Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16094 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16094 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 17795-2010 proposto da:
BRANCATO PAOLO BRNPLA24L05C696T, già elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI GONZAGA 37, presso
l’abitazione del Sig. SALVATORE BATTAGLIA,
rappresentato e difeso dall’avvocato DI FRANCESCO
OLINDO, giusta delega in atti e da ultimo domiciliato
2013
1284

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585, in persona del

Data pubblicazione: 26/06/2013

b.

Ministro

pro

tempore,

rappresentato

e

difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

controricorrente

avverso la sentenza n. 364/2009 della CORTE D’APPELLO

105/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/04/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito il P.M. del persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di CALTANISSETTA, depositata il 26/06/2009 r.g.n.

1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Agrigento, Brancato
Paolo, quale erede della moglie Dulcetta Vincenza, chiedeva il
riconoscimento del diritto della predetta alla pensione di invalidità
civile ed all’indennità di accompagnamento dalla data della domanda
amministrativa, presentata il 24.07.90.
2.- Accolta la domanda a decorrere dal marzo 1992, proposto
appello dal Brancato e rigettata l’impugnazione dalla Corte di appello
di Palermo, il predetto proponeva ricorso per cassazione.
3.- Con sentenza 10.05.06 n. 15498 la Corte di cassazione
cassava la sentenza impugnata rilevando che la Corte di appello era
incorsa nel vizio di omesso esame, in quanto aveva pronunziato solo a
proposito della decorrenza dell’indennità di accompagnamento, mentre
la domanda aveva ad oggetto anche la pensione di invalidità civile.
4.- Riassunta la causa, la Corte d’appello di Caltanissetta,
designata quale giudice di rinvio, con sentenza del 26.06.09, rinnovata
la consulenza tecnica di ufficio, confermava la pronunzia di primo
grado, dichiarando il diritto della Dulcetta alla pensione di inabilità ed
all’indennità di accompagnamento dal mese di marzo 1992, rilevando
che i richiesti requisiti sanitari sussistevano solo da quel momento.
5.- Contro la sentenza di rinvio propone ricorso il Brancato, cui
risponde il Ministero dell’Interno con controricorso.
Motivi della decisione
6.- Con il ricorso per cassazione il Brancato deduce:
6.1.- Violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto il
giudice del rinvio nel rinnovare l’accertamento tecnico di ufficio ha
proposto al consulente il quesito di accertare se la Dulcetta avesse i
requisiti sanitari per godere della pensione di inabilità civile, invece che
di quella di invalidità civile, come richiesto in causa. Inoltre, la Corte di
rinvio, preso atto che la predetta non aveva un grado di invalidità tale
da non consentire la concessione della pensione, avrebbe dovuto
comunque accertare se la stessa alla data della domanda amministrativa
avesse diritto all’assegno di invalidità, per il quale è sufficiente una
percentuale di invalidità del 67%.
6.2.- Violazione di legge e carenza di motivazione, sostenendosi
che la sentenza non avrebbe preso in considerazione che la Dulcetta
era stata ricoverata in data anteriore al marzo 1992 in un ospedale
americano, come da documentazione attestante un grave complesso
patologico già presente alla data della domanda amministrativa
(24.07.90), di modo che avrebbe dovuto essere accertato se a questa
data o, comunque, a data successiva ma anteriore al marzo 1992 fosse

Svolgimento del processo

8. Brancato Paolo c. Ministero dell’Interno (17795/10)

-2-

intervenuto uno stato invalidante tale da consentire la concessione
della pensione o, in subordine, dell’assegno di inabilità.
7.- Il ricorrente premette di aver fatto richiesta nel ricorso
introduttivo della pensione di invalidità civile e dell’indennità di
accompagnamento e che, quanto alla pensione, la domanda era stata
accolta del primo giudice, ma solo con decorrenza dal 1992 e non dalla
domanda amministrativa, proposta il 24.07.90.
L’appello proposto in punto di decorrenza della pensione,
prosegue Brancato, non era stato preso in esame dalla Corte d’appello,
tanto che la Corte di cassazione a seguito di suo ricorso aveva cassato
la sentenza di secondo grado e, preso atto che il giudice aveva omesso
di pronunziarsi in punto di decorrenza della pensione di invalidità,
aveva affidandoto al giudice di rinvio il compito di pronunziarsi “sulla
domanda di retrodatazione della pensione”.
Con l’odierno ricorso parte ricorrente sostiene che con il
richiedere la pensione di invalidità egli era caduto in una improprietà di
linguaggio e che intendeva richiedere in realtà l’assegno di invalidità
(art. 13 del d.l. 30.01.71 n. 5, conv. dalla 1. 30.03.71 n. 118), per il quale,
secondo il testo applicabile ratione temporis, “ai mutilati ed invalidi civili
di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno nei
cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella
misura superiore ai due terzi, incollocati al lavoro e per il tempo in cui
tale condizione sussiste,è concesso a carico dello stato ed a cura del
ministero dell’interno, un assegno mensile di L. ….”. Il giudice del
rinvio, pertanto, avrebbe dovuto esclusivamente valutare l’esistenza dei
requisiti per l’attribuzione dell’assegno di invalidità, riscontrandone
l’esistenza dei presupposti, senza necessità di procedere a nuovi
accertamenti medico-legali. Al consulente del giudice di rinvio avrebbe
dovuto, comunque, essere richiesto se esistevano i requisiti per la
concessione di detto assegno.
8.- Il motivo deve essere rigettato, in quanto il giudice di rinvio
ha correttamente interpretato la pronunzia rescindente, ritenendo che
la stessa fosse nominalmente riferita alla pensione di inabilità. Ove
avesse preso in esame la diversa domanda di assegno di invalidità,
detto giudice sarebbe incorso in una insanabile contraddizione, atteso
che il soggetto interessato era già stato riconosciuto “totalmente
inabile” per affezioni fisiche ai sensi dell’art. 12 della legge n. 118 e,
pertanto, mai avrebbe potuto essere valutato ai sensi del successivo art.
13, che imponeva (all’epoca) l’accertamento della riduzione della
capacità lavorativa dei due terzi.
Correttamente, pertanto, il giudice di rinvio si è limitato ad
esaminare la sola questione della decorrenza dell’indennità di
accompagnamento e della pensione di inabilità, che tra di loro non

Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso, nulla disponendo in punto di spese.
Così deciso in Roma il 10 aprile 2013
Il Presidente

sono incompatibili, precisando che la questione della spettanza
dell’assegno di invalidità era estranea alla causa.
9.- Anche il secondo motivo è infondato, in quanto solleva
inammissibilmente questioni di merito in sede di legittimità,
contestando l’accertamento di fatto compiuto dal giudice, il quale, con
riferimento alla documentazione medica che si assume obliterata, ha
condiviso l’opinione del consulente di ufficio che ha sottolineato la
mancanza di qualsiasi elemento di ordine clinico, suffragato da valida
documentazione, idoneo a giustificare la retrodatazione.
10.- In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Nulla deve statuirsi per le spese, trattandosi di controversia a
contenuto assistenziale iniziata prima della modifica dell’art. 152 disp.
att. c.p.c. apportata dal d.l. 30.09.03 n. 269, conv. dalla 1. 24.11.03 n.
326.

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