Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16104 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 16104 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 21362-2007 proposto da:
CASTALDO ANTONIO CSTNTN54H22F839W, DE ANGELIS SERGIO
DNGSRG58D23F839W, CLEMENTE LINO CLMLN155D06F839F,
MONTARIELLO ALFREDO MNTLRD53A28F839X, PICARELLI EBE
PCRBEE53E66H892J, PANZA SILVANA PNZSVN58H53G902G,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COPENAGHEN 10,
presso lo studio dell’avvocato PAGLIA GIANPAOLO,
rappresentati e difesi dall’avvocato CECCOLI ARMANDO
giusta delega in atti;
– ricorrenti nonché contro

Data pubblicazione: 26/06/2013

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA
SCIENTIFICA, MINISTERO DELLA SALUTE;
– intimati –

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE,
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO I ,
MINISTERO DELLA SALUTE, domiciliati Eex lege in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;
– ricorrenti contro

PICARELLI EBE, CASTALDO ANTONIO, CLEMENTE LINO, DE
ANGELIS SERGIO, MONTARIELLO ALFREDO, PANZA SILVANA;
– intimati

avverso la sentenza n. 1985/2006 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/06/2006, R.G.N.
5299/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato ARMANDO CECCOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per

sul ricorso 24242-2007 proposto da:

l’accoglimento

del

ricorso

principale

e

per

l’inammissibilità del ricorso incidentale;

3

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. I medici Antonio Castaldo, Sergio De Angelis, Lino Clemente, Alfredo
Montariello, Ebe Picarelli e Silvana Panza hanno proposto ricorso per cassazione, iscritto
al n.r.g. 21362 del 2007 contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero
della Salute, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica e
l’Università degli Studi di Napoli Federico II, avverso la sentenza del 14 giugno 2006, con

cui la Corte d’Appello di Napoli, ha accolto l’appello proposto dal Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica contro la sentenza del Tribunale
di Napoli del 5 settembre 2004, la quale – provvedendo sulla domanda proposta dai medici
ricorrenti e da altro medico, Gaetano Tramontano, per ottenere il risarcimento del danno,
nella misura di lire 21.500.000 per ogni anno di frequenza dei corsi di specializzazione
presso l’Università convenuta nella situazione di inadempienza statale alle direttive
75/363/CEE e 82/76/CEE, che esigevano un’adeguata remunerazione per la frequenza ed
erano state adempiute tardivamente dal d.lgs. n. 257 del 1991 soltanto per i medici iscritti a
corsi di specializzazione successivi alla sua entrata in vigore — l’aveva accolta parzialmente
nel quantum (nel limite, per quello che si legge nel ricorso e nella sentenza, di <>) contro il Ministero appellante
e rigettata per difetto di legittimazione passiva nei riguardi delle altre Amministrazioni.
Nel dispositivo della sentenza, peraltro, la Corte territoriale, dopo avere dichiarato di
accogliere l’appello del Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca Scientifica,
ha, per l’effetto rigettato la domanda proposta dai medici non solo contro di esso, ma anche
contro le altre Amministrazioni.
Il rigetto è avvenuto tanto per difetto di legittimazione sostanziale passiva delle
amministrazioni convenute, quanto perché il diritto dei medici è stato ritenuto prescritto.
§2.1. Al ricorso hanno resistito tutte le Amministrazioni intimate con controricorso,
nel quale hanno svolto ricorso incidentale, iscritto al n.r.g. 24242 del 2007.
§2. I ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

3 bi5
Estt ns. Raffaele Frasca

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

§1. Preliminarmente il ricorso incidentale va riunito a quello principale, in seno al
quale è stato proposto.
§2. Con il primo motivo di ricorso principale si denuncia “violazione e falsa
applicazione dell’art. 345 c.p.c. — violazione e falsa applicazione dell’art. 11 L. 19.10.1999
n. 370 — violazione e falsa applicazione delle Direttive CEE 82/76 e 75/363 — Errore dei
presupposti di fatto e di diritto e di motivazione contraddittoria”.
Il motivo si duole della sentenza impugnata là dove ha ritenuto che tutte le

