Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16092 del 26/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 16092 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 1706-2008 proposto da:
TOTARO PATRIZIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
CORSO TRIESTE 56-A, presso lo studio dell’avvocato
PENNA CARLO, rappresentata e difesa dall’avvocato
MARZIALE GIUSEPPE, giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
802

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

Data pubblicazione: 26/06/2013

rappresentato e difeso dagli avvocatiCORRERA FABRIZIO,
CORETTI ANTONIETTA, CALIULO LUIGI, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 6/2007 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/03/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato MARZIALE GIUSEPPE;
udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO per delega CORETTI
ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

SALERNO, depositata il 09/01/2007 r.g.n. 1565/05;

R. G. n. 1706/08
Ud. 5.3.2013
Totaro c. INPS

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 9.1.07 la Corte d’appello di Salerno, in parziale
riforma della pronuncia emessa in prime cure dal Tribunale della stessa sede,

riconosceva all’avv. Patrizia Totaro solo il diritto ad usufruire, in relazione alla sua
dipendente Angela Vezzo, dell’agevolazione contributiva di cui all’art. 8 co. 90
legge n. 407/90 e non anche quello allo sgravio contributivo di cui all’art. 44 legge
n. 448/01, da ritenersi limitato ai soli datori di lavoro imprenditori (operanti nelle
regioni Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna).
Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’avv. Totaro affidandosi a due motivi,
poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.
L’INPS resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo si lamenta violazione ed errata applicazione dell’art. 44
legge n. 448/01, degli artt. 12 e 14 disp. prel. al c.c., nonché vizio di motivazione,
nella parte in cui l’impugnata sentenza ha ritenuto, malgrado il tenore letterale della
norma, la sua collocazione e la stessa originaria interpretazione contenuta nella
circolare INPS n. 24 del 23.1.02, che lo sgravio contributivo previsto dall’art. 44
legge n. 448/01 per i nuovi assunti nelle regioni Campania, Basilicata, Puglia,
Calabria Sicilia e Sardegna sia da ritenersi limitato ai soli nuovi assunti alle
dipendenze di imprenditori e non anche di qualsiasi altro datore di lavoro (come,
appunto, un libero professionista).
Con il secondo motivo si denuncia violazione ed errata applicazione degli artt.
2082, 2083 e 2238 c.c., nonché vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale
escluso la qualifica di imprenditore all’avvocato che — come l’odierna ricorrente —
svolga la propria attività professionale con organizzazione produttiva e apporto di
personale dipendente.

2- Il primo motivo è infondato alla stregua di un’interpretazione letterale,
teleologica e conforme al diritto comunitario.

1

2

R.G. n. 1706/08
Ud 5.3.2013
Totaro c. INPS

L’art. 44 co. 10 legge n. 448/01 costituisce una proroga del precedente art. 3 co. 5°
legge n. 448/98, atteso che contenutisticamente le due disposizioni sono
sostanzialmente coincidenti, con un’unica differenza nella rubrica (l’art. 3 cit. parla

di “Incentivi alle imprese”, mentre l’art. 44 di “Sgravi per i nuovi assunti”).
Per il resto, entrambe le norme concedono incentivi ai datori di lavoro sotto forma
di sgravi contributivi.
La continuità normativa fra le due disposizioni è resa evidente dall’ultimo periodo
del cit. co . 10 dell’art. 44 legge n. 448/01, ove si stabilisce che “Ai «fini della

concessione delle predette agevolazioni, si applicano le condizioni stabilite
all’articolo 3, comma 6, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, aggiornando al 31
dicembre 2001 le date di cui alla lettera a) del medesimo comma 6 dell’articolo 3”.
E il co. 6° dell’art. 3 è esplicito nel riferirsi alle imprese e a disposizioni
normative soltanto ad esse applicabili.
Dunque, atteso che la disposizione inizialmente formulata (l’art. 3 cit.) è
esplicitamente indirizzata alle imprese e che quella successiva (l’art. 44 cit.)
espressamente richiama proprio il co. 6° dell’art. 3, riferito solo alle imprese (e non
ad altri tipi di datori di lavoro), è indubbio che da un punto di vista letterale anche
l’art. 44 debba applicarsi soltanto ad imprenditori e ad enti pubblici economici.
Si noti che il rinvio alle imprese (di cui si parla nel co. 6° del cit. art. 3) è
esplicitamente posto in chiave alle agevolazioni enunciate nella prima parte del
comma 1° del cit. art. 44.
Inoltre, se è vero che taluni testi normativi, pur riferendosi ad imprese e ad
aziende, nondimeno sono stati considerati suscettibili di estensione analogica anche
ai datori di lavoro non imprenditori, è altrettanto indiscutibile che tale operazione
ermenutica non è consentita riguardo alle disposizioni in esame.
Non lo è ai sensi dell’art. 12 cpv. disp. prel. c.c. (pur invocato in ricorso), che
ammette il ricorso all’estensione analogica solo in caso di mancanza di una
disposizione ad hoc, mentre nel caso di specie le disposizioni sull’ordinario
pagamento dei contributi esistono, sicché non vi sono lacune normative.

