Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16104 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 22/07/2011), n.16104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.C., elettivamente domiciliato in Roma, via della

Conciliazione n. 30, presso lo studio dell’avv. Berliri Claudio, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sez. 5^, n. 195 del 14 dicembre 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

5.5.2011 dal consigliere relatore dott. Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 377

c.p.c., comma 2;

udito, per il controricorrente, l’avv. Claudio Berliri;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

in qualità di erede di T.A., T.C., propose istanza di rimborso della ritenuta irpef operata dal Comune di Roma, all’atto della corresponsione (avvenuta nel 1998), delle indennità disoccupazione e di espropriazione di terreno (rispettivamente disposte nel 1972 e nel 1979), del cui credito la dante causa si era resa cessionaria; propose, quindi, ricorso giurisdizionale avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate.

L’adita commissione provinciale accolse il ricorso; ma – in esito all’appello del contribuente (che il giudice del gravame riferisce articolato in tre motivi:

1) “inapplicabilità automatica della tassazione per cassa”; 2) “limitazione della retroattività della L. n. 413 del 1991 al 31.12.1988; 3) contrarietà ai principi dell'”eguo processo” di “legge retroattiva in danno del proprietario per pubblica utilità”) – la decisione fu riformata dalla commissione regionale. Ciò sul presupposto che la L. n. 413 del 1991, art. 11, commi 7 e 9, sancirebbe l’assoggettamento a tassazione delle sole indennità riscosse in forza di provvedimenti ablativi emessi successivamente al 31.12.1988.

Avverso sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, in unico motivo.

L’intimato resiste con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per nullità della relativa notificazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è ammissibile, giacchè l’eventuale nullità della relativa notificazione risulterebbe, in ogni caso, sanata, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., per aver l’intimato svolto la propria attività difensiva con la notifica del controricorso (v., tra le altre, Cass. 16578/08, 13650/07).

Approfondendo il tema della controversia, va osservato che L’Agenzia ricorrente – deducendo violazione della L. n. 413 del 1991, art. 11, commi 7 e 9, censura la decisione impugnata per non aver considerato che la tassazione era stata legittimamente operata in applicazione della L. n. 413 del 1991, art 11 in quanto questo demanda agli enti eroganti l’obbligo di trattenere, al momento della corresponsione dell’indennità di esproprio, la ritenuta alla fonte del 20%, a decorrere dal 01.01.92 (nonchè, con limitato effetto retroattivo, delle somme percepite dall’1.1.88 al 31.12.91), indipendentemente dall’epoca a cui risalgono i provvedimenti che hanno dato vita all’erogazione.

L’intimato oppone la tesi, già prospettata in appello e fatta propria dal giudice del gravame, dell’assoggettamento a tassazione delle sole indennità riferibili a provvedimenti ablativi emessi successivamente al 31.12.1988 e, inoltre, nega in radice la ricorrenza del presupposto impositivo, in considerazione del fatto che i soggetti che avevano ceduto alla dante causa il credito assoggettato a ritenuta erano estranei all’imposizione di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 11 poichè società cooperative esercenti impresa commerciale.

Attesi i sopra richiamati limiti della devoluzione in appello come attestati dal giudice del gravame, il secondo profilo della difesa dell’intimato risulta in questa sede precluso sia quale effetto della previsione dell’art. 346 c.p.c. sia, comunque, in base alla consolidato orientamento di questa corte, secondo cui – qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere (non assolto dall’intimato) di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, descrivendo le modalità di detta deduzione, ed, altresì, di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis ammissibilità e fondatezza della questione (cfr., tra le altre, Cass. 5070/09, 13650/07, 25546/06).

Tanto premesso, va affermata la fondatezza del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Questa Corte ha, infatti, reiteratamente affermato il principio (dal quale non vi è motivo di discostarsi), secondo cui, in tema di imposte sui redditi, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11 ogni pagamento che realizzi una plusvalenza in dipendenza di procedimenti espropriativi e sia conseguito dopo l’entrata in vigore della norma citata è assoggettato a tassazione, ancorchè il decreto di esproprio sia intervenuto in epoca anteriore al 1 gennaio 1989, in quanto la disciplina transitoria di cui al citato art. 11, comma 9 – che consente, con una parziale retroattività, la tassazione di plusvalenze percepite prima dell’entrata in vigore della legge, condizionandola, però, al fatto che nel triennio successivo al 31 dicembre 1988 siano intervenuti sia il titolo, fonte della plusvalenza, sia la percezione della somma – non si riferisce anche alle riscossioni di plusvalenze successive all’entrata in vigore della legge, le quali sono assoggettabili ad imposizione ai sensi del comma 1, lett. f), e comma 5 della medesima disposizione, indipendentemente dalla data degli atti ablativi che ne hanno determinato la percezione (v. Cass. 10811/10, 1228/07, 12851/04, 12706/04).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso dell’Agenzia si rivela fondato e va accolto.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata, e, non risultando necessari ulteriori, accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 38 4 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna del contribuente, in base a criterio della soccombenza, alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna il contribuente alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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