Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16110 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 16110 Anno 2013
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA
sul ricorso 25507-2007 proposto da:
SAGGESE LUCIANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato LAURO
MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato
FIORENTINO GIOVANNI giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1031

contro

SAGGESE MICHELA CRISTINA, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio
dell’avvocato VALERI ELISABETTA, rappresentato e
difeso dall’avvocato LAMBIASE PASQUALE giusta delega

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Data pubblicazione: 26/06/2013

in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1503/2007 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/05/2007 R.G.N.
667/2005;

udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito l’Avvocato GIOVANNI FIORENTINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per
l’inammissibilita’ in subordine il rigetto.

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

1.

Il 17.10.02 Michela Cristina Saggese convenne in

giudizio dinanzi al tribunale di Torre Annunziata – sez.
dist. di Sorrento lo zio Luciano Saggese, cui il suo dante
causa Amedeo Saggese aveva conferito procura generale con

l’inefficacia di tutti gli atti posti in essere dalla
controparte, dovendo qualificarsi

falsus procurator,

ovvero

pronunciarsi l’annullamento della procura o riconoscersi
l’estinzione del mandato alla morte del mandante (avvenuta
il 7.6.00) e l’obbligo del mandatario di rendere il conto,
con sua condanna al risarcimento del danno.
L’adito tribunale, con sentenza non definitiva, dichiarò
l’obbligo di Luciano Saggese di rendere il conto in
relazione a quello che aveva qualificato mandato
conferitogli da Amedeo Saggese, disponendo con separata
ordinanza per il rendimento del conto.
Avverso tale pronuncia Luciano Saggese interpose
gravame, cui resistette Michela Cristina Saggese: il quale
fu però respinto dalla corte di appello partenopea con
sentenza n. 1503 del 10.5.07, notificata il 20.6.07, con
sua condanna alle spese del grado.
Per la cassazione di tale ultima sentenza ricorre ora
Luciano Saggese, affidandosi a sette motivi; resiste con
controricorso Michela Cristina Saggese.
Motivi della decisione

2. Il ricorrente Luciano Saggese sviluppa sette motivi.
Conclude il primo (di “violazione e/o falsa applicazione ‘
degli artt. 1703 c.c. e 1387 c.c., nonché degli artt. 1362,

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atto del 18.2.82, chiedendo dichiararsi la nullità o

co. l, 1363 e 11365 c.c., in quanto e per come applicabili
ai negozi unilaterali in virtù del richiamo di cui all’art.
1324 c.c.”) col seguente quesito di diritto:

nell’ambito di

un’operazione ermeneutica volta alla ricostruzione della
volontà dell’autore di un negozio unilaterale alla stregua

1365 c.c., è lecito desumere, dalla dichiarazione dello
stesso di voler nominare un’altra persona procuratore
generale perché in suo nome, vece, conto ed interesse
amministri tutti i suoi beni presenti e futuri,
l’intenzione di voler conferire contestualmente alla
procura generale anche un mandato generale, ad onta della
struttura unilaterale dell’atto, della sua titolazione come
procura generale e del carattere asseritamente
esemplificativo della elencazione degli atti (ivi compresi
quelli di straordinaria amministrazione) da ritenersi
compresi nell’ambito dei poteri del nominato procuratore?.
Conclude il secondo (di “violazione e/o falsa
applicazione del combinato disposto degli artt. 1703 e 1326
c.c., degli artt. 1708, co. 2 ° , 1350, 1392 e 1704 c.c. e
degli artt. 1325 n. 4 e 1418, co. 2 ° , c.c.”) col seguente
quesito di diritto: può dirsi validamente concluso mediante
accettazione della relativa proposta per fatti concludenti
il contratto avente ad oggetto il conferimento di un
mandato generale con rappresentanza attributivo del potere
di compiere, in nome e per conto del mandante, anche
acquisti ed alienazioni di beni immobili ed altre attività
negoziali di cui all’art. 1350 c.c.?

