Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16103 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 22/07/2011), n.16103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1404-2008 proposto da:

SOGERICO SRL, in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAVOUR 211 presso lo

studio dell’avvocato CAPECCI FRANCESCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato UCCELLI ALBERTO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 70/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LIVORNO;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il resistente l’Avvocato DETTORI BRUNO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Sulla base di due verifiche della Guardia di Finanza la Agenzia delle Entrate di Livorno notificava alla società So.ge.ri.co s.r.l. avviso di accertamento per l’anno 1992, con cui erano elevati i ricavi dichiarati e presunta la distribuzione dei maggiori utili ai soci, con evasione di ritenute d’acconto sugli utili distribuiti.

L’atto era impugnato dalla società innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, sul rilievo della illegittimità del criterio presuntivo usato ai fini dell’accertamento.

La Commissione respingeva il ricorso.

Contro la decisione proponeva appello la contribuente.

La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 70 in data 15-11.2004, respingeva il gravame.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente, con due motivi.

Resiste la Agenzia con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce vizio di omessa ed insufficiente motivazione, sostenendo che la commissione aveva totalmente omesso la motivazione in ordine al gravame proposto dalla società avverso la sentenza di primo grado, con la quale si lamentava la illegittimità e la infondatezza della presunzione in forza alla quale, sul rilievo della ristrettezza della base sociale, l’Ufficio aveva ritenuto la distribuzione ai soci del maggior reddito accertato, assunto condiviso dalla CTP, laddove la Commissione di appello non aveva trattato la questione, motivando invece in ordine alla ritenuta legittimità dell’accertamento di maggior reddito, punto non oggetto del gravame, ed operando quindi un travisamento del fatto.

Con il secondo motivo deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., sostenendo che la presunzione di distribuzione degli utili ai soci sulla sola base della ristretta base sociale non era sufficiente, dovendo avere riguardo anche alla esistenza effettiva di un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci, ed inoltre palesandosi necessario al fine di evitare una doppia presunzione, anche l’accertamento di maggior reddito a carico dei singoli soci.

Il primo motivo non e fondato.

Il fraintendimento motivazionale non appare dalla lettura della sentenza, in cui nelle premesse si da atto che oggetto della controversia è l’accertamento n. (OMISSIS), esattamente identificato, che concerne “l’omesso versamento delle ritenute sulla presunta distribuzione dei maggiori utili”. Di seguito, la Commissione espone partitamente i motivi di appello a suo avviso proposti in via esclusiva dal contribuente avverso la sentenza di primo grado, il primo dei quali concernente la acquisizione documentale alla base dell’accertamento, ritenuta dal contribuente illegittima, ed il secondo la asserita insufficienza degli elementi probatori utilizzati per la determinazione di maggior reddito, e sulla base di tale esposizione la CTR ne contesta la fondatezza con congrua motivazione. Non esiste contraddizione apparente tra le premesse e la decisione, in quanto l’assunto che i motivi di gravame della contribuente abbiano ad oggetto l’accertamento di maggior reddito anzichè il criterio presuntivo della distribuzione dello stesso tra i soci non si manifesta di per sè come illogico ed indice di fraintendimento di fatto, in quanto il maggior reddito costituisce il presupposto della sua distribuzione ed il venir meno del primo elemento determina la caducazione del secondo. Ne consegue che non sussiste vizio di motivazione, che deve rendersi manifesto nell’iter logico ed argomentativo interno al provvedimento impugnato.

La censura doveva quindi essere sollevata sotto il profilo della violazione di legge, ovvero della omessa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sotto il profilo del mancato esame di uno o più motivi di appello, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., con enunciazione di detti motivi e documentazione dei medesimi, nel rispetto del principio di autosufficienza.

Il secondo mezzo, che attiene a profili non considerati in sentenza, è inammissibile per gli stessi motivi.

Il ricorso deve quindi essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la contribuente alle spese a favore della Agenzia, che liquida in Euro 3.500. oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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