Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16104 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 06/04/2017, dep.28/06/2017),  n. 16104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6799/2011 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE PARIOLI 794,

presso lo studio dell’avvocato PIO CORTI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FIORELLA FIDANZA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 33/2010 della COMM. TRIB. REG. della

LOMBARDIA, depositata il 29/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza in epigrafe indicata, ha confermato la prima decisione che aveva respinto l’impugnazione proposta da B.M. avverso le comunicazioni n. (OMISSIS) e l’avviso di contestazione n. (OMISSIS), relativi all’anno di imposta 2003 e 2004.

Con le suddette comunicazioni erano stati revocati alla società VI.BR di V.M. & C. SNC i benefici fiscali connessi agli investimenti effettuati in uno dei Comuni colpiti dagli eventi calamitosi per i quali il D.L. n. 282 del 2002, art. 5 sexies, aveva prorogato le agevolazioni previste dalla L. n. 383 del 2001, art. 4, comma 1 (c.d. Tremonti bis), a seguito della decisione n. 2005/315/CE del 20.10.2004 della Commissione Europea che aveva dichiarato detti benefici quali aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune. Era stato, quindi, ingiunto il pagamento dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comminate le sanzioni.

Gli atti tributari erano stati emessi per effetto della revoca del beneficio, non avendo la contribuente presentato la comunicazione contenente gli elementi necessari per la determinazione dell’aiuto illegittimamente fruito ed effettuato i versamenti per i tributi non corrisposti per effetto del suddetto regime agevolato (comunicazione e versamento previsti dalla L. n. 29 del 2006, art. 24): l’Ufficio aveva ingiunto alla contribuente il pagamento dell’IRPEF, dell’addizionale regionale, correlati alla somma che la contribuente aveva indicato nella dichiarazione dei redditi quale “reddito agevolato per investimenti”, nonchè degli interessi. L’ufficio aveva inoltre comminato la sanzione per il mancato versamento delle somme dovute a titolo di restituzione dell’aiuto di Stato e per mancata presentazione della comunicazione.

2. Il giudice di appello ha respinto la richiesta dell’appellante di riconoscere la legittimità delle agevolazioni di ammontare non superiore ai danni effettivamente subiti, oppure ad Euro 100.000 nell’ambito di un triennio, in applicazione del regime de minimis, ritenendola prospettata inammissibilmente per la prima volta in appello.

Ha quindi escluso che l’obbligo di restituire le agevolazioni concesse dalla legge nazionale dichiarata non conforme alla normativa europea, comportasse la violazione dei principi di collaborazione, buona fede ed affidamento, come eccepito dalla contribuente, osservando che gli atti impugnati erano stati emessi in attuazione della L. n. 29 del 2006, art. 24, a sua volta diretta a dare esecuzione alla decisione della Commissione U.E. e che, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia (decisione n. 148/04 del 15.12.2005) i principi di tutela dei legittimo affidamento, di certezza del diritto di proporzionalità non potevano essere di ostacolo ad una misura nazionale che disponesse la restituzione di un aiuto in esecuzione della decisione della Commissione che tale aiuto aveva qualificato come incompatibile con il mercato comune.

Da ultimo ha respinto l’appello anche in merito alle sanzioni, sulla considerazione che queste non erano connesse alla fruizione dell’aiuto poi annullato, ma alla mancata dichiarazione ed all’omesso versamento previsti dalla L. n. 29 del 2005, art. 24.

3. B.M. propone ricorso per cassazione fondato su due motivi.

4. Il ricorso è stato fissato dinanzi all’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e dell’art. 112 c.p.c.. Sostiene la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, la questione dell’applicazione del regime de minimis era stata posta tempestivamente e trascrive (fol. 2 del ricorso per cassazione) le seguenti righe del ricorso originario, che, a suo dire, confermerebbero tale tesi “… omissis gli aiuti concessi in base al provvedimento di cui trattasi non costituiscono aiuti di Stato se soddisfano le condizioni poste dal regolamento CE n. 69/2001…. omissis. Il regolamento CE 69/2001 richiamato nella decisione precisa che gli aiuti non eccedenti un massimale di Euro 100.000 su un periodo di tre anni non incidono sugli scambi tra gli Stati membri in quanto non sono idonei…. Omissis” aggiungendo che tale affermazione precedeva la locuzione Per Questi Motivi per cui si ravvisava la ferma intenzione della ricorrente di considerare tale assunto nell’ambito delle argomentazioni poste a propria difesa.

