Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16100 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2011, (ud. 26/04/2011, dep. 22/07/2011), n.16100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32108-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

B.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 138/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

FOGGIA, depositata il 12/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/04/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato VOLPE ANTONIO, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso l’accoglimento del 2^ motivo di

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Divenuti definitivi per mancata impugnazione gli avvisi di rettifica della dichiarazione IVA per gli anni 1989 e 1990 emessi nei confronti di B.M. con i quali veniva accertata una maggiore imposta, rispettivamente di L. 39.542.000 e di L. 359.805.000, la contribuente in data 19.6.1992 presentava dichiarazione integrativa ai fini del condono della L. n. 413 del 1991, ex art. 49 per i predetti anni di imposta, effettuando i relativi pagamenti.

L’Ufficio notificava in data 24.10.1995 due cartelle di pagamento per gli importi indicati ed in data 15.1.1996 a contribuente presentava istanza di sgravio delle corrispondenti somme iscritte a ruolo che veniva respinta dall’Ufficio.

Il ricorso proposto dalla B. avverso il diniego di condono era accolto dalla CTP di Foggia sez. 10 con sentenza n. 109/1997.

L’appello proposto dall’Ufficio di S Severo della Agenzia delle Entrate era respinto con sentenza n. 138 in data 12.12.2005 della sez. 27^ della CTR di Bari sez. staccata di Foggia.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, con atto notificato in data 17.11.2006, affidandosi a due mezzi di impugnazione.

Non ha resistito la intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La sentenza impugnata – dopo aver previamente delimitato il “thema controversum” all’accertamento della validità della dichiarazione integrativa – fonda la propria decisione sulla interpretazione letterale della L. n. 413 del 1991, art. 49 rilevando che, contrariamente a quanto affermato dall’Ufficio appellante, il comma 5 del predetto articolo prevede quale presupposto di accesso al condono soltanto la “assenza di notifica di avvisi di rettifica od accertamento” e non anche la indicazione nella dichiarazione integrativa di tutti “i periodi per i quali non sia scaduto il termine per l’accertamento”. A tale conclusione i Giudici di merito pervengono dalla comparazione testuale con la stessa L. n. 413 del 1991, art. 38, comma 2 che, per le imposte dirette, contempla espressamente la indicazione nella domanda di condono di tutti gli anni per i quali non è ancora scaduto il termine prescritto all’Ufficio finanziario per l’accertamento. La sentenza conclude, pertanto, per la validità della dichiarazione integrativa presentata per gli anni 1989 e 1990, non essendo tenuta la contribuente a richiedere la definizione dell’imposta anche per l’anno 1984 per il quale non erano ancora spirati i termini per l’accertamento dell’Ufficio finanziario.

2. La Agenzia delle Entrate censura la sentenza di appello:

– per violazione dell’art. 112 c.p.c. omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. – per violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, artt. 49 e 57 del D.L. n. 69 del 1989, artt. 4 e 19 conv. in L. n. 154 del 1989, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La ricorrente deduce che i Giudici di merito avevano omesso di pronunciare sullo specifico motivo di appello con il quale veniva eccepita la inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente proposto avverso un atto non autonomamente impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3: non essendo, infatti, previsto l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di una esplicita pronuncia di invalidità della dichiarazione integrativa ex lege n. 413 del 1991, legittimamente erano state emesse le cartelle di pagamento relative agli avvisi di rettifica divenuti definitivi non avendo perso l’Amministrazione, in conseguenza della dichiarazione integrativa invalida, il potere di accertamento e di riscossione della imposta.

