dei relativi contratti, bensì sulla delibazione in concreto di condotte poste in essere da operatori commerciali del settore della vendita di autoveicoli siccome orientate, nella loro articolazione modale e psicologica, a determinare un danno nei confronti In ordine poi alla censura di vizio di motivazione, è del tutto assente il quesito "di fatto", da enuclearsi, come detto in precedenza, attraverso la apposita ed autonoma sintesi espositiva. 8.2. - Quanto al secondo motivo, il quesito appare compendiare sia la denuncia di vizio di motivazione, che seppur meno chiaramente - quella di violazione di legge, senza però in nessun caso rendere intelligibile, alla sola sua lettura, la fattispecie oggetto di cognizione, la ratio decidendl della sentenza impugnata ed il fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria; astraendosi da tutto ciò, il quesito viene, dunque, a proporre un interrogativo tautologico (circa l'operare delle presunzioni in tema di prova) e privo di una sua autonomia e rilevanza, così da mostrarsi palesemente inidoneo a veicolare le censure dedotte con il mezzo. 8.3. - In ordine al terzo motivo, il quesito formulato è da intendersi come "di diritto", sia per il tenore ed il verso che esso manifesta, predicando l'affermazione di una regula iuris, sia, comunque, per l'assenza di qualsivoglia riferimento al fatto controverso. Ciò puntualizzato, anche il quesito in esame si presenta astratto e tautologico, posto che la dedotta problematica della presunzione della buona fede nel possessore di bene mobile - semmai pertinente al singolare caso di specie - in ogni caso è ben lungi dall'essere calata nella fattispecie concreta e prescinde dall'effettivo percorso motivazionale 26 del produttore delle autovetture. della decisione impugnata, non solo mancando di dare contezza di siffatti termini, ma, segnatamente rispetto alla decisione, non cogliendone la effettiva portata, che - come già in precedenza evidenziato - si radica nella delibazione in concreto di plurime e convergenti condotte determinative di un danno al produttore delle autovetture. Quanto alla censura di vizio di motivazione, è del tutto 8.4. - Infine, in relazione al quarto motivo, è assente il quesito "di fatto", giacché quello formulato è palesemente orientato come quesito di diritto, volto ad evidenziare un vizio di ultrapetizione. Come tale, però, esso è inidoneo allo scopo, in carenza di aggancio alla fattispecie concreta, della quale non sono per nulla evidenziati i relativi e pertinenti contenuti, risultando la postulazione del vizio ex art. 112 cod. proc. civ. eminentemente astratta e come tale estraniantesi dal decisum, il quale - ad una piana lettura del dispositivo, in coordinazione con la motivazione - riflette, invero, una condanna per un quantum complessivo a carico di Carlo e Paolo Giuntoli, al quale non si somma affatto quello partitamente indicato nei confronti di ciascuna società, che, invece, si viene a radicare sulla misura della rispettiva responsabilità e sulla scorta di questa dà luogo alla condanna solidale. 9. - All'inammissibilità dei ricorsi segue la condanna delle società soccombenti al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in base ai criteri dettati dal d.m. n. 140 del 2012, tenuto conto, segnatamente, della identità soggettiva e della sostanziale unitarietà oggettiva delle difese delle stesse parti controricorrenti in ciascuno dei giudizi riuniti (ciò comportando, ai sensi del comma 4 dell'art. 4 del citato d.m., un aumento dei rispettivi compensi unici). 27 assente - come accennato - il quesito "di fatto". Nulla è da disporsi, quanto alle spese processuali, in riferimento alle posizioni degli intimati che non hanno svolto attività difensiva. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE riunisce i ricorsi e li dichiara tutti inammissibili; condanna le società ricorrenti al pagamento delle spese di Ford Italia S.p.A. e di Ford Credit Europe Bank PLC, in solido tra loro: l) in complessivi euro 18.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge, che pone a carico di Valfin s.r.l. in liquidazione; 2) in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge, che pone a carico di Elite Rent s.r.l. in liquidazione; 3) in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge, che pone a carico di Niko Car s.r.l. in liquidazione. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in data 28 maggio 2013. del presente giudizio di legittimità, che liquida in favore

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