Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1610 del 24/01/2011

Cassazione civile sez. I, 24/01/2011, (ud. 13/07/2010, dep. 24/01/2011), n.1610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.J.B., elettivamente domiciliata in Roma, via Timavo 3

(studio avv. Francesco Favi), rappresentata e difesa dall’avv. Aveni

Giuseppe per procura in atti,

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI MESSINA, in persona del Prefetto pro tempore;

– intimata –

avverso il decreto del Giudice di Pace di Messina in data 21 maggio

2009 nel procedimento n. 2153/09 R.G.;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

luglio 2010 dal relatore, cons. Dott. Schiro’ Stefano;

udito il P M., in persona del sostituto procuratore generale, dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi il

ricorso inammissibile.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 21 maggio 2009 il Giudice di Pace di Messina rigettava il ricorso proposto da B.J.B., cittadina (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Messina il 12 marzo 2009. A fondamento della decisione il Giudice di Pace osservava che la straniera era sprovvista di permesso di soggiorno; che il provvedimento di espulsione era stato tradotto in lingua inglese, lingua ufficiale in (OMISSIS), nell’impossibilita’ di reperire un interprete di lingua madre, e che dell’espulsione era stato informato il Consolato presso l’Ambasciata dell’(OMISSIS) di Roma.

Avverso tale decreto B.J.B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. La Prefettura intimata non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente censura il decreto impugnato, per avere il Giudice di pace affermato che la traduzione in lingua inglese del provvedimento di espulsione era da ritenersi sufficiente, essendo quella inglese lingua ufficiale in India ed avendo l’autorita’ amministrativa precisato le ragioni per le quali non era stato possibile procedere alla traduzione dell’atto in lingua conosciuta dalla ricorrente medesima. Deduce al riguardo che non era stata richiesta la preferenza in ordine alla lingua straniera in cui tradurre il provvedimento ed il mancato ricorso ad un interprete di lingua madre era stato motivato con una mera clausola di stile facente riferimento ad una generica impossibilita’ di reperire detto interprete, senza tener conto che la impossibilita’ di reperire un interprete non poteva essere riferita a momentanee difficolta’, facilmente superabili utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla legge in casi simili, e che comunque la mancata traduzione in una lingua da lei conosciuta non poteva essere giustificata dai ristrettissimi tempi procedurali a disposizione, atteso che nessun vincolo temporale poteva ritenersi sussistente nei confronti dell’autorita’ amministrativa.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione, per non essersi il Giudice di pace pronunciato sulla specifica doglianza relativa alla mancata attestazione di conformita’ all’originale della copia del provvedimento di espulsione a lei consegnata.

2. Il primo motivo e’ privo di fondamento. In tema di espulsione amministrativa dello straniero, l’obbligo dell’autorita’ procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso e’ derogabile tutte le volte in cui detta autorita’ attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga, per l’effetto, la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione e’, nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullita’, non specificando il citato art. 13 i casi di impossibilita’, ovvero i parametri generali ai quali essa va ragguagliata, e senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilita’ di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo (Cass. 2004/13032; 2005/25026; cfr. anche Cass. 2004/ 4312; 2008/13833). Nel caso di specie, dal provvedimento del Giudice di pace impugnato risulta che nella motivazione del decreto di espulsione era stato chiaramente indicato che non era stato possibile effettuare la traduzione nella lingua conosciuta dalla straniera a causa della indisponibilita’ di traduttori giurati presso la Questura e delle esigenze di celerita’ nella emissione del provvedimento e che, comunque l’interessata comprendeva e parlava “sufficientemente” la lingua italiana, mentre la stessa ricorrente riferisce che nel verbale di notifica del provvedimento di espulsione si e’ dato atto che la lingua inglese in cui detto provvedimento e’ stato tradotto e’ quella “prescelta e prevista”.

Il decreto impugnato resiste pertanto alle censure svolte dalla ricorrente con il primo motivo.

3. E’ invece fondata la seconda doglianza, in quanto dal decreto impugnato risulta che in alcun modo il Giudice di pace si e’ pronunciato, cosi’ incorrendo nella denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c., sul motivo di opposizione specificamente articolato dalla ricorrente in ordine alla mancata attestazione di conformita’ all’originale della copia del provvedimento di espulsione a lei consegnata ed alla conseguente nullita’ del provvedimento stesso, non sanata da alcuna successiva attivita’ dell’autorita’ amministrativa.

Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del primo motivo di ricorso ed all’accoglimento del secondo motivo. Il decreto impugnato deve pertanto essere annullato in ordine alla censura accolta e la causa va rinviata ad altro giudice, che si individua nel Giudice di pace di Messina in persona di diverso magistrato e che si pronuncera’ sul motivo di opposizione non esaminato dal primo giudice, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo motivo e accoglie il secondo. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Giudice di pace di Messina, in persona di diverso magistrato.

Cosi’ deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2011

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