Amministrazioni convenute fossero prive di legittimazione passiva all’azione, in quanto
essa sarebbe spettata allo Stato Italiano, perché ad esso era riferibile la responsabilità per
l’inadempimento delle direttive.
La doglianza si articola, tuttavia, in due distinte censure.
§2.1. Con la prima, sulla premessa che, come risulterebbe dalla sentenza di primo
grado, le Amministrazioni convenute avevano eccepito soltanto il difetto di legittimazione
dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e non anche di quella dei Ministeri
convenuti, si sostiene che questi ultimi non avrebbero potuto eccepire il difetto di
legittimazione <> e a sua volta la Corte
d’Appello non avrebbe potuto rilevarlo, non trattandosi di eccezione rilevabile d’ufficio, e
che, quindi, procedendo al rilievo Essa avrebbe violato l’art. 345 c.p.c.
Con la seconda censura si sostiene che, in base a quanto ritenuto dalle sentenze della
Corte di Giustizia CEE del 25 febbraio 1999 e 3 ottobre 2000, le direttive CEE 75/363 e
82/76 erano state ritenute contenere un obbligo sufficientemente preciso ed incondizionato
e l’art. 11 della 1. n. 370 del 1999 aveva individuato — sia pure con riguardo solo a taluni
medici che avevano ottenuto giudicati amministrativi — la misura di quanto spettante ai
medici e lo aveva posto a carico del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e
Tecnologica. Si deduce che, in conseguenza, la legittimazione di tale Ministero non
avrebbe potuto essere negata, con l’argomentazione che la legittimazione passiva era
riferibile allo Stato Italiano, quasi che esso fosse un’entità astratta non suscettibile di alcun
obbligo. In sostanza, la prospettazione è che non avrebbe potuto la Corte partenopea
escludere la legittimazione del detto Ministero per la riferibilità di essa allo Stato Italiano,
ritenuto effettivamente legittimato.
§2.2. La prima censura è infondata quanto al Ministero dell’Istruzione,

dell’Università e della Ricerca, atteso che esso, per come si dice chiaramente nello
svolgimento del processo della sentenza impugnata e nello stesso ricorso, era stato ritenuto

4
Est.

Raffaele Frasca

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

legittimato passivo dal primo giudice, a differenza delle altre Amministrazioni e
dell’Università, nei cui riguardi la domanda era stata rigettata.
Poiché era stato proprio il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca ad appellare
(anche) sul punto la sentenza, è palese che della questione di legittimazione passiva del
Ministero bene la Corte territoriale si doveva occupare, perché ne era stato investito
dell’appellante.

al rapporto fra i medici e gli altri due Ministeri ed l’Università.
Invero, ancorché l’appello figurasse proposto dall’Avvocatura Distrettuale dello
Stato di Napoli “nell’interesse” del Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca
Scientifica, “nonché de” gli altri due Ministeri (cioè il Ministero dell’Economia e delle
Finanze, il Ministero della Salute) e dell’Università degli Studi, riguardo a queste ultime
Amministrazioni esso risultava inammissibile per carenza di interesse, in quanto esse non
erano soccombenti sul merito in primo grado e, seminai, lo erano solo sulle spese, che
erano state compensate dal Tribunale, statuizione, però, riguardo alla quale l’atto di appello
— che si legge nel fascicolo del relativo giudizio depositato unitamente al suo fascicolo
dalle parti ricorrenti — non aveva svolto alcun motivo.
La Corte territoriale avrebbe, dunque, dovuto rilevare l’inammissibilità dell’appello —
se inteso, in denegata ipotesi che non trova rispondenza nell’atto, come proposto anche da
detti enti – per carenza di interesse e la formazione della cosa giudicata interna
sull’esclusione della legittimazione passiva di due Ministeri e dell’Università e, quindi,
non si sarebbe dovuta occupare della relativa questione.
D’altro canto, nella loro comparsa di costituzione, che sempre si rinviene nel detto
fascicolo, i medici oggi ricorrenti non avevano svolto alcun appello incidentale, come
sarebbe stato loro onere, per rimettere in discussione la decisione del primo giudice che
aveva escluso la legittimazione de qua, onde la formazione della cosa giudicata interna non
è dubbia.
Ne segue che la sentenza impugnata, là dove ha ritenuto di ripronunciarsi sulla
legittimazione passiva dei due Ministeri e dell’Università, ancorché essi non avessero
proposto appello (che, d’altronde, non potevano proporre per carenza di interesse) e
nonostante che sul punto non vi fosse appello incidentale, ebbe a pronunciarsi in
ultrapetizione, piuttosto che in violazione dell’art. 345 c.p.c.
Quello di ultrapetizione sarebbe stato il vizio astrattamente denunciabile, ma i
ricorrenti, essendo stato confermato il rigetto della domanda da parte del giudice di primo