4

dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362, 1363 e

Conclude il terzo (di “violazione e/o falsa applicazione
del combinato disposto degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli
artt. 2697 e 2730 c.c.”) col seguente quesito di diritto:
può, in base alla semplice affermazione, ad opera (del
difensore) della parte evocata in giudizio per la

atti di vendita immobiliare in nome del preteso mandante
sulla scorta di una generale da questo conferita con un
atto pubblico in ipotesi contenente anche una contestuale
proposta di mandato ad amministrare l’intero patrimonio,
ritenersi ottenuta la confessione in ordine
all’accettazione per fatti concludenti di tale proposta,
dispensando dal relativo onere probatorio la parte che ha
agito per ottenere il rendimento del conto?
Correda il quarto (di “violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 1713, co. 1 0 , c.c.”) del seguente quesito di
diritto:

può pervenirsi, sulla base di un atto di procura

generale, all’affermazione di sussistenza di un obbligo di
rendiconto a carico del soggetto conferita rio, nonostante
l’impossibilità di isolare nell’atto stesso una volontà del
conferente diretta ad attribuire un contestuale mandato ad
amministrare l’intero patrimonio (compiendo anche atti di
disposizione immobiliare)

e

comunque in mancanza di

accettazione di tale mandato formulata per iscritto e
comunque in assenza della prova della predetta
accettazione?
A chiusura del quinto (di “violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 112 c.p.c., 263 c.p.c. e 1713, co.
1 0 , c.c.”) formula il seguente quesito di diritto:

può il

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presentazione del rendiconto, del compimento di singoli

giudice di merito, nella sentenza che dichiara la
sussistenza dell’obbligo di rendicontazione, omettere ogni
statuizione sul contenuto e sui limiti oggettivi di tale
obbligo ove su di essi (ed in particolare sulla
riferibilità alle attività oggetto di obbligo di

l’effetto ordinare genericamente al mandatario di rendere
il conto senza aver effettuato alcuna istruttoria sui punti
di contrasto, esponendolo a dubbi interpretativi
sull’estensione dell’ordine impartito?
Conclude il sesto (di “violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c., 263 c.p.c., 2934, co. 1 0 , c.c. e
1713, co. l ° , c.c.”) col seguente quesito di diritto: può
il giudice di merito, nella sentenza che dichiara la
sussistenza dell’obbligo di rendicontazione, omettere ogni
statuizione sui limiti temporali di tale obbligo ove su di
essi (ed in particolare sull’estensibilità nel tempo con
riferimento alla prescrizione) sussista contrasto tra le
parti, e per l’effetto ordinare genericamente al preteso
mandatario di rendere il conto di attività per le quali
sono decorsi oltre dieci anni dal loro compimento?
Infine, correda il settimo (di “violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 112 e 263 c.p.c.”) del seguente
quesito di diritto:

può il giudice, in presenza della

domanda motivata della parte obbligata intesa a prestare la
rendicontazione con modalità diverse ed alternative
rispetto a quelle di cui all’art. 263 c.p.c., omettere una
pronuncia parimenti motivata su di essa?

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rendicontazione) sussista contrasto tra le parti, e per

3. Dal canto suo, la controricorrente Michela Cristina
Saggese: evidenzia come la circostanza del fondamento
dell’obbligo di rendiconto sullo stesso unilaterale atto di
procura sia stata posta a base della sentenza di primo
grado,

con statuizione non impugnata,

ma comunque

prende poi in considerazione partitamente i singoli motivi
di ricorso, contestandone l’ammissibilità in relazione alle
prescrizioni dell’art. 366-bis cod. proc. civ. ed alla
sussumibilità delle censure entro il n. 5 e non entro il n.
3 dell’art. 360 cod. proc. civ.; contesta nel merito le
singole doglianze, condividendo le valutazioni della corte
di

merito

sulla

sussistenza

di

un

mandato

e

sull’accettazione per facta concludentia della proposta di
esso contenuta nella procura; rimarca la carenza di
contestazione di controparte sull’effettivo compimento di
atti dispositivi; pone in risalto che quanto alle questioni
ulteriori sull’estensione e sulle modalità del rendiconto
la corte di merito ha rimandato allo sviluppo del giudizio
di primo grado, essendo limitata l’impugnazione alla sola
sussistenza dell’obbligo di rendiconto.
4. Il ricorso è inammissibile: in primo luogo, perché
contiene un’esposizione del fatto, necessaria ai sensi
dell’art. 366 n. 3 cod. proc. civ., articolata sulla
pedissequa riproduzione degli atti dei gradi di merito, con
scarse inserzioni, tra l’uno e l’altro, di laconici testi
di

mera

presentazione

dello

scritto

processuale

immediatamente successivo.

