Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16100 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16100 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 18293-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante

us? t.guore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1893

contro

BELLONI ELISA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato
LUBERTO ENRICO, che la rappresenta e difende, giusta

Data pubblicazione: 26/06/2013

delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 886/2007 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 10/07/2007 R.G.N.
1020/2005;

udienza del 23/05/2013 dal Consigliere Dott.
GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega PESSI
ROBERTO;
udito l’Avvocato LUBERTO ENRICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO i che ha concluso
per

il

rigetto

del

ricorso.

/7

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

confermò la pronuncia di primo grado che, ritenuta la nullità del
termine apposto al contratto di lavoro concluso fra la Poste Italiane
spa e Belloni Elisa, ai sensi dell’art. 1 dl.vo n. 368/01, per esigenze
tecniche organizzative e produttive e decorrente dall’11.2.2002,
aveva dichiarato che da tale data era intercorso fra le parti un
rapporto a tempo indeterminato e condannato la parte datoriale al
pagamento delle retribuzioni dalla data di messa in mora.
Per la cassazione di tale sentenza la Poste Italiane spa ha proposto
ricorso fondato su cinque motivi; l’intimata Belloni Elisa ha resistito
con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il contratto di lavoro in relazione al quale è stata ritenuta la nullità
del termine è stato concluso “ai sensi della normativa vigente per
esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere
straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul
territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche prodotti o
servizi nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17,
18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002”.

La Corte territoriale ha reputato la nullità del termine finale sul rilievo
che nulla si leggeva nel contratto sulle concrete ragioni che avevano
3

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 6 – 10.7.2007,

enunciate quali fossero le ragioni dell’assunzione e quali quelle
dell’impiego temporaneo, con riguardo alla singola realtà lavorativa
dove la dipendente era stata inserita; né a tal fine avrebbe potuto
condurre l’ammissione delle prove richieste, siccome inidonee a
dimostrare come e perché l’assunzione, nel caso all’esame, fosse
sostenuta dalle ragioni volute dalla legge.
1.1Tale impostazione è stata diffusamente censurata dalla parte
ricorrente con i primi tre mezzi, da esaminarsi congiuntamente,
siccome fra loro connessi.
La questione all’esame è già stata affrontata dalla giurisprudenza di
legittimità e risolta con l’affermazione del principio secondo cui
l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal
D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, a fronte di ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono
risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto,
impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato
e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali
ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto,
le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che
rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di
un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo
determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la

condotto all’assunzione a tempo determinato, non essendo state

durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive

utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della
specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa;
spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se
correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal
sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando
ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar
riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini
dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti
fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto
(cfr, ex plurimis, Cass., nn. 2279/2010; 10033/2010; 16303/2010).

1.2 Ed invero l’esplicitazione delle ragioni dell’apposizione del
termine può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro,
attraverso il riferimento ad altri testi scritti accessibili dalle parti, in
particolare nel caso in cui, data la complessità e la articolazione del
fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è alla base della
esigenza dell’assunzione a termine, questo risulti analizzato in
specifici documenti, specie a contenuto concertativo, richiamati nella
causale di assunzione.
1.31n correlazione con questa ultima osservazione, è tuttavia
necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, che in quest’ultimo sia riportato, almeno nei suoi tratti

5

ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la

evincibile che i medesimi prendevano in considerazione
specificamente le mansioni alle quali il lavoratore sia stato adibito.
Nel caso di specie, a fronte dell’accertamento fattuale operato dai
Giudici del merito, secondo cui l’odierna intimata era stata adibita a
“mansioni di smistamento della corrispondenza”,

