Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16099 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16099 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA

sul ricorso 25829-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1595

contro

NANI GIUSEPPE ALESSANDRO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 2950/2007 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 26/06/2013

di ROMA, depositata il 17/11/2008 r.g.n. 216/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/05/2013 dal Consigliere Dott. ROSSANA
MANCINO;
udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega FIORILLO;

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

25829/2009 r.g.n. Poste italiane s.p.a. c/Nani Giuseppe Alessandro
Ud 8 maggio 2013

1.

Con sentenza del 17 novembre 2008, la Corte d’Appello di Roma respingeva
il gravame svolto da Poste italiane s.p.a. contro la sentenza di primo grado che
aveva accolto la domanda proposta da Nani Giuseppe Alessandro, nei
confronti della predetta società, per la dichiarazione di illegittimità del
licenziamento intimatogli con lettera del 20 dicembre 2001.

2

La Corte territoriale, per quanto qui rileva, puntualizzava che la sanzione
disciplinare espulsiva era stata intimata in violazione del codice disciplinare,
che prevedeva il licenziamento senza preavviso solo in caso di sentenze di
condanna passate in giudicato e per la particolare gravità dei fatti commessi,
mentre, nella specie, il reato per il quale era intervenuta la condanna del
lavoratore, non passata in giudicato, concerneva il furto di un frontalino
dell’autoradio di una vettura. In tali termini la Corte territoriale correggeva la
motivazione del primo giudice che aveva pur affermato la violazione del
codice disciplinare, ma per avere la società intimato il licenziamento per il
medesimo fatto già in precedenza sanzionato con altro licenziamento.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la società ha proposto
ricorso per cassazione fondato su due motivi. L’intimato non ha resistito.

Motivi della decisione
4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando omessa
motivazione (art.360, n.5 c.p.c.), assume l’efficacia di giudicato, fin dal 3
novembre 2001, della sentenza penale evocata dalla Corte di merito nei diversi
ed errati termini di decisione non irrevocabile.
5. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 2104, 2119, 1362 c.c. e degli artt. 54, n.6 e 68 del
C.C.N.L. di categoria.
6. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
7. Il primo motivo, pur volendo prescindere dalla mancanza del momento di
sintesi ex art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, si risolve nella critica
all’apprezzamento di una risultanza processuale, la ritenuta non irretrattabilità
della sentenza penale di condanna, senza che il mezzo d’impugnazione risulti
conforme alle prescrizioni dell’art. 366, n. 6 c.p.c.
1
Rossana Mancino est.

25829/2009 r.g.n. Poste italiane s.p.a. c/Nani Giuseppe Alessandro

Svolgimento del processo

8. Invero, secondo la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Corte, a
seguito della riforma ad opera del d.lgs. n. 40/06, il novellato art. 366, n. 6,
c.p.c., oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a
fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il

9. La giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte ha ulteriormente
ritenuto che la previsione di cui al ricordato art. 369, secondo comma, n. 4,
c.p.c., deve ritenersi soddisfatta, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel
fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale siano
contenuti gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda, ferma in ogni caso
l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art.
366, n. 6, c.p.c., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento
degli stessi (cfr., Cass., SU, n. 22726/2011).
10. La parte ricorrente non ha adempiuto a tali oneri poiché non ha fornito nel
ricorso la specifica indicazione dei dati necessari al reperimento del giudicato
penale su cui si fonda il motivo, discendendone l’inammissibilità del motivo.

11. Il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 2104, 2119, 1362 c.c. e degli artt. 54, n.6 e 68 del
c.c.n.l. di categoria, fonda, invero, l’illustrazione del mezzo d’impugnazione
sulla lettera di licenziamento della quale, in violazione del principio
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, non ne è riprodotto il
contenuto, né viene indicato ove risulterebbe allegata nelle fasi di merito.
12 Inoltre, va altresì osservato che le censure per violazione delle disposizioni
contrattuali investono il contratto collettivo nazionale di lavoro senza che
risulti osservata la prescrizione dell’art. 369, secondo comma, n. 4) c.p.c.,
secondo cui, col ricorso per cassazione, devono essere depositati, a pena di
improcedibilità, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi
sui quali il ricorso si fonda”.
13. Il requisito non appare soddisfatto giacché si è omesso di precisare in quale

sede processuale il CCNL invocato sarebbe stato eventualmente prodotto
nelle fasi di merito e dove, quindi, la Corte potrebbe esaminarlo in questa sede,
‘per effetto della relativa già avvenuta produzione nelle fasi di merito.

2
Rossana Mancino est.

25829/2009 r.g.n. Poste italiane s.p.a. c/Nani Giuseppe Alessandro

documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica
indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che
si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art.
369, secondo comma, n. 4, c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di
legittimità (cfr., ex plurhnis, Cass., SU, n. 28547/2008; Cass., n. 20535/2009).

14. È stato in proposito anche chiarito da questa Corte che l’onere di depositare i
contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda – imposto, a pena di
improcedibilità, dal citato art. 369 c.p.c., secondo comma, n. 4, nella nuova
formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – non può dirsi soddisfatto
con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il

potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti
con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 c.c., e segg., e, in
specie, con la regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che la mancanza del
testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre
parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per
l’interpretazione esaustiva della questione che interessa (cfr., ex multis, Cass.
15495/2009).
15. In definitiva, il ricorso va rigettato.
16. Non si provvede alla regolamentazione delle spese, per non aver la parte
intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.
Così deciso in Roma, l’ 8 maggio 2013.

ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendo
ritenersi che la produzione parziale di un documento sia non solamente
incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo
dell’intervento legislativo di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, intesi a

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