7

confermata dalla corte territoriale in grado di appello;

4.1. In particolare, nelle prime 115 pagine delle totali
126 del ricorso, il ricorrente ritrascrive testualmente e
pressoché integralmente: da pag. l a pag. 4, la procura per
cui è causa; da pag. 5 a pag. 9, l’atto di citazione
avversario in primo grado; da pag. 9 a pag. 15, la comparsa

da pag. 19 a pag. 20, le memorie ex art. 183, co. 5, cod.
proc. civ. delle due parti; da pag. 20 a pag. 29 e da pag.
29 a pag. 32, le memorie ex art. 184 cod. proc. civ. delle
due parti; da pag. 32 a pag. 34, le rispettive memorie di
replica; a pag. 34 e 35, l’ordinanza di rigetto delle
istanze istruttorie e di ordine di rendiconto; a pag. 35 e
36, la successiva ordinanza di revoca della precedente e di
fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni;
da pag. 36 a pag. 41 e da pag. 41 a pag. 49 le comparse
conclusionali delle due parti; da pag. 49 a pag. 62 e da
pag. 62 a pag. 66, le rispettive memorie di replica; alle
pagine 66 e 67 la motivazione della sentenza parziale di
primo grado; da pag. 67 a pag. 75, l’atto di appello di
esso ricorrente; da pag. 75 a pag. 87, la comparsa di
costituzione in appello di controparte; da pag. 87 a pag.
98 e da pag. 98 a pag. 107, le comparse conclusionali
dell’appellante e dell’appellata; da pag. 107 a pag. 111,
la memoria di replica in appello dell’appellante; da pag.
111 a pag. 115, la motivazione della sentenza oggi gravata.
4.2. Ma le sezioni unite di questa Corte hanno stabilito
che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del
requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la
pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto

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di costituzione di esso ricorrente; da pag. 15 a pag. 19 e

degli atti processuali è – per un verso – del tutto
superflua, non essendo affatto richiesto che si dia
meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda
processuale si è articolata, mentre – per altro verso – è
inidonea a soddisfare la necessità della sintetica

Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello
di cui occorre sia informata), la scelta di quanto
effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cass.
Sez. Un., 11 aprile 2012, n. 5698); così confermando la
tendenza interpretativa già invalsa presso le sezioni
semplici (tra le molte: Cass., ord. 22 settembre 2009, n.
20395; Cass. 16 marzo 2011, n. 6279; Cass., ord. 23
novembre 2011, n. 24749; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1905).
4.3. Per come è stato strutturato il ricorso, esso è
quindi inammissibile per inosservanza del disposto del n. 3
dell’art. 366 cod. proc. civ., come interpretato dalla
giurisprudenza, ormai anche delle sezioni unite, di questa
corte di legittimità.
5. Va poi rilevato che, essendo stata la sentenza
impugnata pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla
fattispecie continua ad applicarsi, nonostante la sua
abrogazione (ed in virtù della disciplina transitoria di
cui all’art. 58, comma quinto, della legge 18 giugno 2009,
n. 69) l’art. 366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la
rigorosa interpretazione elaborata da questa Corte (Cass.
27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887;
Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079). Pertanto:

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esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla

