Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16093 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2011, (ud. 21/04/2011, dep. 22/07/2011), n.16093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25782-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

LA REALE DISTRIBUZIONE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F.

DENZA 20 presso lo studio dell’avvocato DEL FEDERICO LORENZO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSA LAURA procura

speciale Notaio Dr. DEODATO ADRIANO in ROMA REP. 125877 del

23/10/2006;

– resistente –

avverso la sentenza n. 81/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 21/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di una verifica della Guardia di Finanza in cui erano state evidenziate incongruenze nella registrazione delle fatture della società La Reale Distribuzione srl, l’Amministrazione finanziaria emetteva a carico di quest’ultima un avviso di rettifica della dichiarazione IVA relativa al 1994.

La società impugnava l’avviso lamentando la intellegibilità della pretesa tributaria, in quanto, mentre la liquidazione dell’imposta operata dall’ufficio era maggiore di quella effettuata dal contribuente, nell’avviso non risultava evidenziata alcuna differenza tra quanto dichiarato dalla società e quanto accertato dall’Ufficio in relazione al fatturato ed agli acquisti.

La Commissione Tributaria Regionale di Roma, confermando la sentenza di primo grado, annullava l’avviso, argomentando che “dal prospetto dell’accertamento i valori delle colonne importo dichiarato e importo accertato sono perfettamente identici per cui non è dato sapere come abbia operato l’ufficio”.

Il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate impugnano la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, denunciando, quale unico motivo, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 55 e 56 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’intimata non ha depositato controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 21.4.01; le parti non sono comparse e il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si rileva l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Quest’ultimo non è stato parte del giudizio di secondo (nè di primo) grado, cosicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente giudizio.

Quanto al ricorso dell’Agenzia, quest’ultima censura la sentenza gravata per aver ritenuto inadeguata la motivazione dell’avviso di rettifica; motivazione che invece, secondo la ricorrente, sarebbe conforme al paradigma fissato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore all’entrata in vigore della L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) e del D.Lgs. n. 32 del 2001 (che ha aggiunto un comma al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56).

In particolare, la ricorrente sottolinea che, non trattandosi accertamento induttivo, non era necessario che la motivazione dell’avviso contenesse l’indicazione (prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 3) dell’imponibile rideterminato e delle aliquote e detrazioni applicate; essendo invece sufficiente, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, che l’atto impositivo indicasse gli errori ed omissioni su cui era basata la rettifica e i relativi elementi probatori. Nella specie, argomenta la ricorrente, detta indicazione risultava effettuata nell’atto impugnato mediante il rinvio per relationem al verbale della Guardia di Finanza; rinvio che, nel regime anteriore all’entrata in vigore dello Statuto del contribuente, doveva ritenersi legittimo, anche quando il verbale non era allegato all’avviso di rettifica o ivi riprodotto nelle sue parti essenziali.

Il ricorso è inammissibile perchè il suo unico motivo difetta di autosufficienza, in quanto:

1) Nel ricorso non risulta indicata la data in cui l’avviso di rettifica è stato notificato alla contribuente, cosicchè la Corte non viene messa in condizione, dalla lettura del ricorso, di conoscere se l’atto impositivo impugnato sia o meno soggetto, ratione temporis, alla disciplina dello Statuto del contribuente.

2) Nel ricorso non è stata trascritta la motivazione dell’avviso di rettifica, cosicchè – a fronte dell’accertamento di fatto operato della Commissione Tributaria Regionale (e non contestato dalla ricorrente) secondo cui dal prospetto dell’accertamento i valori delle colonne importo dichiarato e importo accertato sono perfettamente identici” – la Corte non viene messa in condizione, dalla lettura del ricorso, di conoscere se, ed in quali termini, l’atto impositivo impugnato soddisfacesse all’onere di indicare gli errori le omissioni e le false indicazioni su cui si basava la rettifica, nonchè i relativi elementi probatori; e, in particolare, se, ed in quali termini, fosse formulato il rinvio per relationem al verbale della Guardia di Finanza su cui si fonda la difesa della ricorrente. Sull’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione che censuri una sentenza di merito sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, si veda la sentenza di questa Corte n 15867/2004: “In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso -, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo:’ Conformi, le sentenze 12786/2006, 13007/2007.

Il ricorso va dunque respinto, per inammissibilità dell’unico motivo.

Non vi è luogo a regolazione di spese, in difetto di attività difensiva della contribuente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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