Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1610 del 23/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1610 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 17989-2015 proposto da:
PROVINCIA DI PESCARA, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNTO BAZZONI 3,
presso lo studio dell’avvocato DANIELE VAGNOZZI, rappresentata
e difesa dall’avvocato GIULIO CERCEO;

– ricorrente contro
COLASANTE NELLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI
OSVALDO PICCIRILLI;

controrícorrente

avverso la sentenza n. 205/2015 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA, depositata il 12/03/2015;

Data pubblicazione: 23/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
MARINIS.
RILEVATO

– che, con sentenza del 25 marzo 2015 la Corte d’Appello di

Tribunale di Pescara, fermo restando l’accoglimento della
domanda proposta da Nella Colasante nei confronti della
provincia di Pescara avente ad oggetto l’illegittimità dei
contratti di collaborazione coordinata e continuativa in
virtù dei quali aveva prestato servizio presso la predetta
Amministrazione, esclusa la possibilità di conversione a
tempo indeterminato del rapporto, condannava la
Provincia al risarcimento del danno in favore della
ricorrente nella misura di 20 mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto, oltre accessori nonché a
corrispondere le differenze retributive maturate
relativamente al periodo 1.1.2002/26.9.2010;
– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver
questa ritenuto in relazione alle assunzioni della Colasante
l’illegittimo ricorso al lavoro flessibile risultando tali
assunzioni reiterate per oltre otto anni non per far fronte
ad esigenze temporanee ma per sopperire a strutturali
carenze di organico e la spettanza di un risarcimento del
danno conseguente alla cessazione del rapporto
insuscettibile di conversione parametrato sul regime
sanzionatorio di cui all’art. 18, commi quarto e quinto,
della legge n. 300/1970 (cinque mensilità valore minimo comma quarto – più quindici mensilità quale misura
sostitutiva della reintegra – comma quinto -);

Ric. 2015 n. 17989 sez. ML – ud. 05-12-2017
-2-

L’Aquila, in parziale riforma della decisione resa dal

-

che per la cassazione di tale decisione ricorre la Provincia
di Pescara, affidando l’impugnazione a cinque motivi, poi
illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso la
,
ir f
)(, sdh

Colasante;e’

che la proposta del relatore, ai sensi dell’arL 380-bis cod.

decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio
non partecipata;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata.
CONSIDERATO

che, con il primo e secondo motivo, l’Amministrazione
ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2094, 2222 e 1362 c.c., 7, c. 6,
d.lgs. n. 165/2001, 110, c. 6, d.lgs. n. 267/2000, 116
c.p.c., 2697 c.c., 2126 c.c. e 36 Cost. in una con il vizio
di omessa, carente e/o contraddittoria motivazione,
deduce l’incongruità logica e giuridica del giudizio
formulato dalla Corte territoriale in ordine alla ricorrenza
nella specie della subordinazione per aver la Corte stessa
omesso la considerazione delle difese svolte da essa
Provincia

e

non

adeguatamente

valutato

la

documentazione allegata e le risultanze istruttorie;

che, nel terzo motivo, la violazione dell’art. 36, c. 5,
d.lgs n. 165/2001, dell’art. 1, d.lgs. n. 368/2001, della
clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato annesso alla Direttiva n. 1999/70/CE,
dell’art. 7, c. 6, d.lgs. n. 165/2001, dell’art. 110, c. 6,
d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2697
c.c., dell’art. 36, c. 2, d.lgs n. 63/2001, dell’art. 1, c. 529
I. n. 296/2006 e dell’art. 3, c. 92, I. n. 244/2007 nonché

Ric. 2015 n. 17989 sez. ML – ud. 05-12-2017
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proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al

il vizio di motivazione è prospettato in relazione
all’omessa considerazioni di allegazioni e prove
documentali idonee ad attestare l’impiego della
lavoratrice a fronte di esigenze temporanee ed
eccezionali;
che, con il quarto motivo, denunciando la violazione e
falsa applicazione dell’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 165/2001 e
degli artt. 1226, 2697 e 2126 c.c. in una con il vizio di
motivazione, l’Amministrazione ricorrente lamenta la non
conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte
territoriale in ordine alla ravvisabilità in re ipsa del danno
conseguente all’illegittima instaurazione di rapporti
flessibili;

che, con il quarto motivo, proposto in via subordinata,
l’Amministrazione ricorrente, nel denunciare la violazione
e falsa applicazione dell’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 165/2001
e degli artt. 1226 c.c., 18, c. 4 e 5, I. n. 300/1970, 8 I.
n. 604/1966 nonché il vizio di omessa e/o carente
motivazione, deduce l’erroneità dal parametro di
liquidazione del danno adottato dalla Corte, sostenendo,
in alternativa, il riferimento all’art. 6 I. n. 604/1966;

che il primo, secondo e terzo motivo, che, in quanto
strettamente connessi possono essere qui trattati
congiuntamente, risultano, prima ancora che infondati,
inammissibili, risolvendosi le prospettate censure di
violazione di legge in meri vizi dell’iter logico-valutativo
seguito dalla Corte territoriale nella formulazione del
giudizio in ordine alla ricorrenza nella specie della
subordinazione (iter che si assume carente nella
considerazione di allegazioni e prove addotte dall’odierna
ricorrente, senza tener conto degli ampi margini di

Ric. 2015 n. 17989 sez. ML – ud. 05-12-2017
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discrezionalità

implicati

dal

principio

del

libero

apprezzamento del giudice) vizi non più deducibili sulla
base del testo novellato dell’art. 360, c. 1, n. 5,
applicabile “ratione temporis” (la sentenza impugnata è
stata pubblicata il 25.3.2015), che ammette la sola

inteso come fatto storico, principale o secondario, che,
se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia (Cass., SS.UU., 8053/2014);
che il terzo ed il quarto motivo, parimenti connessi e da
trattarsi qui congiuntamente, meritano, di contro
accoglimento, ritenendo il Collegio di dare continuità
all’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass.,
SS.UU.,15 marzo 2016, n. 5072) secondo cui, ai fini
della determinazione del risarcimento dovuto per
l’illegittima instaurazione di rapporti flessibili nell’ambito
del pubblico impiego privatizzato, escluso, siccome
incongruo, il riferimento ai criteri risarcitori previsti
dall’art. 18, I. n. 300/1970, viceversa accolti dalla Corte
territoriale, il parametro è dato dall’art. 32, comma 5, I.
n. 183/2010, recante una fattispecie omogenea di danno
presunto con valenza sanzionatoria e qualificabile come
“danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un
massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto
(come perdita di “chance” di un’occupazione alternativa
migliore, con onere della prova a carico del lavoratore, ai
sensi dell’art. 1223 c.c), senza che ne derivi una
posizione di favore del lavoratore privato rispetto al
dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità
forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo,
invece, agevola l’onere probatorio del danno subito.
Ric. 2015 n. 17989 sez. ML – ud. 05-12-2017
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denuncia di omesso esame di una questione di fatto,

- che, pertanto, condividendosi la proposta del relatore,
rigettati i primi tre motivi, vanno accolti il quarto ed il
quinto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla
Corte d’Appello di Ancona che provvederà in conformità,
disponendo, altresì, per l’attribuzione delle spese del

P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso,
rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla Corte di Appello di Ancona r 5uu eAte, fre-c-

Sirek

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5
dicembre 2017
Il Presidente
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‘”

presente giudizio di legittimità

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