Inoltre i Giudici di merito non avevano debitamente considerato che la contribuente si era avvalsa del regime di contabilità semplificata e che aveva presentato la dichiarazione annuale IVA per l’anno 1984 senza avvalersi del differimento dei termini – al 30.9.1989 – previsto dal D.L. n. 69 del 1989, art. 14 conv. in L. n. 154 del 1989 per presentare la dichiarazione sostitutiva in adeguamento ai coefficienti presuntivi di reddito ai fini IVA stabiliti dal D.P.C.M. 28 luglio 1989. Con la conseguenza che, relativamente alla dichiarazione annuale IVA presentata per l’anno 1984, i termini per l’accertamento della imposta dovevano ritenersi prorogati di tre anni – come disposto dall’art. 19 del Decreto Legge – e dunque, ricorrendo i presupposti di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 49, commi 1 e 5 (essendo scaduto entro il 5.3.1991 il termine differito al 30.9.1989 per la presentazione della dichiarazione anno 1984, e non essendo ancora maturato il termine – prorogato at 1992- per l’accertamento dell’Ufficio), la contribuente, diversamente da quanto ritenuto dai Giudici di appello, avrebbe dovuto inserire nella definizione di condono anche il periodo di imposta 1984. Tale omissione invalidava la dichiarazione integrativa e rendeva legittimo l’operato della Amministrazione.

3. Il primo motivo, se pure formulato in modo impreciso con richiamo al vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, al vizio di “error in judicando” e di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. (riferibile esclusivamente a domande od eccezioni di merito e non anche ad omesse pronunce su questioni pregiudiziali di rito che integrano autonome invalidità processuali), anzichè con richiamo all’art. 360 c.p.c., n. 4 cui deve essere correttamente correlata la denunciata violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (come è dato evincere dalla lettura dello svolgimento delle ragioni in fatto e diritto a sostegno del motivo), è fondato.

L’Ufficio finanziario aveva ritualmente censurato, con specifico motivo di appello, la sentenza di primo grado per aver ritenuto ammissibile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 il ricorso proposto dalla contribuente avverso il provvedimento di rigetto della istanza di sgravio delle somme iscritte a ruolo. Il motivo di appello argomentava la inammissibilità del ricorso sul duplice presupposto della non autonoma impugnabilità del rigetto della istanza di sgravio (in quanto atto non ripreso nell’elenco tassativo di cui al D.Lgs. n. 56 del 1992, art. 19, comma 1) e della irrevocabilità degli atti esecutivi (cartelle di pagamento) per mancata opposizione nel termine di decadenza decorrente dalla notifica.

Premesso che deve ritenersi che i Giudici di appello, affermando che il “thema controversum” fosse limitato esclusivamente alla questione della validità della dichiarazione integrativa non estesa anche all’anno di imposta 1984 e pronunciando quindi nel merito, abbiano implicitamente disatteso il motivo di appello, la questione sottoposta all’esame della Corte va risolta alla stregua della costante giurisprudenza di questa Sezione, dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi.

Il primo rilievo della censura incentrato sulla natura dell’atto impugnabile (provvedimento di rigetto della istanza di sgravio) non è dirimente in quanto, come ripetutamente affermato da questa Sezione, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli “atti impugnabili” contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, fino a comprendervi le “notizie” o “note” comunicate dall’Ufficio che, pur non rivestendo l’aspetto formale proprio di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, suscitandone l’interesse (inteso con riferimento all’art. 100 cod. proc. civ.) a chiederne il controllo di legittimità in sede giurisdizionale (cfr. Corte cass. 5 sez. 9.8.2006 n. 18008; è stata coerentemente ritenuta impugnabile la comunicazione con cui l’Ufficio revochi la sospensione della procedura di a riscossione, precedentemente concessa in attesa di verificare il diritto allo sgravio, trattandosi di provvedimento riconducitele, nella sostanza, ad un diniego di sgravio, idoneo ad esplicitare la volontà negativa dell’Ufficio rispetto all’istanza avanzata dal contribuente e perciò rientrante nella previsione del D.Lgs. n. 546 citato, art. 19. comma 1, lett. h): cfr. Corte cass. 5 sez. 12.1.2010 n. 285).

La censura coglie invece nel segno laddove investe la intempestività del ricorso introduttivo proposto dalla contribuente avverso il provvedimento di diniego, essendosi resi definitivi gli atti esecutivi (cartelle di pagamento) per mancata opposizione.