1.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Dalla limitata trascrizione dell’atto introduttivo di primo grado si evince solo un astratto richiamo alla disciplina degli aiuti di Stato ed al regime derogatorio c.d. de minimis, ma non si coglie alcun riferimento alla fattispecie concreta, nè si evince una espressa richiesta di applicazione del regime de minimis, sia pure in via subordinata, assistita da adeguato supporto probatorio sulla ricorrenza dei presupposti, il cui onere, trattandosi appunto di disciplina in via di eccezione, era posto a carico del contribuente.

In proposito va altresì ricordato che, come questa Corte ha già statuito, “In tema di recupero dell’aiuto di Stato erogato ai sensi del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5 sexies, convertito in L. 21 febbraio 2003, n. 27, l’attestazione imposta dalla L. 25 gennaio 2006, n. 29, art. 24, comma 2, prescinde dal fatto che, in concreto, il beneficiario dell’aiuto abbia il diritto di trattenerlo o debba, invece, restituirlo in tutto o in parte, atteso che spetta solo all’Amministrazione finanziaria, a seguito dei controlli svolti anche in base della predetta attestazione, accertare la sussistenza o meno delle condizioni per considerare tale aiuto compatibile con il diritto comunitario, sicchè la sua omissione determina la decadenza dall’agevolazione ed il recupero del relativo importo” (Cass. n. 10880 del 27/05/2015). Ciò posto si deve osservare, oltre la palese carenza di autosufficienza del motivo, che le emergenze processuali appaiono inconciliabili con la prospettazione della ricorrente, poichè – come risulta dalla sentenza impugnata e costituisce circostanza non contestata – la revoca del beneficio era conseguita proprio al mancato assolvimento da parte sua dell’onere di comunicazione di cui alla L. n. 29 del 2006, art. 24, comma 2, presupposta anche per il riconoscimento di applicabilità del regime de minimis, altrimenti inutilmente invocato.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto le osservazioni in merito alla tutela del legittimo affidamento della contribuente, ritenendo non degno di tutela tale interesse e si sostiene, richiamando la decisione della Corte di Giustizia C-5/89, che non può escludersi che il beneficiario di un aiuto illegittimamente concesso possa invocare circostanze eccezionali in forza delle quali abbia potuto fondatamente confidare nella natura regolare dell’aiuto (fol. 5 del ricorso); da ultimo si afferma che, nel caso in esame, oltre il legittimo affidamento ricorreva anche la causa di forza maggiore legata alla calamità naturale che aveva colpito i comuni oggetto dell’agevolazione (fol. 8 del ricorso).

2.2. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi espressa nella sentenza impugnata, che non è fondata – come sostiene la ricorrente – sulla “non dignità di tutela del legittimo affidamento”, ma sulla non ricorrenza dei presupposti per riconoscere la violazione del principio del legittimo affidamento nel caso concreto, stante la violazione delle norme procedurali previste dalla U.E. per la concessione degli aiuti di Stato.

In particolare la CTR ha rimarcato che la violazione del legittimo affidamento non può ricorrere in relazione agli atti impugnati, in quanto gli stessi erano stati emessi in attuazione della L. n. 29 del 2006, art. 24; ha quindi affermato, con specifico riferimento alle imprese beneficiarie, che anche questa disposizione normativa era esente da detta censura poichè queste potevano “fare legittimo affidamento sulla regolarità dell’ aiuto stesso, stante il carattere imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 93 del Trattato, solamente qualora detto aiuto sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato articolo (Corte giustizia Comunità europea, 29.04.2004, n. 278/00).” (fol. 4 della sent. imp.) e tale statuizione non risulta attaccata dalla censura in esame.

2.3. Quanto ai riferimenti contenuti in ricorso a “circostanze eccezionali” non meglio precisate e a “cause di forza maggiore”, va rilevato che gli stessi appaiono carenti sul piano dell’autosufficienza perchè dedotti in via del tutto generica ed astratta, senza che sia stato assolto all’onere di trascrizione, sia pure per stralcio dei corrispondenti passaggi dei pregressi atti di giudizio, di guisa che non è possibile verificarne nemmeno la tempestiva e rituale introduzione nel giudizio, oltre che la rilevanza e la decisività.

3.1. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile; non si provvede alla liquidazione delle spese di giudizio, in assenza di attività difensiva da parte dell’intimata.

PQM

 

– Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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