Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16115 del 28/07/2020
Cassazione civile sez. I, 28/07/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 28/07/2020), n.16115
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6065/2019 proposto da:
R.M.M., elettivamente domiciliato presso l’avv. Luigi
Migliaccio, che lo rappres. e difende, con procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 362/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 17/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23/01/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.
Fatto
RILEVATO
che:
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 17.7.2018, ha respinto l’appello proposto da R.M.M., cittadino del (OMISSIS), contro l’ordinanza del tribunale che aveva a sua volta respinto le domande di riconoscimento della protezione sussidiaria o, in subordine, di quella umanitaria, avanzate dall’appellante in sede di impugnazione del provvedimento di diniego della competente Commissione Territoriale.
Per ciò che in questa sede ancora rileva, la corte del merito ha escluso che il ricorrente versasse in una situazione di particolare vulnerabilità, tale da giustificare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria.
R.M. propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidato ad un unico motivo.
Il Ministero dell’Interno non svolge difese.
Diritto
RITENUTO
Che:
Con l’unico motivo il ricorrente denunzia l’omesso esame dei fatti decisivi allegati a sostegno della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, costituiti: dalle minacce e violenze subite in patria, testimoniate dalle ferite da lui riportate alle gambe; dalle ulteriori violenze subite in Libia, durante il periodo ivi trascorso; dalla crisi umanitaria sussistente in Bangladesh e dalla situazione di sfollato in cui si verrebbe a trovare nel caso di suo ritorno in patria; dal percorso di integrazione avviato in Italia, ove egli ha casa ed un lavoro con contratto a tempo indeterminato.
Il motivo è fondato.
La corte del merito ha infatti sostanzialmente omesso di motivare sulle ragioni di rigetto della domanda di protezione umanitaria, limitandosi a rilevare, in via assertiva, che il ricorrente non versava in una situazione di particolare vulnerabilità, senza valutare le circostanze da questi allegate a sostegno del relativo motivo d’appello, da essa stessa, in buona parte, riportate nella pur sintetica esposizione delle ragioni di doglianza.
Inoltre, la Corte d’appello ha omesso ogni valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, considerando anche il percorso lavorativo intrapreso in Italia, in violazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 29459/19, a tenore del quale: in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato.
Pertanto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione che riesaminerà la domanda di protezione umanitaria e liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020