Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16096 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16096 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 5979-2011 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE
cl.kAr . Mut co LL tre41:Am.,
9(itt *eitivà CaleAdi.
80027390584,”( elettivamente domiciliaLa in ROMA, VIA
GEROLAMO BELLONI 88, presso lo studio dell’avvocato
PROSPERETTI GIULIO, che la rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

1479

COCO SANTO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 675/2010 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 26/06/2013

di CATANIA, depositata il 02/09/2010 R.G.N. 786/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato PROSPERETTI GIULIO;

Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL FATTO
1. La Corte d’Appello di Catania, con la sentenza n. 675/10,
accoglieva in parte l’impugnazione proposta dalla Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense nei confronti dell’avvocato Coco Santo
e, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania,
condannava l’appellato al pagamento in favore della Cassa del
contributo integrativo dell’anno 1995 e della sanzione ex art. 9 della
legge n. 141/1992, relativa all’anno 1997, di cui alla cartella opposta
con ricorso del 30 giugno 2003.
Confermava nel resto la sentenza impugnata.
2. L’avvocato Santo Coco, infatti, aveva proposto opposizione
avverso la cartella esattoriale con la quale gli era stato chiesto il
pagamento della complessiva somma di £ 15.043.720, a titolo di
contributi di competenza della Cassa nazionale di previdenza e
assistenza forense, relativi agli anni 1995, 1997 e 1998.
Esponeva che nel marzo 1998 la Cassa gli aveva comunicato
l’iscrizione tardiva ai fini pensionistici a decorrere dal 1980, nonché il
prospetto del relativo onere contributivo fino al 1995. Nell’aprile 1998,
egli aveva proposto reclamo avverso detta delibera al Consiglio di
amministrazione della Cassa stessa, chiedendone l’annullamento. In
data 18 settembre 1998 la Giunta esecutiva aveva deliberato la sua
cancellazione dalla Cassa.
Il Tribunale aveva accolto l’opposizione annullando la cartella.
Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la
Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, prospettando due
motivi di ricorso.
Resiste con controricorso Coco Santo.
In prossimità dell’udienza pubblica la Cassa ha depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è prospettata la violazione, ai
sensi dell’art. 360, n. 3, cpc, dell’art. 21 della legge n. 576 del 1980,
nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
della controversia, in relazione alla statuizione che la cancellazione
dell’iscritto alla Cassa forense determinerebbe, come effetto automatico,
il venir meno dell’obbligo di corrispondere i contributi non ancora
versati.
2. Occorre precisare che la Corte d’Appello chiariva che, da un
lato, la delibera che aveva disposto l’iscrizione tardiva, con decorrenza
dall’anno 1980, liquidandone il relativo onere contributivo, comprensivo
di interessi, per gli anni dal 1980 al 1995, non era stata mai annullata;
dall’altro, che la cancellazione dalla Cassa, era stata adottata dalla
Giunta esecutiva, in data 18 settembre 1998, in accoglimento di
apposita istanza dell’interessato del luglio 1998, ed era stata disposta
solo a decorrere dall’anno di presentazione della domanda di
cancellazione, in considerazione del fatto che il Coco non aveva
esercitato, con continuità, la professione negli ultimi tre anni
antecedenti la domanda stessa. A ciò conseguiva che la cancellazione
non poteva escludere l’obbligo dell’appellato di versare i relativi oneri
contributivi.
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Posta questa premessa, la Corte d’Appello affermava che, tuttavia,
il diritto alla restituzione dei contributi versati, qualora non siano stati
maturati, alla cessazione dell’iscrizione, i requisiti contributivi per il
diritto alla pensione (ai sensi dell’art. 21 della legge n. 576 del 1980,
applicabile ratione temporis), postulava, a fortiori, il diritto a non versare
quelli ancora da pagare, senza che, logicamente, fosse necessario
presentare un’istanza di restituzione.
3. Nel censurare la suddetta statuizione della Corte d’Appello, la
ricorrente deduce che, ai fini della restituzione, è determinante
l’espressione della volontà dell’interessato, in quanto la stessa assume
rilievo non solo ai fini economici, ma anche quale rinuncia ad avvalersi
della annualità di riferimento, nell’ambito della previdenza forense, in
caso di successiva reiscrizione del professionista alla Cassa.
Tale manifestazione di volontà non era intervenuta nel caso di
specie, come già dedotto dinanzi ai giudici del merito.
4. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
L’art. 21, comma 1, della legge n. 576 del 1980, prevede: «coloro
che cessano dalla iscrizione alla cassa senza aver maturato i requisiti
assicurativi per il diritto alla pensione hanno diritto di ottenere il
rimborso dei contributi di cui alli articolo 10, nonché degli eventuali
contributi minimi e percentuali previsti dalla precedente
legislazione,esclusi quelli di cui alla tabella e allegata alla legge 22 luglio
1975, n.319».
4.1. Per una compiuto inquadramento della censura occorre
rilevare quanto segue.
L’istituto della restituzione dei contributi costituisce un aspetto
peculiare della previdenza dei liberi professionisti, che non trova
corrispondenza nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria, nel
quale, di regola vige l’opposto principio dell’acquisizione, alla gestione
previdenziale di appartenenza, dei contributi debitamente versati,
