Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16117 del 08/07/2010

Cassazione civile sez. III, 08/07/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 08/07/2010), n.16117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17501/2006 proposto da:

S.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA G. B. BENEDETTI 4, presso lo studio dell’avvocato POLESE

FABRIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CRIMI Giovanni giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.G. (OMISSIS) quale titolare della DITTA GRISAFI

MOTORS DI GRISAFI GIUSEPPE’, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIACOMO BONI 15, presso lo studio dell’avvocato SAMBATARO ELENA,

rappresentato e difeso dall’avvocato LENTINI Gaspare giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1176/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

Sezione Seconda Civile, emessa il 30/9/2005, depositata il 10/10/2005

R.G.N. 833/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/04/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.F. il 17 ottobre 2001 conveniva in giudizio G.G., titolare della ditta Grisafi Motors, chiedendo di accertare la durata transitoria del contratto con cui gli aveva locato ad uso commerciale un suo immobile, e di dichiararne la risoluzione per inadempimento del conduttore, di cui chiedeva altresì la condanna al risarcimento dei danni.

Il conduttore eccepiva che le clausole, tra cui quelle relative alla durata della locazione e alla rinuncia all’indennità di avviamento commerciale, erano nulle per contrasto con norme imperative e contestava l’inadempimento attribuitogli.

Il Tribunale dichiarava la validità della clausola di durata biennale del contratto avuto riguardo alla natura dell’attività esercitata – esposizione e vendita di auto – esercitata dal conduttore e lo condannava per inadempimento all’obbligo del rilascio dell’immobile nel termine pattuito, di pagare puntualmente il canone, di stipulare ogni anno la polizza assicurativa, nonchè per l’uso improprio del piazzale e per la costruzione non concordata di una piattaforma di 20 mq.

Con sentenza del 10 ottobre 2005 la Corte di appello di Palermo accoglieva parzialmente il gravame di G.G., titolare della ditta Grisafi Motors, nei confronti di S.F. sulle seguenti considerazioni: 1) per poter ravvisare la natura transitoria dell’attività da esercitare nell’immobile preso in locazione le ragioni devono esser obbiettive ed invece l’attività in concreto esercitata non era per sua natura transitoria, nè lo era in base alla volontà delle parti poichè era prevista la possibilità di prosecuzione del rapporto oltre il secondo anno; conseguentemente non vi era inadempimento all’obbligo del rilascio e sussisteva il diritto del conduttore all’indennità di avviamento commerciale; 2) non sussisteva l’inadempimento nel pagamento del canone, offerto realmente dopo tre giorni dalla scadenza del termine, non esenziale;

3) l’uso del piazzale anche per il lavaggio delle auto era implicito nell’uso dell’immobile e comunque l’eventuale inadempimento era di scarsa importanza così come la costruzione della piazzola e la mancata stipula assicurativa per l’anno 2001, non avendo il locatore dimostrato l’interesse leso dall’inadempimento, giustificativo della risoluzione.

Ricorre per cassazione S.F. cui resiste G. G., in qualità di titolare della ditta Grisafi Motors. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Respinta l’eccezione di acquiescenza tacita per avere il difensore dello S. comunicato di voler adempiere la sentenza di appello perchè l’acquiescenza, atto dispositivo del diritto di impugnazione e, quindi, indirettamente, del diritto fatto valere in giudizio, esige che la relativa manifestazione di volontà oltre ad essere inequivoca, provenga dal soggetto che di detto diritto possa disporre o dal procuratore munito di mandato speciale, con il primo motivo il ricorrente deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Art. 360 c.p.c., n. 3 (L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 5, artt. 79, 80; artt. 1417 e 2697 c.c.)”.

Nel giudizio di primo grado il locatore aveva evidenziato che la durata biennale del contratto era pattuita per il tempo necessario alla conduttrice per costruire un locale proprio e al locatore per completare la costruzione di un ristorante bar a cui annettere i locali provvisoriamente locati; questo intendimento non è stato contestato dalle parti non avendo risposto lo S. neppure all’interrogatorio formale deferitogli, mentre la circostanza era stata confermata dal teste. Infatti il contratto del (OMISSIS) è qualificato dalle parti di natura transitoria e quindi non rileva che le ragioni della transitorietà non siano state espresse nel contratto, specificazione non obbligatoria. La volontà negoziale peraltro prevale sull’uso della cosa locata salva la simulazione del contratto, da dimostrare deal conduttore, ed il locatore aveva ottenuto le varianti delle opere di ampliamento sala bar e ristorante.

