Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16108 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 06/04/2017, dep.28/06/2017),  n. 16108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16765/2013 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DELLA GIULIANA

66, presso lo studio dell’avvocato PIETRO PATERNO’ RADDUSA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERGIORGIO

FINOCCHIARO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI CATANIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 146/2013 della COMM. TRIB. REG. della SICILIA

SEZ. DIST. di CATANIA, depositata il 17/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Con la sentenza n. 146/34/12, depositata il 17.05.2012 e non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione dist. di Catania, in riforma della pronuncia di primo grado, su appello dell’Ufficio, ha riconosciuto la legittimità dell’avviso di rettifica emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nei confronti di T.R., esercente attività di autodemolizioni e vendita di ricambi usati, per IRPEF, IVA ed altro, riguardo all’anno di imposta 2000.

2. Il secondo giudice ha ritenuto legittimo l’accertamento perchè fondato su molteplici violazioni degli obblighi relativi alla documentazione e/o registrazione di operazioni imponibili attive che avevano reso inattendibile la contabilità tenuta dalla ditta, di guisa che appariva legittimo l’operato dell’Ufficio che, facendo ricorso all’accertamento analitico-induttivo aveva proceduto alla rettifica mediante l’utilizzo di dati extracontabili rinvenuti durante la verifica e relativi alle registrazioni effettuate nei mesi di settembre e ottobre del 1998, sulla considerazione che all’Amministrazione non era preclusa la possibilità di avvalersi di dati o notizie comunque raccolte alla luce della sentenza n. 4952/2012 della Corte di Cassazione; ha rilevato, inoltre, che la parte privata si era limitata a contestare la metodologia utilizzata dall’Ufficio, senza confutare le singole violazioni ascrittele, nonostante le incombesse l’onere di provare l’asserita infondatezza dell’accertamento.

3. Il ricorso per cassazione, proposto dalla parte privata su cinque motivi e corredato da memoria ex art. 378 c.p.c., è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

L’Agenzia ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la omessa pronuncia e la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’eccezione con la quale la parte privata aveva contestato la legittimità dell’appello dell’Ufficio per violazione del divieto di proporre l’appello domande ed eccezioni nuove (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4).

1.2. Sotto il primo profilo (omessa pronuncia) il motivo è inammissibile. Va osservato, infatti, che – affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia – è necessario, da un lato, che al giudice di merito siano state rivolte domande o eccezioni autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, tanto al fine di consentire al giudice di legittimità di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (Cass. S.U. 15781/2005; Cass. nn. 1732/2006; 2138/2006; 5344/2013, 4312/2015). Nel caso di specie la parte non ha assolto a tale onere di autosufficienza con negative ricadute sul motivo.

1.3. Va dichiarata l’inammissibilità del motivo anche sotto il secondo profilo per carenza di autosufficienza. La ricorrente, nonostante abbia trasfuso integralmente nel ricorso sia le controdeduzioni dell’Agenzia al ricorso di primo grado che l’atto di appello proposto da quest’ultima, ha mancato di riprodurre il pvc al quale, per relationem, rinviano entrambi gli atti, di guisa che è impossibile apprezzare la fondatezza della doglianza.

2.1 Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 1 e 39 e dell’art. 53 Cost. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la sentenza violato il principio di autonomia di ciascun periodo di imposta sancito dall’art. 1 del D.P.R. cit. ed il principio di capacità contributiva, avendo ritenuto legittimo l’accertamento cd. analitico-induttivo dei ricavi effettuato dall’Ufficio per l’anno 2000, applicando a tale periodo di imposta la media giornaliera di incassi determinata sulla base di documentazione extracontabile relativa ai mesi di settembre ed ottobre 1998.

2.2. Il secondo motivo è fondato.

2.3. Come questa Corte ha ribadito recentemente, con principio a cui intende darsi continuità e che è applicabile anche ad accertamenti condotti ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d). “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’adozione del criterio induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, impone all’Ufficio l’utilizzazione di dati e notizie inerenti al medesimo periodo d’imposta al quale l’accertamento si riferisce, sicchè non è censurabile l’affermazione del giudice tributario, il quale abbia annullato l’accertamento escludendo la possibilità di desumere il reddito relativo ad un’annualità d’imposta da quello conseguito in anni precedenti, in quanto incombe all’Amministrazione finanziaria l’onere di fornire elementi in senso contrario, risultando insufficiente, a tal fine, la mera affermazione secondo cui l’accertamento è sorretto da criteri ragionevoli” (Cass. n. 24709/2016; cfr. Cass. nn.9973/2015, 6579/2008, 27008/2007). Ne consegue che, in applicazione del principio dell’accertamento fiscale, si impone l’inerenza dei dati raccolti ad un determinato e specifico periodo di imposta, attesa l’autonomia di ciascun periodo di imposta legislativamente sancita dall’incipit dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, art. 1, lett. B, ed il principio della effettività della capacità contributiva, posto dall’art. 53 Cost., a fondamento della legittimità di qualsiasi prelievo fiscale, che esclude la legittimità della “supposizione della costanza del reddito” in anni diversi da quello per il quale è stata accertata la produzione di un determinato reddito, anche se non è escluso il potere dell’Ufficio di avvalersi, nell’accertamento del reddito o del maggior reddito, di dati e notizie comunque raccolti, assolvendo così all’onere probatorio di cui è gravato.