nonostante che gli stessi non siano utili per l’insorgenza di alcun
trattamento pensionistico (v., Cass. n. 10190 del 2002).
Con riguardo alla previdenza forense occorre rilevare che tale
previsione è venuta meno, atteso che la Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense (Comitato dei delegati), con
delibera del 28 febbraio 2003- 23 luglio 2004 (integrata con
delibera del 13 novembre 2004), assunta con riguardo alla
potestà di cui al d.lgs. n. 509 del 1994 e di cui all’art. 3,
comma 12, della legge n. 335 del 1995 (cfr., Cass. n. 24202
del 2009, punto 2.9. dei “motivi della decisione”), ha
modificato l’articolo 4 del Regolamento della Cassa stessa, ed
ha soppresso il diritto alla restituzione dei contributi sancito
dal citato art. 21 della legge 20 settembre 1980, n. 576
(Riforma del sistema previdenziale forense), prevedendo, in
sostituzione, l’erogazione di una pensione a base contributiva
Successivamente l’art. 1, comma 763, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2007), nella parte in cui – ultimo periodo – nel modificare
l’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha
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disposto che «sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in
materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente
comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di
entrata in vigore della presente legge».
La legittimità costituzionale di tale ultima disposizione è
stata più volte sottoposta al vaglio del Giudici delle Leggi, ma
i relativi atti di rimessione non hanno superato il preliminare
vaglio di ammissibilità (v., Corte cost., ordinanze n. 124 del
2008 e n. 15 del 2011, sentenza n. 263 del 2009).
4.2. Tanto premesso, nella fattispecie in esame, trova
applicazione, ratione temporis, il richiamato art. 21.
Ritiene questa Corte che alla intervenuta cancellazione a
domanda non consegue automaticamente il diritto alla
restituzione dei contributi versati ma non sufficienti ad
ottenere il trattamento pensionistico, in presenza delle
previste condizioni, e che occorre una specifica
manifestazione di volontà in tal senso. Non di meno il decisum
della sentenza impugnata è nella specie corretto. Nel caso di specie,
tale manifestazione di volontà va ravvisata nell’opposizione
alla cartella esattoriale, incompatibile con l’intenzione di
avvalersi dei benefici connessi alla previdenza forense e di
voler corrispondere e stabilizzare i contributi richiesti.
5. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la
violazione dell’art. 21 della legge n. 576 del 1980, nonché
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia, in relazione alla statuizione della
non debenza dell’intera seconda rata di sanatoria ex lege n.
662 del 1996.
Assume la ricorrente che benché la citata disposizione
prevedesse la restituzione del solo contributo soggettivo, la
Corte d’Appello di Catania sanciva la non debenza dell’intera
rata della sanatoria ex lege n. 662 del 1996, di cui l’avv. Coco
aveva usufruito a seguito di specifica istanza e di richiesta di
rateizzazione, in tre rate, per la regolarizzazione contributiva
e l’iscrizione tardiva alla Cassa per gli anni dal 1980 al 1995.
Detta rata comprendeva non solo i contributi soggettivi, di
cui all’art. 10 della legge n. 576 del 1980, ma anche i
contributi minimi integrativi di cui al successivo comma 11,
oltre a quanto dovuto a titolo accessorio, compensativo e
sanzionatorio.
La Corte d’Appello, incorrendo nei suddetti vizi non
avrebbe distinto nell’ambito della seconda rata della
sanatoria la parte restituibile e quella ancora oggetto
dell’obbligo di versamento.
Questa Corte, con la sentenza n. 10190 del 2002, ha
affermato il seguente principio: “l’obbligo restitutorio di cui all’art.
21 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (recante la riforma del sistema
previdenziale forense) – che prevede che coloro che cessano
dall’iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per
il diritto alla pensione hanno diritto di ottenere il rimborso dei
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contributi di cui all’art. 10 (ossia dei contributi c.d. soggettivi, distinti
dai contributi c.d. integrativi di cui al successivo art. 11) – non
comprende anche gli eventuali interessi di mora e sanzioni di cui al
quarto comma dell’art. 18 1. n. 576 del 1980, cit., relativi ai contributi
soggettivi rimborsabili. Invece, in caso di sanatoria a mezzo di iscrizione
tardiva alla Cassa,
art. 15 1. 11 febbraio 1992, n. 141, sono
rimborsabili gli interessi legati sui contributi soggettivi arretrati, ma non
già gli eventuali interessi di mora e sanzioni in caso di ritardato
pagamento della somma dovuta per la sanatoria stessa”.
La Corte d’Appello, pur richiamando la suddetta pronuncia, con
motivazione non adeguata, ha stabilito che non era dovuta la seconda
rata della sanatoria contributiva e di iscrizione tardiva (comprensiva di
contributi e interessi ai sensi dell’art. 15 della legge n. 141 del 1992) di
cui in cartella, mentre era dovuto il contributo integrativo relativo
all’anno 1995. Il generale riferimento al suddetto art. 15, vizia la
motivazione in quanto richiama indistintamente tutti gli interessi (art.
18, comma 4), senza inverare nel caso di specie i principi sopra
richiamati.
6. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo.
Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia alla
Corte d’Appello di Messina anche per le spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo.
Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia alla
Corte d’Appello di Messina anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2013.

ex

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