Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16114 del 28/06/2017

Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 20/04/2017, dep.28/06/2017),  n. 16114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4608/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

M.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Emanuele Coglitore e

dalla Prof. Avv. Mariagrazia Bruzzone, con domicilio eletto presso

lo studio del primo in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte, n. 59/10/11 depositata il 28 settembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 aprile

2017 dal Consigliere Emilio Iannello.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento per Irpef relativa alla plusvalenza realizzata con la cessione di terreno edificabile avvenuta in data 7/4/2005 – la C.T.R. del Piemonte, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello del contribuente ritenendo che (essendosi quest’ultimo avvalso della facoltà concessa dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 7 di assumere, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore determinato alla data del 1 gennaio 2002 sulla base di una perizia giurata di stima) il prezzo di vendita del bene (indicato nell’atto in importo pari a quello stimato in perizia) non può discostarsi da quello risultante in seguito alla rivalutazione, dato il brevissimo lasso di tempo intercorso, nè può essere parametrato, come sostenuto dall’Ufficio, al valore determinato ai fini dell’imposta di registro, facendo questa riferimento al valore del bene “che può risultare diverso dal prezzo”;

che avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso sulla base di due motivi, cui resiste il contribuente, M.G., depositando controricorso;

che il controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1;

considerato che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 2001, art. 7, comma 6, anche in combinato disposto con il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51, comma 3 e con l’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto precluso all’Ufficio qualsiasi accertamento sul maggior reddito da plusvalenza, per effetto dell’avvenuta rivalutazione del costo storico degli immobili alienati, ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 7 e per avere conseguentemente ritenuto inutilizzabile, quale elemento per una diversa valutazione in rettifica, il valore venale accertato ai fini dell’imposta di registro;

che con il secondo motivo la ricorrente denuncia altresì insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. postulato l’equiparazione tra il valore determinato ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 7 e quello di vendita, omettendo di considerare che il primo tiene conto di condizioni che avrebbero potuto essere non più attuali nei sette mesi successivi e omettendo altresì di prendere posizione sulle ragioni poste a fondamento dell’accertamento, rappresentate dalla stima operata dall’U.T.E. ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51, comma 3;

ritenuto che entrambi i motivi, congiuntamente esaminabili, sono infondati nella parte in cui postulano che legittimamente la plusvalenza tassabile nelle ipotesi previste dall’art. 67, comma 1, lett. b) t.u.i.r., possa essere accertata – come nella specie avvenuto – sulla base del valore determinato ai fini dell’imposta di registro;

che al riguardo merita infatti conferma la decisione impugnata, laddove afferma, alla stregua di quella che può considerarsi quale autonoma ratio decidendi, che il valore del bene determinato ai fini dell’imposta di registro “non può essere utilizzato per la determinazione della plusvalenza”;

che la correttezza di tale regola di giudizio, ai fini che occupano, discende dallo ius superveniens rappresentato dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, il quale all’art. 5, comma 3, prevede che “gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5, 5-bis, 6 e 7 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”;

che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, con orientamento consolidato, la norma è da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso atteso l’intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da Corte Cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative;

che, peraltro, anche ove volesse porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, è certo che se il riferimento alla interpretazione da attribuire a norme precedenti non serve per ciò solo ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), tuttavia testimonia l’intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che è proprio della norma interpretativa, intento che nella specie trova ulteriore conferma nel citato art. 5, comma 4 laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative): circostanza, questa, che contribuisce a togliere ogni dubbio circa l’intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi (così, in motivazione, Cass., 15/04/2016, n. 7488; v. anche Cass. 10/02/2017, n. 3590);

che deve pertanto pervenirsi al rigetto del ricorso;

che, tuttavia, discendendo l’esito della causa dall’applicazione di una norma che, ancorchè dichiaratamente interpretativa, ha indubbia portata innovativa del quadro giurisprudenziale preesistente (invero, consolidato da oltre un decennio nel senso di ritenere l’Amministrazione finanziaria legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento della plusvalenza di cessione di un terreno edificabile sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, salva per il contribuente la facoltà e l’onere della prova contraria: v. e pluribus Cass., nn. 13823/2014; 14571/2013; 5070/2011, 22793/2010; 4057/2007), si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

PQM

 

rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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