Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16108 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 16108 Anno 2013
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

PU

SENTENZA

sul ricorso 25391-2007 proposto da:
FONDIARIA SAI S.P.A. 00818570012 (già SAI – SOCIETA’
ASSICURATRICE INDUSTRIALE S.P.A.) in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44,
presso lo studio dell’avvocato PERILLI MARIA
ANTONIETTA, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

PRONTOCOLOR DI GIUSEPPE PEZZANO & C. SNC 00249320979

1

Fitg

Data pubblicazione: 26/06/2013

in persona del suo legale rappresentante Sig.
EMANUELE PEZZANO, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato
CARELLO CESARE ROMANO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PULITI PAOLO ANTONIO giusta

– controricorrente nonchè contro

PALADINI ANDREA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 707/2006 del TRIBUNALE di
PRATO, depositata il 19/08/2006, R.G.N. 3003/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

09/05/2013

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato MARIA ANTONIETTA PERILLI;
udito l’Avvocato CESARE ROMANO CARELLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

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delega in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Giudice di pace di Prato condannava la Prontocolor
s.n.c. a pagare ad Andrea Paladini la somma di euro 2.456 a
titolo di risarcimento dei danni causati all’autovettura del
medesimo da schizzi e macchie di vernice, nel corso

contestualmente, quel Giudice respingeva la domanda con la
quale la società convenuta aveva chiesto alla propria
assicuratrice, la Fondiaria SAI s.p.a., di essere manlevata in
caso di condanna.
2.

Appellata la sentenza dalla Prontocolor s.n.c., il

Tribunale di Prato, con sentenza del 19 agosto 2006, in
parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava la
Fondiaria s.p.a. a tenere indenne la società appellante di
tutte le somme dovute al Paladini, con condanna al pagamento
delle spese del doppio grado di giudizio.
Preliminarmente, il Tribunale rilevava che non potevano
essere utilizzate né la deposizione resa dalla teste Mosca
Finata né la c.t.u. espletata nell’ambito di una diversa
causa, trattandosi di richieste istruttorie tardivamente
formulate.
Nel merito, il Tribunale osservava che l’interpretazione
del contratto di assicurazione stipulato tra le parti
conduceva alla conclusione che la garanzia assicurativa era
operante nella fattispecie. La relativa clausola, infatti, in
conformità all’art. 1917 cod. civ., doveva essere interpretata

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dell’operazione di tinteggiatura di una recinzione metallica;

nel senso che rientravano nella copertura assicurativa tutti i
fatti dannosi non cagionati volontariamente, ossia anche
quelli colposi, a prescindere dal grado della colpa. E poiché
nel caso in esame era pacifico che l’imbrattamento della
vettura del danneggiato era avvenuta nel mentre i dipendenti

ipotizzabile, da parte dei medesimi, un’azione dolosa, era
chiaro che il fatto generatore del danno rientrava nella
copertura prevista dalla polizza.
3. Avverso la sentenza del Tribunale di Prato propone
ricorso per cassazione la Fondiaria SAI s.p.a., con atto
affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la Prontocolor s.n.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1917 cod.
civ., oltre a omessa motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio.
Osserva la società ricorrente che la clausola contrattuale
in discussione prevede che l’assicuratore sia obbligato a
tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a
pagare «in conseguenza di un fatto accidentale». Essa sarebbe
stata erroneamente interpretata dal Tribunale di Prato,
nonostante il senso letterale delle espressioni ivi contenute
rivelasse in modo pacifico il senso della comune volontà delle

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della Prontocolor s.n.c. stavano lavorando, non essendo

parti. E poiché possono esistere fatti non dolosi che,
tuttavia, non sono accidentali, la limitazione, prevista nella
clausola, ai soli fatti accidentali dovrebbe comportare
l’esclusione della garanzia nel caso in esame;
l’accidentalità, infatti, non esiste quando l’evento dannoso

delle stesse modalità con cui essa è stata predisposta ed
eseguita.
Nel caso in esame, essendo pacifico che il danno si è
determinato per un fattore umano – ossia la colpa dei
dipendenti della Prontocolor s.n.c. – mancherebbero i