5.1. i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art. 360
cod. proc. civ. vanno corredati, a pena di inammissibilità,
da quesiti che devono compendiare: a) la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice
di merito; b) la sintetica indicazione della regola di

diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta
applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass. Sez.
Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio
2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8
novembre 2010, n. 22704); d) questioni pertinenti alla
ratio decidendi,

perché, in contrario, difetterebbero di

decisività (sull’indispensabilità della pertinenza del
quesito, v.: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347;
Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre
2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901);
5.2. a corredo dei motivi di vizio motivazionale vanno
formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono
consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo
del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente
ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo,
chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n.
16002; Cass. Sez. Un., l ° ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30
dicembre 2009, ord. n. 27680);

10

diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di

5.3. infine, è consentita la contemporanea formulazione,
nel medesimo motivo, di doglianze di violazione di norme di
diritto e di vizio motivazionale, ma soltanto alla
imprescindibile condizione che ciascuna sia accompagnata
dai rispettivi quesiti e momenti di sintesi (per tutte:

2011, n. 27649).
6. Già sulla base di tali premesse, è agevole rilevare:
– che i quesiti a corredo dei primi tre motivi sono
privi della descrizione delle peculiarità del caso concreto
e delle regulae iuris che si vorrebbero malamente applicate
dai giudici del merito; e che, comunque, il primo quesito
non si fa carico del fondamento della conclusione della
corte territoriale, in punto di sussistenza del mandato,
sulla complessiva considerazione dell’atto di conferimento
di procura e su condotte successive del mandatario; mentre
il secondo ed il terzo quesito non si fanno carico della
qualificazione di “sostanziale” ammissione (v. pag. 9,
dodicesimo rigo dal termine) da parte del mandatario in
ordine all’effettivo

compimento degli atti di gestione e

disposizione dei beni;
– che sugli altri motivi i quesiti non sono pertinenti,
non facendosi carico dell’espressa statuizione della
gravata sentenza in ordine alla devoluzione di ogni altra
questione al prosieguo del giudizio di merito, siccome
estranea all’oggetto della sentenza non definitiva di primo
grado, sola ad essere stata appellata.
7.

Infine,

inammissibilità

anche
del

la

preliminare

ricorso,

come

eccezione
avanzata

di
dalla

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Cass. sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre

controricorrente, è fondata: quale

ratio decidendi

del

rigetto della domanda del Luciano Saggese la corte
territoriale riconosce (p. 5, terz’ultimo capoverso, della
sentenza gravata) avere il primo giudice individuato anche
l’espressa previsione, nella procura, dell’obbligo di

ulteriore rispetto alla qualificazione data, al rapporto
con il germano, quale mandato.
Eppure, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di
ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali
giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la
decisione adottata: infatti, l’omessa impugnazione di una
di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la
censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta
definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non
potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della
sentenza (principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis
cod. proc. civ. da Cass., ord. 3 novembre 2011, n. 22753;
tra le innumerevoli altre e per limitarsi alle più recenti,
v.: Cass. 28 gennaio 2013, n. 1891; Cass. 23 gennaio 2013,
n. 1610; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 20 novembre
2009, n. 24540; Cass. 18 settembre 2006, n. 20118).
Delle due l’una, quindi: o tale

ratio decidendi

non è

stata impugnata neppure in appello da Luciano Saggese ed
allora essa da sola avrebbe sorretto la decisione di primo
grado e comportato l’inammissibilità di ogni successiva
impugnazione dell’ulteriore

ratio;

oppure risulta in

qualche modo ritualmente inserita nel

thema decidendum

dell’appello, ma allora avrebbe dovuto essere espressamente

12

rendiconto, evidentemente quale fondamento e ragione

impugnata in questa sede. Ed invece nessuno dei motivi,
tanto più come trasfusi nei quesiti a loro corredo, si fa
carico della

ratio decidendi

suddetta (dell’esistenza, fin

dall’atto di conferimento della procura, di un obbligo
espresso di rendiconto in capo al “conferitario”).

il soccombente ricorrente condannato alle spese del
presente giudizio di legittimità in favore di controparte.
P.

Q. M

.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna
Luciano Saggese al pagamento, in favore di Michela Cristina
Saggese, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate
in C 22.500,00, di cui C 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 9 maggio 2013.

8. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile ed

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