2

3

R. G. n. 1706/08
Ud. 5.3.2013
Totaro c. INPS

Non lo è ai sensi dell’art. 14 disp. prel. c.c., che esclude l’applicazione analogica
di una norma eccezionale (e tale è una norma che esonera solo talune imprese e a
determinate condizioni dal generale obbligo contributivo gravante su tutte le altre).

Non lo è nemmeno alla luce del diritto comunitario, nello specifico evocato tanto
dall’art. 3 cit. quanto dall’art. 44 cit., che subordinano l’efficacia del
riconoscimento degli sgravi all’autorizzazione e ai vincoli della Commissione
europea ai sensi degli artt. 87 e ss. del Trattato e successive modificazioni.
E, si noti, la Commissione europea, con provvedimento n. SG (99) D/6511 del
10.8.1999, ha sì ritenuto che l’aiuto di Stato di cui al summenzionato art. 3, commi
5° e 6°, sia conforme alla politica comunitaria in materia di occupazione, ma ciò ha
affermato sull’espresso presupposto, comunicato dal Governo italiano, che tali aiuti
riguardavano le imprese.
In proposito va rammentato che il diritto comunitario vede con sfavore gli aiuti di
Stato alle imprese (nel cui novero rientrano anche le politiche di sgravi contributivi)
perché alterano la concorrenza, sicché essi possono impiegarsi in ambito nazionale
solo come extrema ratio e nel rispetto delle predette regole comunitarie.
Pertanto, sarebbe un’interpretazione contraria (non solo al diritto nazionale, ma
anche) al diritto comunitario quella che estendesse gli sgravi in discorso anche ai
datori di lavoro non imprenditori.
La conclusione è confermata dall’approccio storico-teleologico, considerato che
entrambe le norme (i citati artt. 3 legge n. 448/98 e 44 legge n. 448/01) sono
finalizzate a promuovere l’occupazione nel Mezzogiorno, vale a dire in una realtà
territoriale carente nel settore dell’imprenditoria per numero e dimensioni delle
imprese ivi operanti rispetto a quelle attive in altre regioni italiane, mentre non v’è
ragione alcuna per supporre che la ratio dell’art. 44 cit. fosse quella di incentivare —
sempre e soltanto nel Mezzogiorno – assunzioni di lavoro domestico o presso studi
professionali od organizzazioni di tendenza prive di scopo di lucro (cioè assunzioni
alle dipendenze di datori di lavoro non imprenditori).

2- Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

3

4

R. G. n. 1706/08
Ud. 5.3.2013
Totaro c. INPS

Il concetto di imprenditore accolto nell’ordinamento italiano (v. art. 2082 c.c.)
tradizionalmente esclude il libero professionista (nella specie, l’esercente la
professione forense), in particolare per l’assenza, nell’attività da lui svolta, della

