Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16112 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 09/06/2021), n.16112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO G. Mar – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 038/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

F.lli (OMISSIS) s.r.l. in fallimento, in persona del curatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Lima n. 7, presso lo

studio dell’avv. Iannuccilli Pasquale, rappresentata e difesa

dall’avv. Sagliocco Giorgio giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 307/48/13, depositata l’1 ottobre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 febbraio

2021 dal Consigliere Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 307/48/13 del 01/10/2013 la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP) n. 539/19/11, con la quale era stato accolto il ricorso della F.lli (OMISSIS) s.r.l. nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2005;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento era stato emesso per irregolare rilascio di fatture senza l’applicazione dell’IVA ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8, comma 2;

1.2. la CTR rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate evidenziando che: a) la ricostruzione dell’Amministrazione finanziaria non era fornita di adeguato supporto probatorio, non evincibile nè dalle dichiarazioni dei terzi, nè dalle intercettazioni telefoniche; b) la società contribuente aveva ottemperato a tutti gli adempimenti formali previsti a suo carico; c) non si comprendeva quale responsabilità potesse avere il cedente per l’emissione di una dichiarazione d’intenti falsa da parte della ditta cessionaria M.E., da ritenersi l’unica responsabile della frode; d) del resto, il cedente poteva ritenersi responsabile unicamente nel caso di operazione compiuta senza la previa ricezione della dichiarazione d’intenti;

2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo;

3. F.lli (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in epoca successiva alla pronuncia di secondo grado, resisteva in giudizio in persona dei curatori fallimentari depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che il cedente avrebbe dovuto adoperarsi, con un comportamento apprezzabile in termini di buona fede e con la diligenza dell’operatore commerciale professionale, a verificare, sotto il profilo sostanziale e non meramente formale, l’affidabilità del cessionario che gli ha comunicato la dichiarazione di intenti;

1.1. secondo la prospettazione della difesa erariale, la CTR si sarebbe accontentata del rispetto solo formale degli obblighi, gravanti sul cedente, di verificare la genuinità della dichiarazione di intenti;

2. il motivo è ammissibile, in quanto censura puntualmente il decisum della CTR, denunciando un cd. vizio di sussunzione, ed, altresì, fondato;

2.1. secondo un ormai consolidato orientamento della S.C., al quale va data continuità, “in tema d’IVA, nelle cessioni all’esportazione in regime di sospensione d’imposta D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 8, se la dichiarazione d’intenti si riveli ideologicamente falsa, il cedente deve dimostrare l’assenza di un proprio coinvolgimento nell’attività fraudolenta, ossia di non essere stato a conoscenza dell’assenza delle condizioni legali per l’applicazione di detto regime o di non essersene potuto rendere conto, pur avendo adottato tutte le ragionevoli misure in proprio potere” (Cass. n. 34260 del 21/12/2019; Cass. n. 9586 del 05/04/2019; conf. Cass. n. 14979 del 15/07/2020; Cass. n. 14936 del 08/06/2018; Cass. n. 19896 del 05/10/2016; Cass. n. 176 del 09/01/2015; Cass. n. 7389 del 11/05/2012; Cass. n. 12751 del 10/06/2011);

5.3. nel caso di specie, non è in contestazione la circostanza che la dichiarazione d’intenti resa dalla ditta M. sia ideologicamente falsa;

5.3.1. grava, pertanto, sulla parte cedente (e, quindi, su F.lli (OMISSIS) s.r.l.) l’onere di provare l’assenza del proprio coinvolgimento nell’operazione fraudolenta, vale a dire di non essere stata a conoscenza delle condizioni legali per l’applicazione del regime di non imponibilità ovvero di trovarsi in una situazione di ignoranza incolpevole, per l’avere adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non la conduca a partecipare alla frode;

2.4. deve, dunque, escludersi, come vorrebbe la CTR, che il soggetto che riceve la dichiarazione d’intenti non abbia alcun obbligo di verifica di carattere sostanziale, atteso che allorquando tale dichiarazione di intenti si riveli ideologicamente falsa, egli assume un onere probatorio di non poco momento, dovendo sostanzialmente dimostrare la propria buona fede;

2.5. l’errore della CTR è stato quello di avere limitato la propria indagine agli aspetti solo formali, escludendo la responsabilità della società contribuente senza verificare se, in concreto, opportunamente valutando tutti gli elementi forniti dall’Amministrazione finanziaria (primo fra tutti la sostanziale coincidenza tra la data di inizio dell’attività e la data della dichiarazione d’intenti, la quale indurrebbe ad escludere la possibilità che M. possa avere assunto la qualità di esportatore abituale), abbia comprovato, come suo onere specifico, l’effettiva estraneità alla frode;

2.6. nè può ragionevolmente sostenersi, come fa la società contribuente, che i menzionati principi riguardino altra fattispecie rispetto a quella oggetto della presente controversia, atteso che la dichiarazione di intenti viene prevista dal comma 2 proprio in relazione a fattispecie di cessioni all’esportazione;

3. in conclusione il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla CTR della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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