Est. Con,. Raffaele Frasca

La censura non è idonea a determinare la cassazione della sentenza nemmeno quanto

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

grado, non avrebbero avuto interesse a lamentarsene, perché la conseguenza della sanzione
della violazione dell’ultrapetizione e, quindi, la declaratoria che sulla questione la Corte
territoriale non avrebbe potuto pronunciare sarebbe stata semplicemente il consolidamento
della sentenza di primo grado che aveva negato la legittimazione passiva e, quindi,
assicurato lo stesso risultato della sentenza qui impugnata.
Poiché i ricorrenti non avevano svolto appello incidentale sul punto, non è dato
comprendere quale interesse avrebbero avuto a dolersi dell’ultrapetizione. Se essa — ove

proposta – fosse stata sanzionata, infatti, sarebbe derivato il consolidamento della
statuizione di difetto di legittimazione della sentenza di primo grado, onde il ricorso sul
punto sarebbe stato privo di interesse, perché il risultato ottenibile dai ricorrenti non
avrebbe potuto essere diverso dal rigetto della domanda nei confronti dei due Ministeri e
della Università.
§2.3. La seconda censura è prospettata con riguardo all’esclusione della
legittimazione passiva del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Si tratta di censura fondata.
Posto che il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca è un’articolazione del
Governo, il cui vertice è la Presidenza del Consiglio dei ministri, la legittimazione del detto
Ministero non poteva essere negata adducendo, come ha fatto la Corte territoriale, che la
legittimazione passiva all’azione di risarcimento danni competeva, essendo detto
inadempimento conseguente ad un inadempimento statuale delle direttive e, quindi,
imputabile alla Repubblica Italiana, alla Presidenza del Consiglio di ministri, quale
articolazione dell’apparato statuale che è legittimata a rappresentare lo Stato nella sua
unitarietà. La difesa erariale, di fronte alla evocazione dello Stato non già nell’articolazione
del Governo con la Presidenza del Consiglio, avrebbe potuto, infatti porre, con riferimento
a tutte le amministrazioni convenute, non già una questione di legittimazione passiva in tal
senso, bensì una questione ai sensi dell’art. 4 della legge n. 260 del 1958 e rivendicare che
l’articolazione statale legittimata era la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Sulla base di tale deduzione avrebbe potuto chiedere un termine per la costituzione di
essa.
Ciò è stata già ritenuto da Cass. n. 10813 del 2011 proprio in una vicenda relativa a
giudizio sull’azione degli specializzandi (e, quindi, ribadito da giurisprudenza successiva

su controversie analoghe).
Nella detta sentenza si affermò che la difesa dei Ministeri coinvolti dall’azione degli

specializzandi, là dove si articola nella deduzione che essa doveva esercitarsi contro la
6
Est. Cbn Raffaele Frasca