2.4. Orbene, sulla scorta di tale principio – come ricordato dalla CTR con un richiamo non calzante alla fattispecie in esame – è stata riconosciuta la legittimità della determinazione della percentuale di ricarico con riferimento alla dichiarazione del contribuente relativa al periodo di imposta precedente, ma ciò ha comunque riguardato un volume di vendite accertato sulla base di dati afferenti all’esercizio in corso come sono le rimanenze iniziali e finali di magazzino (Cass. 5049/2011, 4952/2012), mentre nel caso in esame l’applicazione dei dati desunti da altra annualità non ha riguardato la percentuale di ricarico, ma proprio la determinazione degli incassi giornalieri.

2.5. In fattispecie, come quella in esame, il giudice del merito avrebbe dovuto vagliare se l’Amministrazione, oltre a desumere il reddito relativo ad un’annualità d’imposta da quello conseguito in anni precedenti, avesse assolto all’onere probatorio di fornire ulteriori elementi a supporto della ricostruzione reddituale proposta poichè incombe all’Amministrazione finanziaria l’onere di fornire elementi in tal senso.

2.6. Invero la CTR non avrebbe dovuto limitarsi a valutare tale circostanza, ma avrebbe dovuto considerare se la ricostruzione del reddito era stata fondata anche su altri elementi e procedere alla loro compiuta valutazione sulla scorta delle complessive emergenze istruttorie.

3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, commi 1 e 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR erroneamente ricondotto l’accertamento impugnato nell’ambito dei cosiddetti accertamenti analitico-induttivi previsti dall’art. 39, comma 1, lett. d) del cit. D.P.R., laddove gli elementi utilizzati dall’Ufficio, consistenti nell’applicazione della media giornaliera di incassi determinata in un diverso periodo di imposta su base extracontabile, non potevano essere considerati presunzioni gravi precise e concordanti. Si sostiene quindi che anche l’avviso originariamente impugnato era illegittimo perchè l’ufficio lo aveva giustificato sulla base dell’art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. cit. Infine si denuncia l’illegittimità dell’accertamento, anche se ritenuto del tipo analitico-induttivo poichè nemmeno in forza di tale disposizione l’Ufficio avrebbe potuto avvalersi della “presunzione di costanza di reddito”.

3.2. Il motivo è carente sul piano dell’autosufficienza.

3.3. Le plurime questioni introdotte, relative ora alla sentenza impugnata, ora all’avviso di accertamento, non sono accompagnate da adeguata trascrizione degli atti di giudizio e dell’avviso di accertamento, necessari per verificare la tempestiva proposizione delle stesse, la loro pertinenza e decisività.

3.4. Inoltre le censure rivolte direttamente avverso l’avviso di accertamento contravvengono al principio del giudizio di cassazione come giudizio a critica vincolata, in cui le censure vanno rivolte al pronunciamento di merito e devono necessariamente trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, di guisa che la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale (Cass. n. 25332/2014). Ne consegue che, come invece è avvenuto nel caso di specie, la parte non può volgere le sue censure direttamente avverso l’atto impositivo impugnato e l’attività dell’Amministrazione, contrapponendovi la propria diversa interpretazione al fine di ottenerne l’annullamento.

4.1. Con il quarto motivo si denuncia la omessa pronuncia e la violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) in merito all’eccezione sollevata in secondo grado dalla contribuente per contestare la attendibilità della media giornaliera di incasso determinata per il 1998 ed in merito alla denuncia di carente motivazione dell’avviso di accertamento per mancata allegazione del PVC.

4.2. Il motivo è inammissibile alla luce del principio ricordato sub 1.2.

4.3. Nel caso specifico si osserva che la ricorrente non dà atto dell’introduzione della primo profilo di doglianza nel ricorso originario, ma solo nelle controdeduzioni in appello, e che, con riferimento al secondo profilo di doglianza, non indica affatto dove quando la questione sarebbe stata posta.

5.1. Con il quinto motivo si denuncia la omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), individuato alla circostanza che la sentenza di primo grado fosse stata integralmente impugnata dall’Agenzia delle Entrate, circostanza contestata nelle controdeduzioni in appello dalla contribuente.

5.2. Il motivo di ricorso per cassazione è inammissibile.

5.3. La parte ricorrente si limita a fornire una diversa ricostruzione dell’appello della controparte – che peraltro non trova riscontro nella trascrizione integrale dell’atto contenuta in ricorso (fol.14 e ss.) – contrastante con quella accertata nella sentenza impugnata e censura l’apprezzamento e il convincimento del giudice di merito, difforme da quello auspicato, sostanzialmente mirando a un riesame del merito non consentito nel giudizio di legittimità (Cass. nn. 3881/2006, 828/2007, 7972/2007, 25332/2014).

6.1. In conclusione il ricorso va accolto sul secondo motivo, inammissibili gli altri, la sentenza va cassata e rinviata alla CTR della Sicilia in diversa composizione per il riesame in relazione del motivo accolto e per la corretta applicazione dei principi di diritto prima enunciati, oltre che per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

– accoglie il ricorso sul secondo motivo, inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione per il riesame in relazione al motivo accolto e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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