Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16095 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16095 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 4842-2011 proposto da:
ISTITUTO DI VIGILANZA PRIVATA LA NUOVA LINCE S.R.L.
80047500634, in persona del legale rappresentante pro
jt.41 HAVIALE
temporeW elettivamente domiciliata in ROMA,

a

DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato
VACCARO PAOLA, rappresentata e difesa dagli avvocati
2013
1356

GAUDINO GIORGIA, GARZILLI MASSIMO, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

DI BONITO SALVATORE DBNSVT52E28G964G, elettivamente

Data pubblicazione: 26/06/2013

domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo
studio dell’avvocato FEMIA DOMENICO, rappresentato e
difeso dall’avvocato RAFFAELE RIGITANO. giusta delega
in atti;
– controricorrente

di NAPOLI, depositata il 17/02/2010 r.g.n. 11327/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/04/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 422/2010 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17 febbraio 2010 la Corte d’appello di Napoli, in
riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 6 ottobre 2008, ha
annullato il licenziamento intimato dall’Istituto di vigilanza privata “La
Nuova Lince” s.r.l. a Di Bonito Salvatore in data 27 aprile 2006 ed ha

risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni di fatto in misura pari
alle mensilità di retribuzione di fatto maturate e non riscosse dal recesso
alla reintegra. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia giudicando
sproporzionata la sanzione disciplinare espulsiva motivata con l’abbandono
del posto di lavoro, essendo risultato provato che il Di Bonito ha lasciato il
servizio mezz’ora prima del termine del suo turno di servizio solo dopo
essersi accertato dell’arrivo del suo collega del turno successivo.
L’Istituto di Vigilanza Privata “La Nuova Lince” s.r.l. propone ricorso per
cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Di Bonito.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si lamenta violazione delle regole di ermeneutica
contrattuale e conseguente violazione ovvero falsa applicazione dell’art.
140 CCNL vigilanza privata, istituti, consorzi e cooperative del 2 maggio
2006, in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ.; vizio di motivazione su
un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, n. 5 cod. proc.
civ. In particolare si deduce che l’art. 140 CCNL prevede espressamente
l’abbandono del posto di lavoro quale giusta causa di licenziamento per cui
la corte territoriale avrebbe interpretato tale norma in modo errato non
considerando la legittimità del licenziamento in presenza di un acclarato

condannato detta società a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, ed al

abbandono del posto di lavoro, a nulla rilevando la mancanza di un danno
procurato.
Il ricorso è infondato. In base a consolidati e condivisi orientamenti di
questa Corte, in caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della
proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni

del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si
risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali; spetta al giudice di merito
valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una
valutazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto
concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento
unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad
un’utile prosecuzione del rapporto di lavoro (per tutte Cass. 26 luglio 2010,
n. 17514). In materia di licenziamento per ragioni disciplinari, anche se la
disciplina collettiva preveda un determinato comportamento come giusta
causa o giustificato motivo soggettivo di recesso, il giudice investito
dell’impugnativa della legittimità del licenziamento deve comunque
verificare l’effettiva gravità della condotta addebitata al lavoratore (Cass.
18 gennaio 2007, n. 1095). Infatti la valutazione in ordine alla legittimità
del licenziamento, motivato dalla ricorrenza di una delle ipotesi previste
dalla contrattazione collettiva, non può conseguire automaticamente dal
mero riscontro della corrispondenza del comportamento del lavoratore alla
fattispecie tipizzata contrattualmente, ma occorre sempre che quest’ultima
sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della
gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo
soggettivo della colpa o del dolo (Cass. 4 marzo 2004 n. 4435). Inoltre, in
tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo,
il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all’illecito
commesso, rimesso al giudice di merito, si sostanzia nella valutazione della

L

comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia

gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto
rapporto, e l’inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo
rispetto alla regola generale della “non scarsa importanza” di cui all’art.
1455 cod. civ., sicché l’irrogazione della massima sanzione disciplinare
risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento

prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (per tutte Cass. 22 marzo
2010, n. 6848).
Nella specie la Corte territoriale ha esattamente definito come illecito il
comportamento di abbandono del posto di vigilanza, addebitato al
lavoratore. Altrettanto esattamente essa non lo ha però ritenuto degno della
sanzione espulsiva, considerando che all’allontanamento mezz’ora prima
della fine del turno era corrisposto l’arrivo di un collega mezz’ora prima
dell’inizio del turno successivo, sì che il luogo non era rimasto privo di
personale di vigilanza.
Pertanto è corretta e logica la valutazione operata dal giudice dell’appello
secondo cui la brevità dell’assenza e la conseguente limitatezza del danno
procurato non è proporzionato alla massima sanzione espulsiva, anche
considerando l’elemento soggettivo del comportamento del dipendente
convinto e sicuro della presenza imminente del proprio collega. Tale
valutazione, si ripete, è condivisibile e in armonia con i sopra ricordati
principi affermati da questa Corte.
La sussistenza dell’illecito disciplinare previsto dalla contrattazione
collettiva rende comunque complessa la decisione della controversia di
modo che appare equa la compensazione fra le parti delle spese del
presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

3

degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la

La Corte rigetta il ricorso;
Compensa fra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma il 16 aprile 2013.

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