Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16095 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2011, (ud. 26/04/2011, dep. 22/07/2011), n.16095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18962-2006 proposto da:

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91

presso lo studio dell’avvocato LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GARAVOGLIA MARIO, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 06/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/04/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato LUCISANO CLAUDIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.E. ha impugnato gli avvisi di accertamento IRPEF e di rettifica IVA, relativi agli anni 1995 e 1996, emessi a seguito del verbale della Guardia di Finanza, che aveva evidenziato, in base ai riscontri bancari, l’omessa registrazione di corrispettivi, in ciascuno di detti anni. I ricorsi del contribuente venivano riuniti e rigettati dalla CTP di Torino, con decisione confermata dalla CTR del Piemonte, che, con sentenza n. 5/01/05, depositata il 6.5.2005, ha ritenuto che le indagini della Guardia di Finanza erano legittime, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 51 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e che, dall’esame della copia integrale dei relativi processi verbali, restava esclusa la sussistenza di sviste, errori ed omissioni, da parte dei verbalizzanti.

Il contribuente ricorre per la cassazione della sentenza, in base a due motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, va rilevata l’inammissibilità del controricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al pregresso grado di giudizio, nè è stato evocato dal ricorrente, rimanendo a suo carico le spese del giudizio, (cfr. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007).

Col primo motivo, il contribuente deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, affermando che l’impugnata sentenza ha frainteso la portata precettiva di dette disposizioni, nel ritenere che le stesse consentano “di porre a base di accertamenti e rettifiche non già i singoli dati ed elementi risultanti dai conti, (…) dei quali il contribuente non abbia dimostrato l’irrilevanza per la determinazione del suo reddito o imponibile IVA, ma anche il risultato di un’indagine fondata anche solo sull’esame dei conti correnti bancari (…) complessivamente considerati dai verificatori che abbiano valorizzato i totali delle operazioni ivi intercorse…”. In tali casi, prosegue il ricorrente “non è consentita la prova per presunzioni, ma l’Amministrazione finanziaria avrà l’onere di dimostrare che le differenze ritenute non giustificate da altre causali costituiscono ricavi non contabilizzati”.

Il motivo è infondato. Come ripetutamente affermato da questa sezione (tra le tante Cass. n. 8041/2008 e n. 4589/2009), in presenza di accertamenti bancari, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 (per l’IVA), o del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 (per l’imposta sul reddito), l’onere dell’amministrazione di provare la sua pretesa è soddisfatto, per volontà di legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari (Cass. n. 16837/2008), data la presunzione legislativa, correlata ad una valutazione di rilevante probabilità, che il contribuente si avvalga di tutti i conti di cui possa disporre per le rimesse ed i prelevamenti inerenti all’esercizio dell’attività; in tali casi, si verifica una inversione dell’onere della prova, in quanto è il contribuente che deve dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione, o perchè ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni o perchè (Cass. n. 9573/2007, n. 1739/07, n. 28324/07) riferiti ad operazioni non imponibili. A tale stregua, l’esegesi propugnata dal ricorrente, che, enfatizzando il dato testuale delle norme, vigente al tempo dell’accertamento (23.9.1997), afferma che la suddetta presunzione andrebbe dedotta ed applicata prelievo per prelievo e versamento per versamento non appare avere alcun significato sostanziale o formale. La presunzione si applica, infatti, a tutte le poste e quindi anche alla somma di esse, sicchè per l’Ufficio è sufficiente farla valere globalmente.

Per vincerla, il contribuente deve, in primo, luogo dedurre – per ciascuna posta singolarmente considerata – la diversa imputazione e, quindi, deve i – per ciascuna posta – dare la prova di tale diversa imputazione.

Col secondo motivo, il ricorrente deduce difetto di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella valutazione delle sue specifiche censure, rilevando che i giudici d’appello “pur avendo a disposizione tutti gli elementi utili a formare un proprio autonomo convincimento al riguardo, hanno preferito acriticamente recepire le conclusioni della sentenza impugnata ritenendo di non poter rivedere il già approfondito esame svolto in merito dal giudice di prima istanza circa i già lamentati errori ed omissioni dei verificatori”.

In tal modo, afferma il ricorrente, la CTR ha omesso di valutare i punti decisivi della controversia.

Anche questo motivo è infondato. Questa Corte ha affermato (Cass. n. 15483/2008), con indirizzo al quale si intende dare continuità, che la motivazione “per relationem” della sentenza pronunciata in sede di gravame è legittima, purchè il giudice d’appello, nel far proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Nella specie, i suddetti requisiti sono ravvisabili: dall’esame del suo intero contesto, la sentenza impugnata mostra di aderire alle conclusioni cui erano pervenuti i giudici di prime cure, attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, sia direttamente effettuata (mancato esame dei giroconti sul c/c postale) che mediante il rinvio alle considerazioni svolte dai primi giudici, in parte trascritte, ritenute approfondite e condivise. La pronunzia non è quindi suscettibile di censure di inadeguatezza, mentre è escluso che in sede di legittimità sia possibile effettuare quel controllo di merito; che, invece; il ricorrente pare richiedere alla Corte, riportando, nelle “note”, l’elenco, per anno, degli asseriti errori, omissioni e sviste del p.v.c..

Le spese del presente giudizio di legittimità, secondo il criterio legale della soccombenza, vanno poste a carico del ricorrente ed in favore dell’Agenzia, e possono liquidarsi in complessivi Euro 5.000,00, oltre a spese prenotate a debito.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore dell’Agenzia, liquidate in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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