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

Presidenza del Consiglio, quale azione diretta a far valere l’inadempimento dello Stato,
evidenzia semplicemente una situazione nella quale l’essere stata proposta la domanda
contro il Ministero vede quest’ultimo legittimato quale articolazione direttamente riferibile
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri quale vertice dell’esecutivo abilitato a
contraddire alla domanda, in quanto rivolta a tutelare una pretesa contro lo Stato.
Tanto alla stregua del seguente principio di diritto: il limite introdotto, dalla

norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato”), alla rilevanza dell’erronea
individuazione dell’autorità amministrativa competente a stare in giudizio (limite in virtù
del quale l’errore di identificazione della persona alla quale l’atto introduttivo del giudizio
e ogni altro atto doveva essere notificato, deve essere eccepito dall’Avvocatura dello Stato
nella prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona alla quale l’atto
doveva essere notificato; eccezione dalla cui formulazione discende la rimessione in
termini della parte attrice, alla quale il giudice deve assegnare un termine entro il quale
l’atto introduttivo deve essere rinnovato), opera non solo con riguardo alla ipotesi di
erronea vocatio in ius, in luogo del Ministro titolare di una determinata branca della P.A.,
di altra persona preposta ad un ufficio della stessa, ma anche con riferimento alla ipotesi di

vocatio in ius di un Ministro diverso da quello effettivamente “competente” in relazione
alla materia dedotta in giudizio (Cass. n. 8697 del 2001; in senso conforme Cass. n. 11808
del 2003; sostanzialmente conformi: Cass. n. 16031 del 2001; n. 1405 del 2003; n. 4755
del 2003).
Osservò Cass. n. 10813 del 2011 che questo orientamento – contraddetto
isolatamente da Cass. n. 6917 del 2005 — aveva, infatti, avere ricevuto l’avallo di Cass. sez.
un. n. 3117 del 2006, che nella sua motivazione soltanto con riferimento alla peculiarità
propria della materia delle opposizioni a sanzioni amministrative ritenne doversi seguire la
tesi più rigorosa, cioè quella del restringimento dell’operare del’art. 4 citato al caso di
erronea di individuazione dell’organo all’interno dell’articolazione dell’amministrazione
statale e, quindi, di un ministero.
Nella specie l’Avvocatura dello Stato, quale patrocinatore del Ministero convenuto
(ma anche delle altre amministrazioni), avrebbe potuto, dunque, richiedere l’applicazione
della norma della legge n. 260 del 1958, art. 4 e non già prospettare una vera e propria
questione di legittimazione sostanziale e la Corte territoriale non avrebbe dovuto
considerare fondata la questione così proposta, ma avrebbe dovuto solo prendere atto che

Est. o Raffaele Frasca

disposizione di cui alla legge 25 marzo 1958, n. 260, art. 4 (recante “Modificazioni alle

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

la difesa erariale non aveva utilizzato l’unico potere difensivo esistente, cioè quello di cui
al citato art. 4 e chiesto farsi luogo alle sue possibili implicazioni.
§2.4. Il Collegio reputa che questi convincimenti non siano stati infirmati dalla
recente Cass. sez. un. n. 8516 del 2012, la quale ha statuito che «L’art. 4 della legge 25
marzo 1958 n. 260 deve ritenersi applicabile anche quando l’errore d’identificazione
riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio
dell’Avvocatura dello Stato (nella specie, Agenzia delle Entrate e Ministero della

Giustizia), ma, in forza dell’ineludibile principio dell’effettività del contraddittorio, la sua
operatività è circoscritta al profilo della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di
ogni possibilità di “stabilizzazione” nei confronti del reale destinatario, in funzione della
comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del
conseguente giudizio.».
Invero questa decisione, non solo conferma pienamente la rilevanza dell’art. 4 nel
senso estensivo sopra ipotizzato ed afferma che l’atteggiamento difensivo di
un’articolazione statale che sia stata evocata erroneamente al posto di un’altra è comunque
riconducibile all’art. 4 citato, ma si riferisce ad un caso nel quale il problema della
evocazione di un’articolazione errata si poneva non già con riguardo alle articolazione del
Governo della Repubblica, bensì fra un Ministero e l’Agenzia delle Entrate e, quindi, a
distinte soggettività l’una delle quali, l’Agenzia, difesa addirittura solo facoltativamente
dall’Avvocatura dello Stato.
E’ in relazione a tale fattispecie e, quindi, all’ipotesi di due distinte soggettività, che
la sentenza sembrerebbe avere sottolineato che l’art. 4, inteso estensivamente, esige una
rimessione in termini a garanzia del contraddittorio dell’articolazione che doveva essere
convenuta.
Ma le cose non cambierebbero se si volesse intendere riferito il principio anche ad
ipotesi come quella di cui è processo, in cui lo Stato, anziché in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri e dell’apparato organizzatorio che ad esso fa capo , sia stato
convenuto in persona di un Ministro e, quindi, di un Ministero.
In ogni caso, è, infatti, evidente che, ove la difesa erariale si sia costituita per
l’articolazione evocata erroneamente in vece di quella giusta e ci si trovi in presenza
di distinte soggettività, è la difesa erariale che invoca l’applicazione dell’art. 4 e,
quindi, adempid al dovere di segnalare la soggettività giusta, che dopo avere tenuto
tale comportamento, è legittimata a chiedere una rimessione in termini. Se la difesa
erariale non lo faccia e, tanto se si astenga dall’indicare la soggettività giusta, quanto
8
Est. Cclns. Raffaele Frasca