necessaria componente organizzativa di un apparato produttivo stabile e complesso,
formato da beni strumentali (macchinari, locali, materie prime, merci) e lavoratori.
È pur vero che uno studio di avvocato ben può presentare, in concreto, una siffatta
organizzazione: tuttavia, il fatto stesso che essa possa mancare esclude che il
concetto di imprenditore possa estendersi tout court anche al libero professionista.
Sebbene in dottrina si sia proposto di adottare, almeno ai fini dell’applicazione
delle norme a difesa della concorrenza (ambito diverso da quello in cui si muove il
contenzioso in oggetto), una nozione di imprenditore più ampia di quella enunciata
dall’art. 2082 c.c., comprendendovi qualunque entità — persona fisica o giuridica —
esercente un’attività economicamente rilevante, industriale o commerciale o di
prestazione di servizi, compreso lo sfruttamento di un’opera dell’ingegno, la
giurisprudenza di questa Corte Suprema si è invece pronunciata nel senso di negare
qualità imprenditoriale al libero professionista, anche ai fini dell’applicazione delle
norme poste a tutela della concorrenza (cfr., da ultimo, Cass. 13.1.05 n. 560).
In tale occasione la giurisprudenza ha altresì valorizzato l’intento legislativo,
desumibile sia dal c.c. sia da altre disposizioni normative, di differenziare le due
figure (al punto che, proprio riguardo alla professione di avvocato, il regime delle
incompatibilità di cui all’art. 3 co. 1° r.d.l. n. 1578/1933 comprende, fra l’altro, il
divieto dell’esercizio del commercio in nome proprio o altrui, divieto privo di
significato se lo studio professionale fosse assimilabile ad un’azienda
commerciale).
Né nel caso in esame è stata allegata l’ipotesi (pur esaminata da questa Corte
Suprema con giurisprudenza costante: cfr., da ultimo, Cass. 22.12.2011 n. 28312) in
cui il professionista intellettuale rivesta la qualità di imprenditore commerciale per
il fatto di esercitare la professione nell’ambito di un’attività organizzata in forma
d’impresa.
A tal fine deve trattarsi di una distinta e assorbente attività che si differenzia da
quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato organizzativo – il
4

5

R.G. n. 1706/08
Ud. 5.3.2013
Totaro c. INPS

quale cessa di essere meramente strumentale – e per il differente apporto del
professionista, non più circoscritto alle prestazioni d’opera intellettuale, ma
involgente una prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di

controllo dei fattori produttivi, che si affianca all’attività tecnica ai fini della
produzione del servizio.
In tale evenienza l’attività professionale rappresenta una componente non
predominante, per quanto indispensabile, del processo operativo, il che giustifica la
qualificazione come imprenditore.
Ma — come s’è detto — non è questo il caso.
Dunque, la nozione di imprenditore propria del nostro ordinamento non può
valere come supporto della domanda dell’odierna ricorrente.
La giurisprudenza della C.G.U.E. è più ampia — rispetto a quella nazionale – in
tema di individuazione del concetto di imprenditore (che non si rinviene nel
Trattato» essa intende come imprenditore qualsiasi soggetto che,
indipendentemente dallo stato giuridico e dalle modalità di finanziamento, eserciti
un’attività economica (cfr. C.G.U.E. 1 0 .7.08, causa C-49/07) e definisce attività
economica qualunque attività consistente nell’offrire beni o servizi su un
determinato mercato (cfr. C.G.U.E. 10.1.06, causa C-222/04), a prescindere dallo
scopo di lucro eventualmente perseguito (cfr. C.G.U.E. 29.11.07, causa C-119/06).
Ma si tratta di nozione utile in tema di applicazione di norme comunitarie, mentre
nel caso di specie si verte su una materia — quella degli sgravi contributivi — che,
anzi, costituisce deroga al principio comunitario contrario agli aiuti di Stato (come
innanzi detto).

3- Infine, quanto ai dedotti vizi di motivazione, essi si collocano all’esterno
dell’area dell’art. 360 co. 1° n. 5 c.p.c., in quanto il vizio di motivazione spendibile
mediante ricorso per cassazione concerne solo la motivazione in fatto, giacché
quella in diritto può sempre essere corretta o meglio esplicitata, sia in appello che in
cassazione (v. art. 384 ult. co . c.p.c.), senza che la sentenza impugnata ne debba in
alcun modo soffrire.

5

6

R.G. n. 1706/08
Ud 5.3.2013
Totaro c. INPS

Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione adottata
sia corretta ancorché malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta
erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben
pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge
o falsa od erronea sua applicazione.
4- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
La problematicità della materia del contendere e l’originaria interpretazione
contenuta nella circolare INPS n. 24 del 23.1.02 (che, pur se irrilevante nel caso di
specie non costituendo fonte del diritto, nondimeno può aver indotto in errore la
ricorrente) consigliano di compensare per intero fra le parti le spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.

La Corte
rigetta il ricorso e compensa fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 5.3.2013.

costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA