Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16117 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. I, 28/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 28/07/2020), n.16117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35908/2018 proposto da:

E.H.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Torino 7 presso

lo studio dell’avvocato Barberio Laura, rappresentato e difeso

dall’avvocato Vitale Gianluca;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 759/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 da dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Torino ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria ed umanitaria proposta da E.H.M., cittadino (OMISSIS).

Il richiedente aveva dichiarato di essere sempre vissuto nella capitale (OMISSIS), di essere sposato, di avere una figlia nata nel (OMISSIS), di svolgere l’attività di tassista e di essere seguace di un gruppo di preghiera islamico e di aver accompagnato in una notte dell'(OMISSIS) alcuni affiliati del gruppo che gli avevano chiesto di trasportare i corpi di due seguaci deceduti per la sepoltura; di essere stato scoperto dalla polizia ed incarcerato con l’accusa di omicidio; di essere fuggito sette mesi dopo con l’aiuto di una guardia carceraria e di non voler rientrare in (OMISSIS) per paura di essere nuovamente incarcerato.

La Corte d’Appello ha confermato la negativa valutazione della credibilità del racconto già rilevata dal Tribunale e l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in (OMISSIS). Ha rilevato che il ricorrente è stato ascoltato anche in Tribunale,dove avrebbe potuto chiarire le incongruenze riscontrate dalla Commissione, non giustificabili dall’analfabetismo o dalla mancanza di precise domande del giudice. La vicenda narrata è rimasta priva di verosimiglianza anche in relazione alla cronologia degli eventi. In relazione all’insussistenza delle condizioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) la Corte d’Appello ha fondato il proprio giudizio su fonti attuali (pag. 6 pronuncia impugnata).

In relazione alla protezione umanitaria il rigetto è stato fondato sulla mancanza di alcuna particolare vulnerabilità del richiedente che al riguardo non ha fornito allegazioni o prove anche in relazione all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19.

Il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Nel primo motivo viene dedotta la violazione dei criteri legali di determinazione della credibilità della narrazione del richiedente e la violazione del diritto di difesa per non avere la Corte d’Appello disposto la comparizione personale del ricorrente al fine di affrontare le incongruenze e le perplessità riscontrate nelle dichiarazioni rese davanti al Tribunale, così da non potere effettivamente valutare la sua condizione personale. Nella censura, articolata in più parti, viene anche contestata la violazione del dovere di cooperazione istruttoria in relazione all’affiliazione al gruppo islamico del ricorrente sulla quale era stata fornita una selezione di informazioni aggiornate, rimaste prive di riscontri.

La censura non supera il vaglio di ammissibilità in nessuna delle sue articolazioni essendo diretta a richiedere un riesame di merito della credibilità del ricorrente e della valutazione delle fonti. La sentenza impugnata ha dato atto delle ragioni di condivisione dei rilievi plurimi di non credibilità riscontrati dal Tribunale, nonostante la reiterata interrogazione del ricorrente, evidenziando incongruenze precise (la discrasia temporale tra la nascita della figlia e l’allontanamento dal (OMISSIS) del ricorrente; il mancato riferimento alla famiglia, la genericità del racconto). A fronte di questi dettagli le censure risultano anche generiche, non essendo indicato quali precisazioni, che potevano essere sollecitate dal difensore di fiducia, ed integrazioni dovessero essere richieste nè quali criteri legali fossero stati effettivamente violati. In relazione alle fonti, la conclusione è la medesima. La radicale esclusione della credibilità del racconto, ampiamente giustificata, ha condotto la Corte d’Appello a non assumere informazioni officiose sulla vicenda narrata e a non valutare criticamente quelle offerte dal ricorrente, mentre sulle condizioni generali del paese di origine, incidenti sulla tipologia di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) l’indagine officiosa è stata svolta in modo puntuale ed aggiornato.

Nel secondo motivo di ricorso viene censurata la violazione dei criteri legali per il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

La censura contiene una disamina astratta delle modalità di accertamento della protezione umanitaria, senza alcuna indicazione ed allegazione sulla specifica condizione di vulnerabilità del ricorrente. Essa è, di conseguenza, inammissibile.

Nel terzo motivo viene dedotta l’illegittimità della disposta revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per violazione dei criteri legali.

La censura è inammissibile alla luce della recente sentenza delle S.U. di questa Corte n. 4315 del 2020, nella quale è stato affermato che il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato (ritualmente con separato decreto o all’interno del provvedimento di merito) anche per manifesta infondatezza, deve essere sempre considerato autonomo e, di conseguenza, soggetto ad un separato regime d’impugnazione, ovvero l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15. Contro tale provvedimento è ammesso il ricorso ex art. 111 Cost. E’ escluso, anche in questa ipotesi, che della revoca irritualmente disposta dal giudice, nel provvedimento che decide sul merito della domanda (o delle domande) proposta dalla parte, possa essere investita la Corte di Cassazione in sede di ricorso avverso la decisione, essendo necessario ricorrere alla sequenza procedimentale sopra delineata.

In conclusione il ricorso è inammissibile. Non vi è statuizione sulle spese processuali in mancanza della parte intimata.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore contributo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quarter se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

 

 

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