Il motivo è infondato.

La Corte di merito ha correttamente applicato il principio secondo il quale “Qualora la locazione di immobile destinato all’esercizio di una delle attività previste dalla L. n. 392 del 1978, art. 27, sia stipulata per una durata inferiore a quella legale, il contratto, ove sorga controversia, potrà essere ritenuto conforme al modello legale “locazione non abitativa transitoria” e, quindi, sottratto alla sanzione di nullità di cui all’art. 79 della legge stessa ed alla eterointegrazione della clausola legale ex art. 1339 cod. civ., a condizione che la transitorietà sia espressamente; enunciata, con specifico riferimento alle ragioni che la determinano, in modo da consentirne la verifica in sede giudiziale e semprechè risulti, in esito ad essa, che le ragioni dedotte (delle quali si postula l’effettività, ricorrendo, diversamente, una fattispecie simulatoria) siano di natura tale da giustificare la sottrazione del rapporto al regime ordinario e, cioè, siano ragioni obiettive che escludano esigenze di stabilità Cass. 3663/1996). Essendo pacifico che dal testo del contratto nessuna ragione giustificativa della deroga alla durata legale della norma era stata indicata, e che anzi era prevista la possibilità della prosecuzione oltre il biennio, il motivo va respinto.

2.- Con il secondo motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Art. 360 c.p.c. (artt. 1453, 1455, 1456, 1587 c.c.)”.

Non vi è prova che il pagamento del canone sia stato offerto dopo tre giorni dalla scadenza, mentre l’offerta reale era di due mesi dopo, e per il ritardo era prevista la clausola risolutiva espressa e comunque costituiva grave inadempimento.

La censura è inammissibile perchè non indica le ragioni di fatto causative dell’errore del giudice nell’accertamento del ritardo di soli tre giorni, mentre l’esistenza e la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa – di cui peraltro non vi è deduzione di tempestiva allegazione con conseguente denuncia di omessa pronuncia su di essa – è superata dalla valutazione, di merito, della non essenzialità del termine, non specificamente contestata, e quindi l’esclusione della gravita dell’inadempimento, ritenuta dal giudice di merito, è immune da vizi logici e giuridici.

3.- con il terzo motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 34 e 35 (art. 360 c.p.c.).

Erroneamente è stata riconosciuta l’indennità di avviamento commerciale perchè il contratto è di natura transitoria.

Il motivo è rigettato in conseguenza del rigetto del primo motivo.

4.- Con il quarto motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge. Art. 360 c.p.c., n. 3 (artt. 1453, 1455, 1587 c.c.)”.

Erroneamente è stato escluso il grave inadempimento del conduttore che ha adibito il piazzale a lavaggio delle macchine e costruito una piattaforma alterando lo stato dei beni e l’uso.

Il motivo, privo di censure per vizi logici, è inammissibile perchè volto ad una nuova valutazione di merito.

5.- Con il quinto motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge (artt. 1453, 1455, 1456 c.c.)”.

La mancata stipula della pattuita polizza assicurativa per l’anno 2001 costituisce grave inadempimento e comunque era stata prevista la clausola risolutiva espressa.

Il motivo è inammissibile.

La ratio decidendi è che l’inadempimento per esser grave deve ledere un interesse meritevole di tutela e nella fattispecie nessuna lesione era stata dedotta.

6.- Con il sesto motivo deduce: “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) artt. 91 e 92 c.p.c.”.

Sussistevano giusti motivi per la compensazione delle spese stante il rigetto di alcuni motivi di appello.

Il motivo è infondato.

La norma invocata vieta che la parte interamente vittoriosa debba sopportare le spese del giudizio, e tale principio non è stato violato.

7.- Con il settimo motivo deduce: “Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il giudice ha errato nel non considerare la mancata risposta all’interrogatorio del conduttore sull’intenzione delle parti di locare l’immobile transitoriamente, confermata dal teste, figlio del locatore, non contraddetta e dalla possibilità di rinnovo del contratto, e nel non aver considerato la clausola risolutiva espressa per gli C inadempimenti da essa previsti; inoltre non è stata esaminata la domanda di inadempimento per aver adibito ad officina i locali.

Il motivo è inammissibile perchè, per la parte non assorbita dalle considerazioni che precedono, è volto ad un riesame di circostanze di fatto valutate e congruamente motivate.

8.- Concludendo il ricorso va respinto. Il ricorrente va condannato a pagare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2010

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