Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16109 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. I, 28/07/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 28/07/2020), n.16109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16864/2018 proposto da:

U.K., elettivamente domiciliato in Roma Via Po, 22, presso lo

studio dell’avvocato Ciervo Antonello che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Prefettura Di Roma, Questura Di Roma;

– intimate –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ROMA;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. Lina RUBINO;

udito l’Avvocato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– U.K., nato in (OMISSIS), propone ricorso per cassazione nei confronti della Prefettura e della Questura di Roma, articolato in un unico motivo, avverso l’ordinanza del Giudice di Pace di Roma, resa il 7 febbraio 2018, non notificata, con la quale il suo ricorso avverso il decreto di espulsione emesso dal prefetto di Roma il 10 gennaio 2017 e contro il successivo ordine del Questore di lasciare il territorio nazionale è stato rigettato per mancanza di prova che egli avesse regolarizzato la propria posizione;

le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del TUIM e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 2 bis;

– assume che l’espulsione è stata disposta sul presupposto che egli fosse titolare di un permesso di soggiorno scaduto da più di 60 giorni, senza che ne fosse stato richiesto il rinnovo; ciò premesso, sostiene di aver effettivamente richiesto il rilascio del permesso per attesa occupazione, ma di non aver mai ricevuto comunicazione della concessione del provvedimento amministrativo; rileva, pertanto, che il mancato ritiro del permesso e la mancata richiesta di rinnovo – imputabili alla violazione da parte della P.A. del disposto dell’art. 11, comma 2 cit., il quale prevede che “la Questutra, sulla base degli accertamenti effettuati, procede al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o ricongiungimento familiare, dandone comunicazione, tramite procedura telematica, allo Sportello unico che provvede alla convocazione dell’eventuale diniego, di cui all’art. 12, comma 1 TUIM” – non avrebbero potuto dar luogo all’esplulsione, atteso che prima della consegna del provvedimento non possono decorrere nè il termine di validità del premesso nè, tantomeno, quello previsto per il rinnovo;

– il ricorso è inammissibile, in quanto fondato su una questione di fatto che non trova riscontro nell’ordinanza impugnata: il ricorrente avrebbe, dunque, primo luogo dovuto specificare se, ed in quali esatti termini, l’aveva dedotta, l’originario atto di impugnazione, e, in ogni caso, denunciare sul punto un vizio di omessa pronuncia;

– nulla sulle spese in difetto di attività difensive da parte delle intimate.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

 

 

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