Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16105 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 28/07/2020), n.16105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12672-2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

WALTER PARISE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO,

GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2358/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

il Tribunale di Crotone, pronunciando sull’opposizione avverso la comunicazione di iscrizione ipotecaria per il mancato pagamento di cartelle esattoriali aventi ad oggetto contributi INPS ed INAIL, dichiarava inammissibile il ricorso per non avere la parte (che aveva notificato il ricorso solo all’INPS) ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio disposto nei confronti dell’INAIL e di Equitalia S.p.A.;

la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato il gravame proposto da S.A.; ha osservato come “il ricorso di primo grado (fosse) volto (…) a far valere la mancata notifica delle cartelle esattoriali, cui accede la questione della prescrizione”; ha, quindi, ritenuto sussistente il litisconsorzio necessario con la società concessionaria (osservando anche che “alcuna rinuncia era stata formulata in ordine ai vizi formali della procedura (…)” ma solo nei confronti dell’INAIL) e giudicato corretta la pronuncia, in rito, adottata dal giudice di primo grado;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S.A., articolata in tre motivi;

ha resistito, con controricorso, l’INPS;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 307 c.p.c., comma 3 e 4, , in relazione all’art. 102 c.p.c., per non aver la Corte di appello considerato che l’inottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio avrebbe comportato l’estinzione del giudizio e “non la sua prosecuzione (…) e definizione con sentenza”;

il primo motivo è inammissibile;

soccorre il principio di questa Corte per cui “la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare (come nel caso di specie) anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito” (v. ex plurimis, Cass. n. 26831 del 2014; Cass. n. 6330 del 2014);

con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art. 331 c.p.c. nonchè omissione motivazionale, per non aver la Corte di appello proceduto, come richiesto, in via subordinata dall’appellante, all’integrazione del contraddittorio, una volta ritenuta la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra ente impositore e società concessionaria;

il secondo motivo è, in parte, inammissibile, in parte infondato;

i rilievi non tengono conto della peculiarità del caso concreto, in cui la sussistenza di un litisconsorzio necessario è stata affermata già in primo grado e la questione non è quella dell’integrazione del contraddittorio ma, a monte, delle conseguenze, sul piano processuale, derivanti dall’inosservanza dell’ordine di integrazione del contraddittorio emesso dal giudice di primo grado;

in ogni caso, la prospettazione del ricorrente (di integrazione del contraddittorio in secondo grado) è del tutto infondata, poichè, nell’ipotesi in cui il giudice d’appello riconosca la sussistenza del litisconsorzio necessario in primo grado, come nel caso di specie, la regola processuale stabilita dall’art. 354 c.p.c. impone la rimessione della causa al primo giudice;

con il terzo motivo è denunciata violazione dell’art. 152 disp.att. c.p.c.;

le censure investono la statuizione di condanna al pagamento delle spese processuali, assumendo la parte ricorrente di trovarsi nelle condizioni per godere del beneficio dell’esenzione;

il terzo motivo è infondato;

l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente per effetto della modifica di cui al D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, prevede, a date condizioni, l’esonero della parte soccombente dall’onere delle spese processuali, non in riferimento a tutti i giudizi previdenziali o assistenziali ma solo in relazione a quelli “promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali”. Ne consegue che l’odierna azione, diretta all’accertamento di sussistenza dei rapporti di lavoro disconosciuti dall’INPS, non rientra tra quelle di cui all’art. 152 att. c.p.c. e resta assoggettata alle regole dettate dall’art. 91 c.p.c.;

sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso va rigettato, con le spese liquidate, come da dispositivo, secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 luglio 2020

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