evidentemente

diversi sia dai servizi di sportelleria, che da quelli di recapito, deve
rilevarsi che la ricorrente, nell’indicare il contenuto degli accordi
richiamati, ha precisato che gli stessi (per quanto ne sia stato
riportato, seppure in termini parziali, il contenuto), facevano
riferimento ai servizi di sportelleria ovvero di recapito e non già
anche al tipo di mansioni a cui è stata addetta la Belloni.
Dal che discende l’inaccoglibilità dei motivi all’esame.
2. Con il quarto motivo la ricorrente, in ordine alle conseguenze
economiche, chiede a questa Corte di valutare (come esposto nel
quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis cpc, applicabile ratione
temporis al presente giudizio) se, attesa la natura sinallagmatica del
rapporto di lavoro ed in applicazione del principio generale di
effettività e di corrispettività delle prestazioni, sia dovuta o meno
l’erogazione del trattamento retributivo pur in assenza di attività
lavorativa e se tale erogazione abbia natura retributiva o risarcitoria.
Tale quesito, oltre che generico (e già per questo inammissibile) è
altresì inconferente con le ragioni del decidere esposte nella
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salienti, il contenuto di tali accordi e che, da tale contenuto, sia

messa in mora del creditore della prestazione lavorativa, che il
Tribunale aveva fatto decorrere dalla data della decisione.
Va quindi riconosciuta l’inammissibilità del motivo.
3. Con il quinto motivo la ricorrente si duole della omessa decisione
sulla richiesta volta ad ottenere l’esibizione dei libretti e delle buste
paga al fine di consentire una corretta determinazione degli eventuali
corrispettivi percepiti dal lavoratore per altre attività ed afferma che,
nei casi di specie, l’aliunde perceptum non avrebbe potuto che
essere genericamente dedotto dall’istante, spettando invece alle
controparti dimostrare di non essere state occupate nei periodi in
questione.
A conclusione del motivo è stato formulato il seguente quesito di
diritto: “Dica la Suprema Corte se, nel caso di oggettiva difficoltà
della parte ad acquisire precisa conoscenza degli elementi sui quali
fondare la prova a supporto delle proprie domande o eccezioni – e
segnatamente per la prova dell’aliunde perceptum – il Giudice debba
valutare le richieste probatorie con minor rigore rispetto all’ordinario,
ammettendole ogni volta che le stesse possano comunque
raggiungere un risultato utile ai fini della certezza processuale e
rigettandole (con apposita motivazione) solo quando gli elementi
somministrati dal richiedente risultino invece insufficienti ai fini
dell’espediente richiesto”.

7

sentenza impugnata, ove viene evidenziato valere il principio della

3.1 Deve convenirsi per l’inammissibilità del suddetto quesito e

– è generico, non contenendo alcun specifico riferimento alla
fattispecie concreta, e presuppone un’inammissibile indagine fattuale
sulla (peraltro genericamente) dedotta difficoltà della parte ad
acquisire precisa conoscenza degli elementi su cui fondare le proprie
domande od eccezioni;
non contiene alcun riferimento all’asserita necessità di
sostanziale inversione dell’onere della prova;
non consente quindi l’enunciazione di una regula iuris contraria
all’assunto della sentenza impugnata, secondo cui la prova
dell’eventuale aliunde perceptum grava sul datore di lavoro (che,
secondo la Corte territoriale, nella specie non aveva provato
alcunché al riguardo, neppure a livello indiziario).

4. Va considerato, in via di principio, che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo

ius

superveniens, che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una
nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia
in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura
nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui
perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr, Cass. 8
maggio 2006 n. 10547).

8

quindi, del motivo a cui si riferisce, posto che:

investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina
sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile
secondo la disciplina sua propria.
Nel caso in esame i motivi di ricorso che investono il tema al quale è
riferibile la disciplina di cui all’art. 32, commi 5 0 , 6° e 7°, legge n.
183/10 cono il quarto e il quinto, testè esaminati, i quali, come
evidenziato, sono inammissibili.
Deve quindi convenirsi per l’inapplicabilità del ricordato

ius

superveniens.
5. In definitiva il ricorso va rigettato.

Secondo il criterio della soccombenza, la ricorrente va condannata
alla rifusione delle spese, liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle
spese, che liquida in euro 3.550,00 (tremilacinquecentocinquanta), di
cui euro 3.500,00 (tremilacinquecento) per compenso, oltre
accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 23 maggio 2013.

In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che

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