Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16116 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. I, 22/07/2011, (ud. 07/03/2011, dep. 22/07/2011), n.16116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

OFFICINE MECCANICHE E FONDERIE MORDENTI DI SAURO E LIDO MORDENTI

& C.

S.N.C., in persona del legale rappresentante M.S.,

rappresentata e difesa dall’avv. DEFILIPPI CLAUDIO ed elett.te dom.ta

in Roma, Via Barberini n. 86, presso lo studio dell’avv. Ilaria

Scatena;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO e

domiciliato presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Torino n. 878 cron.

depositato il 20 maggio 2009 nel proc. n. 1518/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

marzo 2011 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Officine Meccaniche e Fonderie Mordenti di Sauro e Lido Mordenti &

C. s.n.c., dichiarata fallita dal Tribunale della Spezia con sentenza del 4 dicembre 1995, si era rivolta alla Corte d’appello di Torino per ottenere il ristoro dei danni non patrimoniali, quantificati in Euro 26.000,00, e patrimoniali, quantificati in Euro 10.000,00, derivanti dalla irragionevole durata della procedura fallimentare, non ancora definita alla data del ricorso, depositato il 10 dicembre 2008.

Con decreto del 13-20 maggio 2009 la Corte ha riconosciuto un indennizzo di soli Euro 1.500,00 per il danno non patrimoniale, ritenendo che la procedura fallimentare aveva superato di un solo anno la durata da stimare ragionevole, pari a 12 anni. Ha escluso, altresì, l’esistenza del danno patrimoniale lamentato dalla ricorrente in quanto, per un verso, nessun avviamento commerciale poteva comunque resistere allo svolgimento di una procedura di fallimento e, per altro verso, il pur lungo spossessamento dei beni subito dalla società era irrilevante in difetto di prova che, una volta conclusasi la procedura fallimentare, sarebbero residuati beni dei quali la medesima potesse rientrare in possesso. Ha, infine, compensato per metà le spese processuali, in considerazione della sproporzione fra somma richiesta dall’attrice e quella riconosciutale, condannandolo.

La società ha quindi proposto ricorso per cassazione per tre motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che la liquidazione dell’indennizzo debba essere parametrata all’intera durata del processo presupposto, e non solo a quella eccedente la durata ragionevole.

1.1. – Il motivo è infondato, essendo vero invece il contrario, in base alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), che non contrasta nè con l’art. 117 Cost., comma 1, nè con l’art. 6 della CEDU, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (da ult., Cass. 10415/2009, 3716/2008, 14/2008).

2. – Il secondo motivo, con cui si denuncia nuovamente violazione di norme di diritto, si conclude con il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 1: “… se il pregiudizio di natura patrimoniale che, come quello individuato nell’atto introduttivo del presente procedimento, derivi direttamente dal prolungarsi del processo de quo sia da comprendersi nella liquidazione eventualmente anche ^globalè dell’equo indennizzo per irragionevole durata del processo, come da giurisprudenza della Corte Europea”.

2.1. – La censura, come formulata, è inammissibile perchè non ha riferimento alla ratio della decisione impugnata.

La ricorrente, invero, da per scontato quello che invece la Corte d’appello ha motivatamente escluso (e che dunque andava motivatamente censurato), ossia che i danni lamentati derivassero dall’eccessivo prolungarsi della procedura fallimentare, e pone quindi, sulla base del suo assunto apodittico, una questione del tutto ovvia – se, cioè, il danno patrimoniale derivante dal prolungarsi della procedura debba essere indennizzato – ma che il giudice di merito non ha affatto risolto in senso negativo, essendosi appunto arrestato al rilievo della insussistenza di un siffatto danno.

3. – Con il terzo motivo, sempre denunciando violazione di norme di diritto, si censura la statuizione di compensazione (parziale) delle spese processuali, formulando il seguente quesito di diritto: “… se vi sia stata errata applicazione ed insufficiente motivazione in relazione alla parziale compensazione delle spese del procedimento, essenzialmente gratuito, in cui la parte sia risultata vittoriosa e nonostante la riduzione dell’indennizzo, richiesto sulla base dei parametri Europei”.

3.1. – Anche questo motivo è inammissibile, considerata la formulazione del quesito finale, che non consente di cogliere quale sia la questione giuridica sollevata e si risolve, in defintiva, in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata (cfr. Cass. 19892/2007).

4. – Il ricorso va in conclusione rigettato.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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