Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16092 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 06/04/2017, dep.28/06/2017),  n. 16092

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23131-2011 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DUILIO 13, presso

lo studio dell’avvocato SERGIO BLASI, che la rappresenta difende

unitamente all’avvocato ALDO FERRARO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata ROMA VIA DEI 435 PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI TRENTO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 26/2011 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di

TRENTO, depositata il 06/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate svolgeva attività istruttoria nei confronti di M.C., esercente l’attività di intermediaria nelle assicurazioni, procedendo ad acquisizione dei dati dell’Anagrafe tributaria, instaurazione del contraddittorio con la contribuente in ordine alle movimentazioni bancarie, acquisizione di documentazione bancaria presso la Cassa rurale di Trento. All’esito dell’istruttoria emetteva due avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2002 e 2003, con i quali determinava i compensi percepiti dalla contribuente e le corrispondenti imposte Irpef, Irap ed Iva dovute.

M.C. proponeva ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Trento che lo accoglieva con sentenza n. 85 del 2008. Il giudice riteneva la nullità degli avvisi di accertamento per mancata allegazioni della documentazione richiamata.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria di secondo grado che lo accoglieva con sentenza del 6.5 2011.

Contro la sentenza di appello la contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo: “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57”, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto inammissibile, perchè dedotta per la prima volta nel giudizio di appello, l’eccezione circa la violazione dell’obbligo di trasmissione dei dati bancari in forma telematica.

2. Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione di norme di diritto anche sotto altro profilo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione alla L. 30 dicembre 2004, n. 111, art. 1 comma 402, 402, 403 e 404″, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto inammissibile l’eccezione di nullità degli atti trasmessi dalla banca non in via telematica poichè proposta per la prima volta nelle controdeduzioni depositate dalla contribuente nel giudizio di appello”.

3. Terzo motivo: “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 5,” poichè la denunciata sentenza non ha affatto esposto le ragioni per cui ha stabilito l’inammissibilità della eccezione.

I motivi, da esaminare congiuntamente poichè strettamente connessi, sono infondati. La previsione secondo cui le richieste di dati bancari e le relative risposte devono avvenire in forma telematica (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 32, comma 3 e art. 51, come modificati dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 402) non prevedono alcuna sanzione in caso di effettuazione della trasmissione nella tradizionale forma cartacea anzichè in via telematica. In ogni caso il giudice di appello ha correttamente rilevato l’inammissibilità della deduzione, trattandosi di una eccezione in senso proprio che non poteva essere introdotta per la prima volta nel giudizio di appello. La tesi del ricorrente, di avere avuto conoscenza della acquisizione della documentazione in forma non telematica solo al termine del giudizio di primo grado, con la possibilità di sollevare l’eccezione soltanto nel successivo grado di giudizio, è contraddetta dalla stessa esposizione dei fatti di causa contenuta nel ricorso, laddove afferma (pag. 3) di aver avuto conoscenza della acquisizione della documentazione in forma cartacea anzichè telematica soltanto in data 16.6.2006, a seguito del deposito documenti da parte della Agenzia delle Entrate, e che l’udienza di discussione della causa davanti alla Commissione tributaria provinciale si è svolta in data 1.12.2008. La tempistica indicata dal ricorrente avrebbe comportato l’onere a suo carico (non assolto) di attivare la procedura della presentazione dei motivi aggiunti, a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, a mezzo dei quali formulare, già nell’udienza davanti al giudice di primo grado, l’eccezione di asserita nullità della documentazione trasmessa in forma cartacea.

4. Quarto motivo: “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42”, nella parte in cui non ha confermato la nullità degli avvisi di accertamento per difetto di motivazione già rilevata dal giudice di primo grado.

Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha osservato che l’avviso di accertamento era fondato sulle movimentazioni finanziarie rilevate dai dati presenti nell’Anagrafe tributaria, dalla documentazione esibita dalla contribuente stessa nel corso del contraddittorio con l’Ufficio e dalla comunicazione della banca Cassa rurale che confermava i dati forniti dalla contribuente. Da tali elementi ha tratto la convinzione che i dati probatori posti a fondamento degli avvisi di accertamento erano ben noti alla contribuente, ivi compresi i dati trasmessi dall’istituto di credito. In proposito deve ribadirsi che l’onere di allegazione previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, non ha natura assoluta ma deve essere circoscritto ai soli documenti non conosciuti dal contribuente e non trasfusi, anche per riassunto, nello stesso avviso di accertamento.

5. Quinto motivo: “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”: la sentenza non ha affrontato i problemi di merito posti in causa e si è adagiata sulle prospettazioni dell’Ufficio circa l’esistenza di un reddito tassabile, il tutto senza alcuna motivazione.

Il motivo è inammissibile poichè sviluppa censure generiche e di merito non ammesse nel giudizio di legittimità.

PQM

 

Rigetta ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro cinquemila oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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