Ed infatti questa Corte ha avuto modo di rilevare che “in tema di condono fiscale in materia di IVA, qualora una dichiarazione integrativa ai sensi della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 49, comma 5, sia invalida o venga presentata oltre i termini prescritti, il potere impositivo dell’amministrazione finanziaria, già condizionato, risorge pienamente senza che essa sia tenuta, in ordine alla detta dichiarazione, ad adottare alcun previo esplicito provvedimento di reiezione o di declaratoria di invalidità, che, peraltro, costituiscono il necessario presupposto dell’atto di accertamento notificato” (cfr. Corte cass. 5 sez. 14.5.2003 n. 7454;

id. 5 sez. 1.6.2006 n. 13090; id. 5 sez. 30.6.2006 n. 15161), e che “la mancata notificazione al contribuente di un provvedimento motivato di rigetto dell’istanza di condono non comporta alcuna decadenza a carico dell’Amministrazione finanziaria, senza che la predetta omissione si traduca in una violazione del diritto di difesa del contribuente, il quale resta tutelato dalla facoltà, riconosciutagli dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, ultimo periodo, di proporre, in sede di impugnazione della cartella esattoriale emessa per il recupero dell’imposta dovuta, tutte le censure deducibili avverso il provvedimento presupposto non notificatorio” (cfr. Corte cass. 5 sez. 24.1.2007 n. 1557, con riferimento a dichiarazione integrativa presentata ai fini della definizione automatica di imposte dirette ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 38).

Ne consegue che “qualora il contribuente, al quale sia stato notificato avviso di accertamento, proponga istanza di condono, in esito alla quale l’ufficio emetta la cartella esattoriale, quest’ultima costituisce un sostanziale rigetto dell’istanza di condono, e come tale è impugnabile ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 a nulla rilevando che il precedente avviso di accertamento sia divenuto definitivo” (cfr. Corte cass. 5 sez. 21.2.2008 n. 4415).

Orbene risulta pacificamente acquisito al giudizio che in seguito alla presentazione in data 19.6.1992 della dichiarazione integrativa ex lege n. 413 del 1991 (ai sensi dell’art. 49) l’Amministrazione finanziaria ha notificato alla contribuente due cartelle di pagamento concernenti le somme iscritte a ruolo in base agli avvisi di rettifica, definitivi, delle dichiarazioni IVA per gli anni 1989 e 1990. Alla stregua della richiamata giurisprudenza la notifica di tali atti esecutivi esternava la volontà della Amministrazione di far valere la pretesa tributaria originaria e comportava implicitamente il diniego di ammissione al condono, imponendo alla contribuente di proporre tempestivo ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21 avverso gli atti esecutivi, non per denunciare vizi propri degli stessi, ma per contestare il diniego di ammissione al condono (e cioè per contestare la invalidità – implicitamente affermata dall’Ufficio – della dichiarazione integrativa).

La presentazione in data 15.1.1996 della istanza di sgravio della somme iscritte a ruolo, non assolvendo all’onere predetto (in quanto in ogni caso proposta successivamente al decorso del termine di decadenza di giorni sessanta dalla notifica della cartelle di pagamento), non consente di porre nuovamente in discussione la pretesa tributaria oggetto della procedura di riscossione divenuta ormai intangibile, essendo inidoneo il successivo provvedimento di rigetto della stanza di sgravio emesso in data 19.1.1996 – in quanto meramente confermativo e riproduttivo della volontà già implicitamente espressa dalla Amministrazione – a rimettere in termini la contribuente.

Il primo motivo deve essere pertanto accolto rimanendo in conseguenza assorbito il secondo motivo di ricorso.

5. In accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3 in quanto la causa non poteva essere proposta per inammissibilità del ricorso introduttivo. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – accoglie il ricorso quanto al primo motivo, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e dichiara che la causa non poteva essere proposta per inammissibilità del ricorso introduttivo;

– condanna la parte resistente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 7.000,00 per onorari oltre alle spese prenotate a debito; dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei precedenti gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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