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

se la indichi, l’irritualità così verificatasi, non integrando un vero e proprio problema
di legittimazione, diventa irrilevante e la soggettività evocata erroneamente in
giudizio vi deve restare senza poter pretendere che la relativa questione sia trattata
come difetto di legittimazione. E semmai, se la soggettività nell’articolazione giusta
sia indicata sarà essa a poter intervenire in giudizio ed a rivendicare la rimessione in
termini di cui parlano le Sezioni Unite.

Presidenza del Consiglio dei ministri ed i Ministeri e, quindi, per quello che in questa sede
interessa, quello dell’Istruzione, Università e Ricerca, potesse considerarsi un rapporto fra
soggettività distinte pur facenti capo allo Stato e non piuttosto, come sembra un rapporto di
soggettività per articolazioni facenti capo all’istituzione “Governo” e, quindi, alla
Presidenza del Consiglio, non risulta che la difesa erariale abbia chiesto una
rimessione in termini, quando ha indicato come articolazione che si doveva convenire
la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ne deriva che nella specie la Corte territoriale, nel considerare il problema della
evocazione del Ministero anziché della Presidenza come questione di legittimazione ha
errato ed ha commesso un siffatto errore in una situazione in cui non vi erano i presupposti
per la rimessione in termini. Un problema di rimessione in termini, in quanto non
prospettato dalla difesa erariale, dunque, si sarebbe potuto porre solo ove la Presidenza del
Consiglio, avvisata dall’Avvocatura erariale, si fosse costituita, assumendo la sua qualità di
articolazione che doveva stare in giudizio, e ne avesse fatto richiesta.
Invero, l’art. 4 della 1. n. 260 del 1958 recita quanto segue: <> (Cass. sez. un. n. 2203 del 2005;
n. 24465 del 2007; da ultimo, Cass. sez. un. n. 13309 del 2011).
§7. Conclusivamente il ricorso principale è accolto e la sentenza è cassata con rinvio
quanto al rapporto processuale fra ricorrenti e Ministerro dell’Istruzione, Università e
Ricerca. Il ricorso è rigettato nei confronti delle altre parti resistenti. Il rinvio è disposto
anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Corte d’Appello di
Napoli, comunque in diversa composizione. Il ricorso incidentale è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione nel rapporto processuale fra ricorrenti da un lato
e Ministero della Salute, Ministero dell’Economia e delle Finanze e Università degli Studi
di Napoli Federico II possono compensarsi, atteso l’esito negativo dei rispettivi ricorsi.

14
Est. Con 1ffae1e Frasca

R.g.n. 21362-07; 24242-07 (ud. 9.4.2013)

P. Q. M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale. Accoglie il ricorso principale
quanto al rapporto processuale fra ricorrenti e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca. Lo rigetta quanto agli altri rapporti processuali. Cassa la sentenza impugnata
quanto al rapporto processuale fra ricorrenti e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. Compensa le spese
riguardo agli altri rapporti processuali.
osì decisi nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 9 aprile 2013.
Il Pastitnri

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Est. Cons. Raffaele Frasca

della Ricerca e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, comunque in

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