si verifica in dipendenza della sola attività dell’agente e

requisiti necessari per poter configurare tale fatto come J1A ,
accidentale. L’interpretazione data dal Tribunale – secondo
cui la garanzia sarebbe operativa per tutti i fatti non dolosi
né fortuiti – sarebbe quindi errata, oltre che in contrasto
con l’art. 1917 cod. civ., perché farebbe venire meno la
natura aleatoria del contratto di assicurazione.
1.2. Il motivo, a conclusione del quale vengono formulati
due diversi quesiti, è privo di fondamento.
Costituisce pacifica acquisizione della giurisprudenza di
questa Corte il principio secondo cui il contratto di
assicurazione della responsabilità civile che preveda nelle
condizioni generali la limitazione della garanzia ai danni
derivati da fatti accidentali è correttamente interpretato nel
senso che la garanzia assicurativa opera anche nell’ipotesi di
fatti colposi, non potendo ipotizzarsi un contratto di

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assicurazione in relazione a fatti meramente accidentali che,
derivando da caso fortuito o da forza maggiore, non possono
essere comunque fonte di responsabilità civile (principio
contenuto già nella sentenza 5 aprile 1990, n. 2863, poi
costantemente ribadito, fra le altre, dalle sentenze 10 aprile

febbraio 2013, n. 4799).
Alla luce di tale orientamento

al quale l’odierna

pronuncia intende dare continuità – risulta chiaro che la
sentenza del Tribunale di Prato non è incorsa in alcuna delle
violazioni censurate nel primo motivo di ricorso. Non vi è
stata, infatti, né un’erronea interpretazione della clausola
contrattuale – la quale disponeva l’operatività della garanzia
assicurativa in relazione ai danni involontariamente cagionati
a terzi in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi
nello svolgimento dell’attività dichiarata – né la ipotizzata
lesione dell’art. 1917 cod. civ., il quale non a caso esclude
dalla garanzia i danni derivanti da fatti dolosi. E la
sentenza impugnata ha spiegato che l’incidente, consistito
nell’imbrattamento di una vettura avvenuto nel corso
dell’attività di verniciatura, era da ricondurre ad evidente
disattenzione dei lavoratori dipendenti della società
Prontocolor, ossia, appunto, ad un fatto accidentale.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione

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1995, n. 4118, 28 febbraio 2008, n. 5273, e, da ultimo, 26

e falsa applicazione degli artt. 61 e 191 cod. proc. civ., in
relazione al mancato accoglimento delle istanze istruttorie.
Si osserva, al riguardo, che il Tribunale avrebbe errato
nel non consentire l’acquisizione di una testimonianza e di
una c.t.u. espletate in diverso procedimento, in quanto

parti non può mai essere considerata tardiva», non trattandosi
di una richiesta istruttoria rimessa alla disponibilità delle
parti. Il Tribunale, cioè, avrebbe potuto anche negare
l’acquisizione della c.t.u. considerandola superflua, ma non
avrebbe potuto rigettare la richiesta sull’errato presupposto
della tardività della medesima.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Anche volendo prescindere, infatti, dal dato formale per
cui la censura avrebbe dovuto essere posta in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., assume
rilevanza decisiva la circostanza che l’odierno ricorrente si
è limitato a lamentare che il Tribunale di Prato abbia
rigettato, siccome tardiva, l’istanza di acquisizione di una
testimonianza e di una c.t.u. espletata in un altro processo,
senza riportarne in alcun modo il contenuto e senza dare
conto, quindi, della rilevanza e della decisività delle prove
che si sarebbero dovute acquisire. Così facendo il ricorrente
non ha dimostrato la sussistenza di un effettivo interesse al
rispetto delle norme processuali delle quali lamenta la
violazione.

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«un’eventuale richiesta di c.t.u. formulata al giudice dalle

Questa Corte, inoltre, ha in più occasioni affermato che
ricorrente il quale, in sede di legittimità, denunci la
mancata ammissione di un mezzo istruttorio o la mancata
valutazione di un documento o di risultanze probatorie o
processuali, ha l’onere di indicare specificamente le

trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito,
provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al
giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti
da provare e, quindi, delle prove stesse, che, per il
principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la
S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle r\
deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è
consentito sopperire con indagini integrative (ordinanza 30
luglio 2010, n. 17915, conforme a pacifico orientamento).
3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A siffatta decisione segue la condanna della società
ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate come in dispositivo alla stregua dei
soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio
2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte

rigetta

il ricorso e condanna la ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in

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circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento

complessivi euro 1.200, di cui euro 200 per spese, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza

Sezione Civile, il 9 maggio 2013.

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